Clean Master: utile o inutile?

Gli ottimizzatori per la memoria RAM come Clean Master sono davvero utili su Android o addirittura controproducenti? Per dare una risposta basta sapere come funziona il sistema operativo di Google.

Durante i nostri viaggi in treno, in questi giorni ci è più volte capitato di imbatterci in diversi utenti, possessori di un dispositivo Android che – nel tentativo di liberare memoria RAM – facevano affidamento ad applicazioni come Clean Master.

App come Clean Master sono davvero utili su Android o sono inutili e addirittura controproducenti? Ecco il nostro punto di vista con una breve analisi tecnica per motivare il nostro giudizio.

Clean Master e app simili: servono davvero?

Clean Master è una delle app Android ancor oggi più scaricate e installate, con qualcosa come 700 milioni di download all’attivo.


Un successo indiscutibile, senza dubbio, che però purtroppo cozza con la reale utilità dell’applicazione.

Le app che si dichiarano in grado di ottimizzare la memoria RAM su Android tempo fa erano sicuramente utili ma nel corso degli anni il sistema operativo di Google si è evoluto e la loro efficacia è adesso pressoché nulla.

In ambiente Windows (e anche qui le cose sono molto cambiate nel tempo…) quando la memoria RAM è quasi interamente occupata con i dati necessari per garantire il funzionamento dei componenti del sistema operativo e dei programmi in esecuzione, viene fatto uso della memoria virtuale (file di paging). Windows, cioè, si appoggia temporaneamente al disco fisso o all’unità SSD (che hanno prestazioni estremamente inferiori rispetto alla RAM sia in termini di velocità di accesso che di throughput).

Questo schema non è valido nel caso di Android.

Il robottino verde utilizza il suo proprio gestore della memoria RAM che ne assegna di volta in volta l’utilizzo a sistema operativo e app, ottimizzando il meccanismo nel migliore dei modi.
In un dispositivo mobile, la velocità con cui le informazioni richieste vengono mostrate all’utente è un aspetto cruciale; così, tenere le app in RAM è sicuramente un aspetto positivo.

Android è anche in grado di tenere sotto controllo le app in esecuzione in background in modo tale che quelle non indispensabili non continuino a occupare RAM.

Come abbiamo spiegato nell’articolo Quanta RAM deve avere uno smartphone?, Android utilizza l’apposito driver LMK (Low Memory Killer) che si occupa di decidere quali processi devono essere rimossi dalla RAM per liberare spazio prezioso.

LMK provvede ad assegnare una valutazione a ogni processo – un vero e proprio punteggio – che mette in evidenza quanto un oggetto caricato in RAM sia o meno essenziale (vedere il paragrafo Dietro le quinte: la gestione della RAM in Android dell’articolo citato in precedenza).

Android sa quindi benissimo quali app possono essere chiuse e quali processi in esecuzione in background possono essere rimossi dalla RAM.

I vari app killer e le applicazioni per l’ottimizzazione della RAM sono quindi soltanto “fumo negli occhi”, Clean Master compreso.
Semmai, continuare a utilizzarle nel 2017 e negli anni a venire con l’illusione di velocizzare il caricamento delle app e il funzionamento di Android è addirittura controproducente.

Il task killer, una volta in esecuzione, eliminerà dalla memoria anche risorse che sono considerate utili per velocizzare app e sistema con il risultato che LMK sarà successivamente costretto a ricaricare dalla memoria flash gli stessi componenti (con un ulteriore dispendioso lavoro in ottica prestazionale).
La scorretta gestione del contenuto della RAM da parte dell’app task killer provocherà quindi una riduzione delle performance e farà decrescere l’autonomia della batteria (in forza dell’attività necessaria per ricaricare i vari componenti in memoria).

Non si pensi quindi che una RAM occupata, su Android, sia sinonimo di un problema: i problemi possono presentarsi quando si tengono contemporaneamente in esecuzione molteplici app e tanti servizi sono in esecuzione in background, soprattutto se la memoria disponibile fosse inferiore a 2 GB (oggi requisito da ritenere minimo quando si acquista uno smartphone Android).

Anche la cache delle app Android non dovrebbe essere ripulita (se non in rari casi). La cache, infatti, è anch’essa utilissima per velocizzare il caricamento delle app: in sua assenza la cache dovrebbe essere rigenerata introducendo un’ulteriore ritardo all’avvio di ciascuna applicazione Android.

Piuttosto, è bene assicurarsi di avere sempre spazio a sufficienza nella memoria interna del dispositivo Android: anziché concentrarsi in inutili pulizie di RAM e cache, quindi, è bene gestire al meglio lo spazio che si ha a disposizione come storage interno.
Oltre quindi a evitare l’installazione di app inutili, quindi, si dovrà verificare attentamente dove esse memorizzano i loro file (richiedendone eventualmente il salvataggio in una scheda micro SD di appoggio, inserita nell’apposito slot, ove presente).

Nell’articolo Spazio di archiviazione esaurito su Android, come risolvere abbiamo presentato alcune strategie per recuperare spazio nella memoria interna e gestirlo al meglio.

Nel caso di Clean Master, oltre alle ragioni sin qui illustrate, ci sono altre peculiarità che depongono a suo sfavore: l’app, ad esempio, è davvero troppo farcita di messaggi pubblicitari che spesso hanno come risultato quello di impattare negativamente sul normale funzionamento dello smartphone. Vengono poi segnalate problematiche che spesso non esistono per indurre l’utente a installare la suite CM Security.

Clean Master e compagnia hanno solamente un effetto placebo: si ritiene di poter ottenere un miglioramento misurabile quando, in realtà, il risultato è pari a zero se non controproducente, come più volte evidenziato.

In conclusione Cleaner Master e app simili non gestiscono e non possono gestire la RAM meglio di Android. D’altra parte, come si può ritenere che un’app che nella maggior parte dei casi funziona senza nemmeno i privilegi di root (e vivaddio!…) possa agire a basso livello meglio del driver LMK sviluppato dagli ingegneri di Google?

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