I nomi di dominio Internet e le procedure di riassegnazione

Il nome di dominio altro non è, a ben guardare, che l'indirizzo, espresso in lettere anziché in cifre numeriche, di un determinato sito internet.

Il nome di dominio altro non è, a ben guardare, che l’indirizzo, espresso in lettere anziché in cifre numeriche, di un determinato sito internet. Ogni computer connesso alla grande rete è infatti “identificato” da un numero, composto da 4 serie di cifre (ad es. 192.168.0.1), che è poi il famoso indirizzo IP assegnato ad ogni macchina. Ad ogni indirizzo IP corrisponde un nome in lettere, dal momento che per gli utenti la dicitura “www.microsoft.com”, ad esempio, è indubbiamente molto più facile da ricordare e digitare di una cosa come “194.140.103.10”. Il compito di “risolvere” i nomi di dominio, cioè di controllare a quale numero di indirizzo IP corrisponde il nome richiesto dall’utente, spetta ai DNS (acronimo di domain name server, come abbiamo avuto modo di vedere in altri nostri articoli. Vedere, a tal proposito, la lista degli articoli correlati).
In altri termini, quando un utente vuole collegarsi, ad esempio, al sito www.ilsoftware.it, il suo browser prima di tutto interroga un server DNS, il quale gli dice quale è l’indirizzo IP corrispondente, al quale poi si collega. Dentro ai DNS, insomma, c’è un lunghissimo, veramente sterminato elenco, simile ad una “partita doppia” che riporta da una parte i nomi di dominio e dall’altra gli indirizzi corrispondenti di ciascuno.
Ogni DNS server deve attenersi agli enti di gestione dei nomi di dominio, che esistono in ogni paese. Per gli Stati Uniti, c’è il noto Internic, che gestisce tutti i nomi che finiscono per “.com”, “.org”, “.net”, “.mil”. In Italia, c’è il Garr – Nis, che è una emanazione del Centro Nazionale delle Ricerche. Il suo indirizzo Internet è www.nic.it ed esso gestisce, solo ed esclusivamente, i nomi di dominio che terminano con “.it”.

Il nome di dominio ha, per tutti coloro che utilizzano Internet in modo avanzato, senza limitarsi a gestire una casella di posta elettronica, ma con un proprio sito web, un’importanza fondamentale. Esso, nel cyberspazio, ha la stessa importanza che ha l’indirizzo di casa o lavoro nella vita reale.
E’ fondamentale, infatti, conoscere il nome di un determinato sito per potervi accedere. Spesso, poi, il nome di un certo server coincide con quello di un, più o meno noto, prodotto o servizio o con il nome di una certa società. Da questo punto di vista, il nome di dominio assume le caratteristiche del marchio, dell’insegna, della ditta, insomma tende ad assommare in sé le caratteristiche dei “segni distintivi” non solo delle imprese ma anche delle organizzazioni senza scopo di lucro che operano sulla rete.
Anzi, per la sua forte caratterizzazione e identificazione con le attività che tramite di esso vengono svolte sulla rete, il nome di dominio diventa quasi parte dell’identità dell’ente, singolo o collettivo, che lo utilizza.
Per questi motivi si è, purtroppo, in assenza di regole molto precise in materia diffusa la pratica del “domain grabbing”: come dice la parola, la tendenza da parte di alcuni di accaparrarsi nomi di dominio che altri potrebbero avere interesse o addirittura diritto ad utilizzare, per poi rivenderli od affittarli. Un sito internet molto significativo al riguardo, dove sono in vendita o in affitto nomi di dominio, si trova all’indirizzo www.napule.it. I nomi sono catalogati e ordinati per prezzo di vendita o di concessione…
Ovviamente il consiglio migliore al giorno d’oggi è quello di registrare, quando possibile, il nome della propria società o associazione o studio, perché in caso di preventiva registrazione da parte di un altro soggetto potrebbe rivelarsi difficoltoso riottenere il nome.

Dispute sui nomi e riassegnazione

In Italia, in caso di contestazione sull’assegnazione di un nome di dominio, si applicano le regole di naming definite dalla Naming Authority dell’Istituto per le Applicazioni telematiche del CNR e in particolare l’art. 14 delle stesse (www.nic.it). Secondo tale disposizione, chi intende contestare un nome che è già stato assegnato ad un altro soggetto, ritenendo di aver diritto all’uso esclusivo dello stesso, deve innanzitutto inviare una raccomandata a ricevuta di ritorno alla Registration Authoriy, l’ente che si occupa della gestione operativa dell’assegnazione dei nomi. A seguito di ricevimento della raccomandata, la R.A. pone un “flag”, nel database dei nomi, sul nome oggetto di contestazione: questo serve per acquisire la priorità su eventuali, successive ed ulteriori richieste di assegnazione del nome. Inoltre la R.A. deve mandare all’autore della raccomandata copia di tutta la documentazione a suo tempo inviata da chi ha registrato il nome di dominio. Tale documentazione consiste, in particolare, in una istanza, nella quale chi richiede l’assegnazione di un nome deve assumersi la responsabilità di dichiarare di non essere a conoscenza di motivi che ostano alla stessa e, se crede, sottoscrive una clausola arbitrale.
Questo è un punto fondamentale: se la clausola arbitrale è stata sottoscritta, allora il contestatore se ne può avvalere e può promuovere una procedura arbitrale per la risoluzione della vertenza, cioè un procedimento molto più snello e veloce (le statistiche dimostrano una durata media di circa un mese), presso la stessa Registration Authority. In caso contrario, se il titolare del nome non desiste, non rimane che al contestatore altra scelta che quella di ricorrere all’autorità giudiziaria, richiedendo, se del caso, un provvedimento d’urgenza.

Anche per l’Italia sono, come noto, entrate in vigore le MAP o procedure di riassegnazione dei nomi di dominio. Si tratta di procedimenti, di tipo amministrativo, che possono consentire a chi è stato ingiustamente privato di un nome di dominio che ha invece diritto di utilizzare, perché, ad esempio, corrisponde ad un marchio da lui registrato o al proprio nome, di riottenerne la disponibilità in poco tempo e senza dover affrontare una causa civile. Le prime procedure sono state già promosse e regolarmente decise ed è interessante esaminare, appunto, i primi casi, per vedere come funzionano, concretamente, le nuove MAP. Vediamo quindi di seguito alcuni esempi, precisando che i testi integrali delle decisioni possono essere rinvenuti presso il sito www.e-solv.it dell’ente conduttore.

A) PERGAMAR contro WINTRADE. Si tratta, probabilmente, della prima procedura in assoluto promossa e decisa nel nostro paese. E’ stata giudicata dal Prof. Tullio costituito in “collegio unipersonale”. Il caso era abbastanza semplice. Il nome di dominio pergamar.it era stato registrato da una società, Wintrade, che lo aveva, poi, per oltre 7 mesi lasciato “in costruzione”. La denominazione Pergamar, inoltre, corrispondeva ad un marchio registrato sin dal 1994 dalla società Pergamar, che, infine, aveva ragione sociale corrispondente. Il Giudice ha accolto la procedura e riassegnato il nome di dominio alla ricorrente. La mala fede di Wintrade nell’avvenuta registrazione del nome è stata ritenuta evidente anche per il fatto che questa società opera nello stesso ambito regionale di Pergamar e addirittura le sedi delle due società distano poche decine di chilometri… Inoltre, Wintrade non si è nemmeno difesa nella procedura, rimanendo inerte di fronte all’avvenuta promozione della stessa e non facendo sostanzialmente niente. In questo primo caso, dunque, le MAP sono state applicate, ed hanno dato buona prova, contro un evidente classico esempio di domain grabbing.

B) ASSOCOND contro ASSCOND. Questo secondo caso è, invece, diverso e molto più particolare. Assocond, un’associazione di condomini attiva su tutto il territorio nazionale, titolare del dominio www.assocont.it, ha promosso la procedura contro la AssCond di tale Sandro Bragalone, per ottenere il rilascio del corrispondente dominio asscond.it, sostenendone la confondibilità con il proprio. La domanda è stata però rigettata. Il giudicante, Avv. Trotta, ha considerato come innanzitutto le due associazioni svolgessero attività diverse: la prima a tutela dei condomini in quanto consumatori, la seconda degli amministratori di condominio nella speciale forma del franchising. E’ stato poi considerato come entrambi i nomi di dominio coinvolti, assocond e asscond, siano integrati da termini che formano la combinazione di parole del linguaggio corrente, come “associazione”, “assistenza” e “condominio”, con la conseguenza che le stesse difficilmente possono ritenersi di uso esclusivo di un determinato soggetto. E’ proprio la prova della mala fede da parte del resistente AssCond che è mancata nel caso in questione. Il sito AssCond, infatti, a differenza che nel caso precedente, era correntemente utilizzato, si differenziava anche graficamente, non solo per i contenuti, dal sito della ricorrente assocond e non c’era niente che potesse far presumere una volontà del titolare di AssCond di indurre in confusione gli utenti di Assocond e “attrarli” sul proprio sito. Con questo secondo caso affrontato le MAP si sono opportunamente confermate come uno strumento che difficilmente può essere utilizzato da chi in effetti non ha diritti al rilascio di un nome di dominio.

C) BENISTABILI contro PUBLIFAX. Benistabili è una società per azioni con sede in Roma avente per oggetto un’attività in campo immobiliare. Ha promosso il ricorso contro Publifax per ottenere il rilascio del dominio benistabili.it. La procedura, decisa dal Prof. Antonini, ha riconosciuto il diritto della ricorrente. Il Giudicante, infatti, dopo aver visto che il dominio corrispondeva alla ragione sociale (denominazione) della ricorrente e ad un suo segno distintivo, con conseguente diritto di utilizzarlo, ha riconosciuto sussistente la mala fede di Publifax considerando diverse circostanze. Innanzitutto, così come nel primo caso suesposto, il dominio “benistabili.it” è stato mantenuto inattivo, “in costruzione”, sin da subito dopo la sua registrazione. Inoltre, la Publifax, da un controllo effettuato nel database whois, è risultata essere titolare di una settantina di nomi di dominio, alcuni dei quali addirittura corrispondenti a nomi di personaggi dello spettacoli (renatozero.it, pierochiarbretti.it, etc.). Infine, sembra che la Publifax avesse chiesto, prima della procedura, la somma di £20.000.000 a Benistabili per il rilascio del dominio. Tutte queste circostanze hanno indotto il Giudicante a ritenere di trovarsi di fronte ad un caso di domain grabbing e a disporre il rilascio del nome di dominio.

In conclusione, sembra che le prime procedure abbiano dato, nel complesso, buona prova, dandosi luogo al contrasto del fenomeno del domain grabbing ma senza cadere nell’eccesso opposto. I “saggi” incaricati della decisione sono molto attenti a considerare la realtà effettiva delle cose, anche dal punto di vista strettamente tecnico, soffermandosi ad esempio su aspetti quali i contenuti del sito, gli aspetti grafici, la presenza di meta tags che potrebbero essere stati inseriti per ingannare i motori di ricerca e così via. Si vedrà prossimamente se lo strumento incontrerà il favore delle aziende e, più in generale, di tutti coloro che ritengono di aver subito un torto per l’avvenuto accaparramento di un nome di dominio internet da parte di un altro soggetto.

Tiziano Solignani, esperto di diritto in Rete è raggiungibile all’indirizzo www.solignani.it

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