L'OCSE contro le società IT che pagano poche tasse

L'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) ha intenzione di stringere le maglie attorno a quelle società che sono impegnate, nelle rispettive attività, a livello internazionale ma che usano stratagemmi per versa...

L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) ha intenzione di stringere le maglie attorno a quelle società che sono impegnate, nelle rispettive attività, a livello internazionale ma che usano stratagemmi per versare meno tasse.
Aziende del calibro di Apple, Google, Facebook, Amazon (l’elenco potrebbe essere però molto più lungo), fissano le rispettive sedi amministrative negli stati ove la tassazione è più conveniente. Nulla di illegale, sia chiaro, quanto piuttosto un modus operandi che sta divenendo sempre più inviso ai governi di mezzo mondo.

La Guardia di Finanza aveva recentemente avviato un’indagine nei confronti della filiale italiana di Facebook (La Guardia di Finanza controlla anche Facebook Italia) mentre analoghe iniziative sono state proposse in altri Paesi.
Il senato degli Stati Uniti ha esplicitamente accusato Apple di eludere le tasse su decine di miliardi di dollari; il parlamento inglese ha richiamato Google ed Amazon (Tasse: il Parlamento inglese richiama Google ed Amazon) mentre poco prima era toccato a Facebook (Gli inglesi e Facebook: il social network paghi le tasse).

In Europa – lo avrete certamente notato – la sede di molte aziende del mondo IT è stata fissata in Irlanda. Il motivo è molto semplice: il Paese di Dublino offre alle imprese una tassazione più che agevolata, pari al 12,5%.

L’OCSE vuole “cambiare registro” ed i suoi Paesi membri sembrano determinati a presentare un “piano d’azione” che sarà impiegato per “allineare il luogo in cui viene maturato l’introito con l’attività economica che ha generato tale incasso”.
La bozza di proposta sarà presentata in occasione del prossimo G20 di luglio.

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