Scegliere monitor e schermi: alcune informazioni da tenere a mente

Cerchiamo di "sfatare" alcuni "miti" che possono condizionare, in negativo, nella scelta di un monitor o di uno schermo.

Cerchiamo di “sfatare” alcuni “miti” che possono condizionare, in negativo, nella scelta di un monitor o di uno schermo. Le caratteristiche sulle quali desideriamo concentrarci sono essenzialmente quattro; parametri che spesso vengono considerati molto importanti nell’acquisto.

Rapporto di contrasto

Il rapporto di contrasto è una delle caratteristiche sulla quale viene posta una grande enfasi. Si tratta di un valore che esprime il rapporto tra le luminosità di un’immagine bianca rispetto ad una nera. Il dato, sempre riportato in candele al metro quadro (cd/m2), evidenzia quanto il bianco è più luminoso del nero.
I monitor con un elevato rapporto di contrasto, tendono ad avere bianchi più luminosi e neri più scuri.

Quando si legge il valore del rapporto di contrasto, però, non bisogna cadere in un comunissimo tranello. Il valore può essere inteso come “statico” o “dinamico”.
Nel primo caso, il dato è certamente più rappresentativo perché fornisce una valida indicazione sulla qualità dello schermo che si ha davanti; il valore del contrasto dinamico, invece, scaturisce da una serie di ottimizzazioni a livello elettronico che non garantiscono un’ottima resa delle immagini.

È bene quindi porre molta attenzione ai numeri in gioco perché è abitudine di alcuni produttori sbandierare rapporti di qualche milione di unità ad 1. In questi casi si tratta, con ogni probabilità, di contrasto dinamico.
Sarebbe quindi opportuno spulciare le caratteristiche tecniche del monitor alla ricerca del valore di contrasto dinamico tenendo presente che l’occhio umano, al di sopra del valore 1.000:1 non nota alcuna differenza per le immagini in movimento.

Va ricordato, infine, che le stesse luci presenti nella stanza alterano ampiamente il rapporto di contrasto percepito.

Il rapporto di contrasto è quindi più che altro un buon grimaldello a livello di marketing per i vari produttori che andrà via a via a sparire con la diffusione dei nuovi schermi e TV OLED. In questi casi, infatti, nel caso in cui si debbano rendere immagini scure, i pixel corrispondenti al nero risulterebbero effettivamente spenti dando lungo a rapporti di contrasto teoricamente infiniti.

Utilizzata per ora quasi esclusivamente nei televisori, la tecnologia OLED non necessita di retroilluminazione.
Gli schermi OLED sono infatti costituiti da materiali elettroluminescenti la cui struttura è costituita essenzialmente da carbonio (elementi organici). Effettuando dei “drogaggi” (aggiunta di atomi non facenti parte del semiconduttore originale) è possibile modificare il comportamento del materiale variando il “colore” della luce emessa (da bianca in rossa, verde e blu).
Combinando tre display di piccolissime dimensioni, si può fare in modo che l’occhio umano percepisca qualunque colore (rosso, verde e blu sono colori primari). La tecnologia OLED permette la realizzazione di schermi sottilissimi che potranno essere addirittura piegati od arrotolati su se stessi. Minore anche la quantità di energia richiesta per il loro funzionamento.

Dimensioni dello schermo

Un aspetto da non sottovalutare sono le dimensioni dello schermo. Uno schermo grande alletta molto anche se c’è un’importante considerazione da fare: la maggior parte dei monitor acquistati dalla stragrande maggioranza degli utenti supporta una risoluzione di 1.920×1.080 pixel (ci si riferisce a tale risoluzione col termine 1080p, prendendo in considerazione le 1080 linee in verticale oppure con FullHD).
Con schermi di dimensioni superiori a 27 pollici, si noterà un’immagine sgranata in forza dell’indisponibilità di un sufficiente numero di pixel per riprodurre l’immagine stessa in modo uniforme. Il problema, ovviamente, si nota ancor più quando ci si posiziona vicino alla schermo e, nel caso dei televisori, quando il segnale non è HD ma trasmesso con definizione standard.

Qualora si volesse scegliere, ad esempio, un “impegnativo” monitor da 30 pollici, bisognerà assicurarsi che esso supporti almeno una risoluzione di 2.048×1.152 pixel.
Oggi sta consolidandosi l’offerta di monitor QHD con risoluzione 2.560×1.440 pixel (chiamati anche “2K HD”).
Il passo successivo è il 4K UHD o “UltraHD” che permette di raggiungere una risoluzione pari a 3.840×2.160 pixel.

Nel caso dell'”ultradefinizione” 4K, l’orizzontale rimane costante mentre il numero di pixel in verticale varia sulla base del “rapporto d’aspetto” dell’immagine video. Sul web, almeno per adesso, YouTube è l’unico servizio che consente il caricamento di video con una risoluzione 4K (4.096×3.072 pixel con rapporto 4:3 e 4.096×2.304 pixel in 16:9). La risoluzione considerata standard, comunque, è quella fissata dal formato 4K UHD: 3.840×2.160 pixel, esattamente il doppio del 1080p HD sia in orizzontale che in verticale mentre in termini di area dello schermo, i pixel del 4K UHD sono pari a quattro volte quelli gestiti col 1080p HD.

Frequenza di aggiornamento

Nei moderni schermi LCD/LED la frequenza di aggiornamento non è un parametro poi così importante. Il refresh rate, com’è noto, è il valore che indica il numero di volte con cui viene aggiornata l’immagine sullo schermo. La differenza fra un valore di refresh alto ed uno più contenuto poteva essere percepibile, una volta, con i vecchi televisori CRT (a tubo catodico) mentre diventa irrilevante nel caso degli attuali monitor LCD/LED.
L’occhio umano riesce a realizzare che l’immagine non viene aggiornata in modo rapido se, ad esempio, un video venisse riprodotto ad un valore inferiore ai 25 frame al secondo.
Negli schermi LCD/LED, invece, la differenza tra un monitor che garantisce una frequenza di aggiornamento pari a 120 Hz ed uno da 60 Hz non è “umanamente” rilevabile.

Tempo di risposta

Tra le caratteristiche di un monitor c’è anche il tempo di risposta. Esso misura il ritardo con cui un segnale in ingresso viene elaborato e mostrato sullo schermo.
Nel caso di un monitor, quando si muove il mouse, il puntatore dello schermo replica i movimenti dell’utente con qualche istante di ritardo: questo valore di latenza è proprio il tempo di risposta.
Gli occhi, comunque, non riescono a rilevare tempi di risposta inferiori ai 10 millisecondi. Valori inferiori sono quindi pressoché inutili per un monitor.

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