La FIEG usa il pugno duro contro Google: "paghino"

Nei giorni scorsi Google France aveva tuonato contro il governo francese, reo di appoggiare l'approvazione di una legge definita da alcuni osservatori "ammazza-Web".
La FIEG usa il pugno duro contro Google:

Nei giorni scorsi Google France aveva tuonato contro il governo francese, reo di appoggiare l’approvazione di una legge definita da alcuni osservatori “ammazza-Web“. Voluta da molti editori francesi, la normativa obbligherebbe Google a versare “un obolo” per i vari contenuti indicizzati e ripubblicati, ad esempio, sul servizio Google News. La società di Mountain View, attraverso i suoi rappresentanti, ha da sempre ricordato il ruolo che svolge nella moderna società dell’informazione: il motore di ricerca, infatti, funge da una delle principali porte d’accesso verso i siti degli editori transalpini: grazie a Google – ed è questa, in sostanza, la posizione dell’azienda statunitense – gli editori hanno potuto fare business godendo di visibilità fornita a titolo completamente gratuito. Una buona presenza nelle SERP di Google assicura ottimi ritorni in termini di visite; la pubblicazione degli articoli su Google News funge da vetrina per i contenuti che appaiono sui magazine online. Eppure, gli editori francesi non ci stanno e adesso chiedono a gran voce il versamento di un corrispettivo a fronte dei contenuti ripresi da Google.
Dalla filiale francese di Google si è subito passati al contrattacco: se la proposta di legge dovesse passare, i siti degli editori d’Oltralpe saranno immediatamente rimossi dagli indici del motore di ricerca. Questa la reazione sferzante della società fondata dal duo Page-Brin (vedere il nostro articolo Google lancia una sorta di ultimatum agli editori francesi).

La novità è che dopo la Francia (e la Germania) anche in Italia si sta pensando di bussare alla porta di Google per batter cassa. Ad affilare le armi è la FIEG, Federazione Italiana Editori Giornali, che auspica “l’inserimento, nell’attuale quadro normativo (…), di una disciplina che definisca un sistema di diritti di proprietà intellettuale idoneo ad incoraggiare su Internet forme di cooperazione virtuosa tra i titolari di diritti sui contenuti editoriali e gli operatori dell’industria digitale (in primo luogo, i motori di ricerca)“.

Chiamati in causa, ancora una volta, sono i motori di ricerca e viene presentato come un “problema urgente” il “riconoscimento agli editori di uno specifico diritto d’autore connesso alle attività di indicizzazione effettuate dai motori di ricerca“.

Così, la FIEG insieme con le associazioni degli editori francesi e tedeschi, lancia un appello a governo e Parlamento affinché vengano attuate “tutte le misure necessarie alla creazione di una vera Società dell’Informazione, tra cui il riconoscimento di una adeguata remunerazione per lo sfruttamento delle opere editoriali e di una equa condivisione del valore nel mercato digitale“.

Sembra quindi che dall’Europa si voglia assumere un atteggiamento piuttosto severo nei confronti di Google e degli altri motori di ricerca in generale. Le critiche sollevate nei confronti dell’impianto proposto non sono poche: ogni editore conosce il grado di fidelizzazione dei suoi lettori ed ha in mano le statistiche che tracciano una precisa fotografia delle sorgenti di traffico. I motori di ricerca sono forieri di una fetta importantissima dell’audience: realtà come Google potrebbero decidere di eliminare i siti degli editori francesi, tedeschi e italiani dai loro indici senza che quest’operazione possa essere in alcun modo oggetto di contestazione. Nella sua veste di azienda privata, Google avrebbe la facoltà di rivedere la presenza dei siti degli editori tutelando i propri interessi. D’altra parte, contemporaneamente, simili operazioni non solo impatterebbero negativamente sulla visibilità di ciascun sito editoriale ma costituirebbero un grave danno per i lettori. Il motore di ricerca, da sempre, facilita l’indiviazione delle informazioni: usare il pugno duro contro Google significherebbe, in questo caso, mettere i paletti alla libera circolazione dell’informazione e, di conseguenza, ad avere un web più povero.
A chi gioverà produrre contenuti validi se quello stesso materiale sarà più difficoltoso se non quasi impossibile da raggiungere se non visitando direttamente ciascun sito web?

Oltreoceano anche quei contenuti che non sono visibili da tutti gli utenti ma solo da quei lettori che hanno attivato un abbonamento, sono spesso indicizzabili, tuttavia, dal motore di ricerca per una precisa scelta dell’editore. Si è capito che dare carta bianca al motore di ricerca per l’indicizzazione dei testi ha innegabili vantaggi in termini di visibilità e, di conseguenza, di audience.

In Europa, evidentemente, non si pensa allo stesso modo. La crisi economica è pesante, per tutti, e l’editoria sta attraversando un periodo certamente non semplice da superare. Scrive la FIEG: “le imprese editoriali italiane, francesi e tedesche subiscono fortemente la crisi economica, oltre che l’indebito sfruttamento del valore dei propri contenuti editoriali da parte degli operatori dell’industria digitale (i motori di ricerca, in primo luogo): tutto ciò determina un contesto di disequilibrio tale da compromettere il funzionamento efficiente del sistema Internet nel suo complesso“. È quell’espressione “indebito sfruttamento” che fa male perché, molto probabilmente, non si riconosce il valore del motore di ricerca quale strumento per promuovere le proprie attività, editoriali o meno.

A molti osservatori, le pretese avanzate nei confronti di Google appaiono fuori luogo, soprattutto perché il motore di ricerca mette a disposizione un semplice strumento per evitare che le pagine di un sito web siano indicizzate: si chiama robots.txt e va posto nella directory radice del sito. Specificando all’interno di tale file di testo User-agent: Googlebot e, alla riga successiva, Disallow: /, Google si dimenticherà completamente dell’intero sito web.

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