30 anni di JavaScript: il linguaggio che ha trasformato il Web

Il 4 dicembre 1995 Netscape e Sun presentarono JavaScript con l’obiettivo di rendere le pagine Web interattive e integrate con Java. Sotto la spinta di JavaScript il Web dinamico e oggi è onnipresente, dal browser al server, all’IoT e al cloud, supportato da un ecosistema vastissimo di framework e librerie.

Il 4 dicembre 1995, esattamente 30 anni fa, Netscape e Sun pubblicavano un comunicato che, letto oggi, sembra quasi innocente: l’annuncio di un nuovo linguaggio “open, cross-platform”, concepito per rendere le pagine Web interattive e per affiancare Java nella nascente rivoluzione Internet. Quel linguaggio, inizialmente chiamato LiveScript ma ribattezzato JavaScript per ragioni soprattutto di marketing, avrebbe finito per diventare uno dei pilastri centrali del computing moderno.

A distanza di tre decenni, quel documento è un pezzo di archeologia tecnica che racconta la nascita di una delle tecnologie più pervasive della storia dell’informatica. Ma, soprattutto, anticipa concetti che oggi consideriamo normali: Web dinamico, interfacce ricche lato client, applicazioni cross-platform distribuite via rete, integrazione client-server trasparente.

Il contesto storico: Netscape, Sun e la lotta per definire il futuro del Web

Il 1995 è un anno cruciale: Netscape Navigator domina il mercato dei browser, Sun sta lanciando Java come piattaforma universale del software distribuito, Microsoft sta per entrare aggressivamente nel settore con Internet Explorer e presenta Windows 95. La corsa non era solo sui browser, ma sul modello di programmazione del Web.

Netscape aveva bisogno di uno strumento che permettesse agli autori di migliorare le “fredde” e statiche pagine Web dell’epoca, aggiungendo dinamismo e interattività alle pagine HTML. L’idea era semplice, ma rivoluzionaria: dare al browser un linguaggio “leggero”, orientato agli oggetti e facile da integrare, pensato per manipolare contenuti, form, applet, componenti multimediali.

L’obiettivo dichiarato nel comunicato è esplicito: Java per creare oggetti, JavaScript per “incollarli” dentro le pagine Web. Si tratta di una visione che non si sarebbe mai realizzata fino in fondo, ma gettava le basi per un netto “cambio di passo”.

La promessa del 1995: JavaScript come linguaggio aperto, cross-platform, integrato con HTML e Java

L’annuncio enfatizzava quattro pilastri, ed è sorprendente quanto la visione di Netscape e Sun fosse già matura nel 1995:

  1. Network-centric computing: concetto avanzatissimo per l’epoca, anticipa il SaaS, il cloud e il Web come piattaforma applicativa.
  2. Integrazione con Java: JavaScript non doveva sostituire Java, ma orchestrarlo. In realtà sarà l’esatto contrario.
  3. Integrazione con HTML: la nascita del DOM (Document Object Model) moderno affonda le sue radici proprio qui.
  4. Apertura e standardizzazione: Netscape e Sun dichiarano l’intenzione di proporre JavaScript come standard W3C/IETF.

Il comunicato elenca 28 aziende che appoggiano JavaScript, da AT&T a Apple, da Informix a Macromedia, da SGI a Toshiba. Ognuna proietta sul nuovo linguaggio esigenze molto diverse: database (Informix, CA, Oracle, Sybase) con scripting per applicazioni client-server; multimedia (Macromedia, SGI, Precept) con animazione, grafica e video gestiti via JavaScript; portali e servizi online (AOL, Architext/Excite); Web authoring (Vermeer, poi acquistata da Microsoft) per l’editing visuale con interattività basata su script.

Un mosaico che rivela una verità profonda: JavaScript nasce come linguaggio polivalente, pensato per collegare mondi diversi e portare sul Web un livello di interattività allora impensabile.

JavaScript come lingua franca del computing moderno

L’annuncio del 1995 non poteva prevederlo, ma JavaScript si sarebbe progressivamente trasformato in una delle fondamenta del computing contemporaneo, con un ruolo molto diverso – e in larga parte opposto – rispetto a Java, il linguaggio che avrebbe dovuto inizialmente affiancare.

Principali differenze tra JavaScript e Java

Nonostante la somiglianza nel nome, Java e JavaScript sono due linguaggi radicalmente differenti, sia per obiettivi che per architettura. Java è un linguaggio fortemente tipizzato, basato su classi e orientato agli oggetti tradizionali, progettato per applicazioni robuste, scalabili e con cicli di vita lunghi. La sua struttura rigorosa e la gestione del tipo dei dati lo rendono ideale per ambienti enterprise, sistemi mission-critical, piattaforme Android e infrastrutture backend complesse, dove la prevedibilità e la stabilità sono fondamentali.

JavaScript, al contrario, nasce come linguaggio dinamico e basato su prototipi, concepito per essere manipolato direttamente all’interno dei documenti HTML. La sua flessibilità e la capacità di adattarsi rapidamente alle esigenze del Web lo rendono perfetto per creare interfacce interattive e contenuti dinamici. L’esecuzione avviene direttamente nel browser, senza necessità di una virtual machine dedicata, rendendo il linguaggio immediatamente accessibile e universale: qualsiasi dispositivo dotato di un browser può interpretare JavaScript senza ulteriori installazioni.

Anche il modello di distribuzione è profondamente diverso. Java prevede la creazione di applet e applicazioni complesse che vengono confezionate in pacchetti come JAR o WAR, pensati per architetture enterprise e per una distribuzione più controllata. JavaScript, invece, viene inserito direttamente nelle pagine Web, caricato dinamicamente via rete e interpretato al volo dal browser, con la possibilità di aggiornamenti immediati e continui.

Infine, anche il tipo di applicazioni che alimentano i due linguaggi è diverso. Java continua a dominare i sistemi enterprise, le infrastrutture server, i framework big data e le piattaforme mobili, mentre JavaScript ha esteso il proprio dominio dal front-end Web fino al back-end con Node.js, è centrale nell’automazione, nella grafica 3D, nell’Internet delle Cose (IoT) e persino  nelle applicazioni di AI eseguite direttamente nel browser. La differenza non è solo tecnica, ma filosofica: Java è progettato per l’ingegneria del software strutturata, con regole precise e architetture solide; JavaScript per la manipolazione rapida, dinamica e universale di interfacce e contenuti.

JavaScript varca i confini del browser Web

L’avvento di Node.js ha poi spinto JavaScript oltre il perimetro del browser, trasformandolo in un linguaggio capace di alimentare server ad alte prestazioni, applicazioni real time, API distribuite e — grazie a runtime come Deno e Bun — persino pipeline di sviluppo e tool dev-centric. Parallelamente, l’adozione su microcontrollori, dispositivi IoT e di edge computing ha completato una metamorfosi che nessun altro linguaggio nato negli anni ’90 è riuscito a replicare.

Oggi JavaScript gira ovunque: sul cloud, sugli smartphone, sui dispositivi embedded e sui sistemi distribuiti che costituiscono l’ossatura del computing moderno.

La forza di JavaScript non risiede quindi solo nella sua ubiquità, ma anche nella capacità di fungere da piattaforma. Framework come React, Vue, Angular, Svelte, Next.js e Astro hanno trasformato radicalmente il modo di costruire l’interfaccia utente sul Web, mentre librerie e ambienti server-side hanno definito nuovi standard per la scalabilità e l’integrazione tra servizi.

Ne è nato un ecosistema che evolve a una velocità unica, capace di modellare l’esperienza digitale contemporanea molto più di quanto Netscape e Sun (aziende che hanno interrotto le attività, rispettivamente, nel 2007 e nel 2010) potessero immaginare nel 1995.

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