Ad blocker illegali? La causa in Germania che spaventa il Web

La Germania riaccende la battaglia legale sugli ad blocker: la Corte Federale rimette in discussione il loro futuro, sollevando dubbi su copyright, privacy e libertà degli utenti online.

Una recente sentenza della Corte Federale di Giustizia tedesca (Bundesgerichtshof, BGH) ha riacceso un contenzioso di lungo corso tra l’editore Axel Springer e la società Eyeo, sviluppatrice di Adblock Plus, uno dei più diffusi strumenti per il blocco della pubblicità online. Il cuore della disputa non riguarda soltanto il modello di business dell’editoria digitale, ma tocca questioni ben più ampie: la qualificazione giuridica del codice caricato dai browser Web, i limiti del diritto d’autore applicato al software e la libertà degli utenti di modificare la propria esperienza online.

Il nodo giuridico: HTML e CSS come “programma per elaboratore”?

Secondo Axel Springer, i siti Web non devono essere considerati solo come contenuti destinati alla consultazione, ma come opere protette da copyright in quanto “programmi informatici”.

La tesi dell’editore è che un ad blocker non si limiti a nascondere elementi indesiderati, ma intervenga attivamente sulle strutture elaborate dal browser – come il DOM (Document Object Model), il CSS Object Model (CSSOM) e il render tree – alterando così il codice in memoria. In questa prospettiva, il blocco della pubblicità configurerebbe una riproduzione e modifica non autorizzata del software protetto.

Questa interpretazione era stata respinta nel 2022 dalla Corte d’Appello di Amburgo, che aveva stabilito come Adblock Plus fosse uno strumento che abilita la scelta dell’utente su come visualizzare i contenuti, senza costituire violazione del diritto d’autore. Tuttavia, la BGH ha ribaltato parzialmente la decisione, richiedendo un nuovo esame sulla natura giuridica del codice gestito a livello di browser.

Il DOM è la rappresentazione ad albero della struttura HTML di una pagina: ogni tag (<div>, <p>, <img>) diventa un nodo; CSSOM è invece incentrata sulle regole CSS; il render tree nasce dalla combinazione di DOM e CSSOM e contiene solo gli elementi visibili con i loro stili finali, pronti per essere disegnati sullo schermo.

Le conseguenze per utenti ed estensioni

La posizione della BGH dipinge, a questo punto, un quadro di forte incertezza. Se i tribunali dovessero concludere che DOM, CSS o bytecode rientrano nella protezione come programmi per elaboratore, gli ad blocker potrebbero essere considerati strumenti che violano i diritti esclusivi degli editori.

Le ricadute sarebbero molto più ampie del solo blocco pubblicitario:

  • Accessibilità: estensioni che modificano la resa delle pagine per renderle leggibili da persone con disabilità, potrebbero diventare giuridicamente rischiose.
  • Privacy e sicurezza: strumenti contro il tracciamento, il fingerprinting o l’esecuzione di codice malevolo rischierebbero di essere assimilati agli ad blocker.
  • Innovazione limitata: gli sviluppatori potrebbero auto-limitarsi per evitare contenziosi, riducendo la possibilità di creare soluzioni avanzate a favore degli utenti.

Come ha sottolineato Daniel Nazer, Senior IP & Product Counsel di Mozilla, qualsiasi browser che si limitasse a caricare in maniera “cieca” qualsiasi codice ricevuto da un sito Web, senza consentire modifiche o filtri, diventerebbe un software “straordinariamente pericoloso”.

Libertà dell’utente vs. modelli di business

Il caso rivela un conflitto profondo: da un lato gli editori digitali, che dipendono dalla pubblicità per sostenere le proprie attività; dall’altro gli utenti, che rivendicano il diritto di controllare cosa viene caricato e visualizzato sui rispettivi dispositivi.

Al momento gli ad blocker non sono vietati in Germania, ma il procedimento giudiziario è adesso riaperto e il rischio di una restrizione reale rimane. Un’eventuale decisione a favore di Springer potrebbe creare un precedente giuridico in ambito europeo, con impatti diretti su altri Paesi membri, incoraggiare ulteriori cause contro estensioni a tutela della sicurezza e della privacy,  spingere i browser stessi a limitare nativamente le possibilità di personalizzazione.

In uno scenario estremo, la Germania potrebbe diventare, dopo la Cina, la seconda giurisdizione al mondo a limitare o vietare l’uso degli ad blocker.

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