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Negli ultimi anni, il dibattito sull’impatto dell’Intelligenza Artificiale nei settori ad alta specializzazione si è intensificato, coinvolgendo sia operatori finanziari sia regolatori e stakeholder tecnologici.
La recente ricerca condotta da NYU Stern in collaborazione con la piattaforma GoodFin aggiunge un nuovo tassello a questa discussione, portando alla luce risultati sorprendenti ma anche nuove domande sull’evoluzione della consulenza finanziaria. Secondo lo studio, i modelli di IA di ultima generazione non solo sono in grado di affrontare, ma addirittura di superare brillantemente l’esame CFA Level III, uno dei più complessi e prestigiosi per chi opera nella gestione degli investimenti.
I dati raccolti evidenziano performance straordinarie: il modello OpenAI o4 mini ha raggiunto un punteggio del 79,1%, mentre Google Gemini 2.5 Flash si è attestato al 77,3%, ben al di sopra sia della soglia minima di superamento fissata al 63% sia del tasso medio di approvazione umano, che si ferma al 49%. Il test, che prevede sia domande a scelta multipla sia sezioni a risposta aperta, mette alla prova non solo la conoscenza tecnica, ma anche le capacità di ragionamento articolato, dove però l’IA mostra ancora alcune variabilità di performance.
Lo studio, che ha preso in esame ben 23 modelli sviluppati dalle principali aziende tecnologiche, si è concentrato proprio sulla valutazione delle capacità di questi sistemi nel risolvere problemi complessi e simulare scenari reali. Tuttavia, emerge chiaramente come le competenze relazionali e la comprensione del contesto rimangano un terreno in cui l’IA non riesce ancora a competere con l’esperienza e l’intuizione umana. In particolare, consulenti finanziari come sottolinea Anna Joo Fee, CEO di GoodFin, mantengono un vantaggio insostituibile nell’interpretare le esigenze dei clienti e adattare le strategie di investimento a situazioni personali spesso uniche e non codificabili.
Esame CFA Level III: quali modelli si sono comportati meglio?
Questi risultati aprono scenari inediti per il settore finanziario, costringendo banche, società di gestione patrimoniale e autorità di vigilanza a interrogarsi su come integrare efficacemente l’AI nei processi decisionali. Da un lato, i benefici in termini di efficienza, automazione e personalizzazione dei servizi sono evidenti; dall’altro, si affacciano temi delicati come la responsabilità, la trasparenza e la regolamentazione degli algoritmi. In caso di perdite generate da una decisione automatizzata, chi dovrà risponderne? Il professionista, la società, il produttore del software o lo sviluppatore dell’algoritmo?
Il superamento dell’esame CFA Level III da parte dei sistemi IA dimostra una straordinaria capacità di assimilazione e applicazione delle regole, ma non equivale a una piena padronanza delle competenze trasversali che distinguono la consulenza patrimoniale di qualità. L’abilità di ascoltare, comprendere il contesto familiare, sociale e psicologico del cliente, così come la capacità di gestire le emozioni e i conflitti, restano prerogative tipicamente umane. Per questo motivo, i regolatori dovranno giocare un ruolo fondamentale nel definire standard di validazione e meccanismi di supervisione che garantiscano sempre la presenza di un controllo umano nei servizi finanziari basati sull’IA.
Le banche e le società di gestione patrimoniale si trovano quindi davanti a una sfida strategica: bilanciare gli investimenti in tecnologia con la formazione continua dei propri team. L’adozione di strumenti avanzati come OpenAI o4 mini e Google Gemini potrebbe infatti liberare i consulenti finanziari da attività operative ripetitive, consentendo loro di concentrarsi su compiti a maggior valore aggiunto come la governance delle decisioni di investimento e la personalizzazione delle strategie.