Chip fotonici: cosa sono e come cambieranno l'informatica

I ricercatori dell'Università tecnica di Eindhoven svelano i loro progressi in vista della realizzazione futura dei primi chip fotonici. Un nuovo paradigma che rivoluzionerà informatica ed elettronica.

Riuscite a immaginare un PC dove il limite in termini di performance è la velocità della luce?
Perché è un po’ questo ciò che ha presentato un gruppo di ricercatori dell’Università tecnica di Eindhoven (Paesi Bassi), un “assaggio” della tecnologia che potrebbe essere utilizzata negli anni (o meglio, nei decenni) a venire per velocizzare drasticamente le prestazioni degli elaboratori elettronici. Una scoperta che sembra destinata a cambiare non soltanto l’informatica come la conosciamo ma, in prima battuta, anche qualunque dispositivo elettronico ad alte prestazioni e, successivamente, quelli a basso consumo energetico.

I ricercatori parlano di silicio fotonico per riferirsi al fatto che tutte le operazioni fondamentali sono svolte usando fasci di luce.
Gli attuali chip soffrono di una serie di limitazioni collegate alla temperatura e alla resistività degli elettroni che viaggiano lungo le piste in rame che collegano i transistor. Nei moderni processori si cerca sempre, ancora oggi, di integrare un numero sempre crescente di transistor costringendoli a svolgere un numero maggiore di istruzioni ogni secondo.

Per abbattere buona parte delle barriere con le quali i produttori di chip debbono scontrarsi viene introdotto l’utilizzo della luce. Non è un concetto nuovo: da ormai 50 anni si cerca di usare i fotoni per trasferire dati.
I fotoni non hanno massa o carica e, di conseguenza, non hanno resistenza: ciò consente di ridurre la dispersione nel materiale attraversato superando il problema della temperatura.
La dissipazione del calore è una palla al piede in qualunque sistema informatico di oggi: liberarsi di questo problema significa anche ridurre significativamente i consumi di ciascun chip.

I ricercatori dell’Università tecnica di Eindhoven spiegano di aver utilizzato una sorgente luminosa combinata con l’uso del silicio. Qualsiasi chip basato sull’utilizzo del silicio non può essere di per sé un buon trasmettitore di luce: così, combinando silicio e germanio (molto comune nell’industria dei semiconduttori) gli esperti sono riusciti a creare una struttura esagonale in grado di emettere luce.

La banda proibita o energia di gap di un semiconduttore è l’intervallo di energia interdetto agli elettroni. Se un elettrone “cade” dalla banda di conduzione alla banda di valenza, un semiconduttore emette un fotone quindi della luce ma ciò non avviene nel silicio in sé.
Dopo una serie di approssimazioni successive, un’interminabile sequenza di miglioramenti e ottimizzazioni, i ricercatori hanno creato una struttura esagonale in silicio-germanio con le varie sagome interconnesse mediante nanofili. Si è potuto così osservare il passaggio dei fotoni, anche grazie a un certosino lavoro di rimozione delle imperfezioni, delle impurità e dei difetti del cristallo.

Usando meccanismi di comunicazione ottica la velocità di trasferimento dati all’interno dei circuiti potrebbe aumentare di un fattore superiore a 1.000 rispetto agli standard attuali.

La tecnologia è quindi estremamente promettente anche perché i potenziali campi applicativi sono potenzialmente infiniti e il cambio di paradigma, sebbene ci voglia ancora molto tempo per un’implementazione sul mercato, sarà davvero epocale.
Maggiori informazioni sono reperibili a questo indirizzo.

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