Yahoo! contesta la decisione del tribunale: sarà appello

Yahoo! non ci sta e comunica di voler ricorrere in appello con l'intenzione di "ribaltare" la sentenza di condanna emessa, a suo sfavore, dalla nona sezione del Tribunale di Roma.

Yahoo! non ci sta e comunica di voler ricorrere in appello con l’intenzione di “ribaltare” la sentenza di condanna emessa, a suo sfavore, dalla nona sezione del Tribunale di Roma. La vicenda riguarda la presenza, sul motore di ricerca di Yahoo!, di alcuni link facenti riferimento a siti web e risorse online in grado di facilitare il download, senza averne titolo, di un’opera cinematografica (il film iraniano “About Elly“).

Secondo il giudice, Yahoo! – informata della presenza dei link facenti riferimento a materiale distribuito illegalmente da parte di terzi – avrebbe dovuto attivarsi per rimuovere i vari collegamenti ipertestuali dalle SERP del suo motore di ricerca.

La società guidata da Carol Bartz ha comunicato di voler appellarsi ad una decisione arrivata, si legge, sulla base di “un’errata interpretazione“. Quanto stabilito in sede di giudizio, secondo Yahoo!, attribuirebbe “ai motori di ricerca la responsabilità del contenuto creato o ospitato da terzi che appare nei risultati di ricerca sul web. In questo caso, non c’è nessuna evidenza che motori di ricerca come Yahoo! Italia creino o ospitino i contenuti illegali in discussione“. Inoltre, continua Yahoo! “riguardo la soppressione dei link, tra l’altro, il pretendente non ha fornito indicazione del nome o dell’URL dei siti illegali, nonostante un’ingiunzione in merito.“.

Secondo l’azienda di Sunnyvale (California) la sentenza del Tribunale di Roma sarebbe in contrasto con le leggi in vigore ed i principi sanciti dalla direttiva sul commercio elettronico (i motori di ricerca non sono obbligati ad effettuare un controllo preventivo sui contenuti indicizzati). Si potrebbero addirittura avere “gravi conseguenze restrittive sulla libera espressione in Internet“, ha osservato poi Yahoo! aggiungendo che ci si è “erroneamente focalizzati sui motori di ricerca invece che su coloro che creano il contenuto dannoso“.

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