Comunicazione PEC amministratori di società: quanta confusione e che esperienza!

Obbligo per gli amministratori di società di comunicare un indirizzo PEC personale al Registro delle Imprese. Sebbene il MIMIT abbia indicato il 30 giugno 2025 come termine per le società già costituite, molte Camere di Commercio smentiscono l’esistenza di una scadenza formale.

La Legge di Bilancio 2025 ha introdotto un nuovo obbligo, questa volta a carico degli amministratori di società. Secondo quanto previsto all’art. 1, comma 860, legge 30 dicembre 2024, n. 207, questi soggetti sono tenuti a comunicare un indirizzo PEC (posta elettronica certificata) richiedendone l’inserimento in anagrafica all’interno del Registro delle Imprese.

L’adempimento riguarda tutte le società (di persone e di capitali, escluse le società semplici non agricole, le società di mutuo soccorso, consorzi e società consortili) che devono comunicare l’indirizzo PEC di ciascun amministratore. Sono inclusi anche i liquidatori, in quanto assimilati agli amministratori per le funzioni svolte nella fase di liquidazione.

La norma è entrata in vigore il 1° gennaio 2025. Per le società già costituite prima di tale data, il termine per la comunicazione degli indirizzi PEC degli amministratori era fissato al 30 giugno 2025. Usiamo l’imperfetto perché alcune Camere di Commercio sostengono che la norma non stabilisca alcuna scadenza.

Punto di riferimento è la nota del MIMIT del marzo 2025

Leggiamo da più parti che “la disposizione di cui all’art. 1, comma 860 della Legge n. 207/2024 non stabilisce alcuna scadenza né obbligo in tal senso, contrariamente a quanto riportato da alcune campagne informative e articoli di stampa“.

Peccato però che nella nota del Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) del 12 marzo 2025, si parla chiaramente di “obbligo di iscrizione nel Registro delle Imprese del domicilio digitale degli amministratori di imprese costituite in forma societaria“. Ed anzi si ritiene opportuno “assegnare alle imprese costituite prima del 1° gennaio 2025 termine per la comunicazione degli indirizzi PEC dei propri amministratori fino alla data del 30 giugno 2025“.

Ancora, la nota ministeriale – al paragrafo “Ammissibilità dell’indirizzo di posta elettronica certificata” – chiarisce che gli amministratori delle società devono specificare un indirizzo PEC non coincidente con quello della società.

Anzi, le Camere di Commercio sono invitate a fornire la più ampia informazione alle imprese del proprio territorio, attenendosi alle indicazioni del MIMIT.

Cos’è successo nel frattempo?

Nel frattempo, tanti amministratori di società si sono adeguati autenticandosi con SPID/CNS sulla piattaforma DIRE di InfoCamere e fornendo il loro indirizzo PEC personale.

Gli interessati si sono peraltro confrontati con una procedura non propriamente lineare. Dopo l’accesso iniziale, infatti, è necessario dapprima confermare la propria anagrafica, cliccare sul pulsante Azioni quindi su Comunicazione PEC per poi ottenere un file PDF da firmare digitalmente!

Ebbene sì, non basta l’autenticazione con SPID/CNS e l’indicazione dell’indirizzo PEC da parte dell’amministratore di società: il sistema chiede di dotarsi di firma digitale, apporla al documento prodotto dalla piattaforma DIRE e reinviarlo. In alternativa, è possibile delegare un consulente fiscale anziché dotarsi di firma digitale.

Per snellire il meccanismo, forse sarebbe bastato predisporre l’invio di un codice OTP verso la casella PEC indicata dall’amministratore. La successiva conferma del codice ottenuto avrebbe facilmente permesso di confermare la titolarità della casella di posta elettronica. Mantenendo l’intera procedura all’interno dell’applicazione Web, senza scomodare PDF e firma digitale. Ma tant’è.

In attesa di una nota chiarificatrice da parte del MIMIT

Mentre online si moltiplicano i post delle Camere di Commercio di mezz’Italia che parlano dell’assenza di obblighi, soprattutto al 30 giugno 2025, la situazione si fa sempre più caotica.

Secondo le nostre fonti, il MIMIT dovrebbe rilasciare a breve una nota esplicativa in modo da porre la classica pietra tombale su una vicenda che ha già assunto i contorni dell’assurdo.

È paradossale che per un adempimento di carattere tutto sommato “marginale” (e di complessiva semplice gestione) si sia ingenerato un simile disallineamento interpretativo tra amministrazioni pubbliche, che ha a sua volta provocato incertezza operativa tra società e professionisti.

Già nella nota di marzo 2025, il MIMIT riconosceva che “la disposizione normativa, non perfettamente coordinata con il contesto normativo in cui è inserita, determina la necessità di fornire indicazioni interpretative volte a consentirne una applicazione conforme alla ratio delle disposizioni vigenti e uniforme sul territorio nazionale“. Se oggi le Camere di Commercio sostengono posizioni antitetiche rispetto a quanto messo nero su bianco, a suo tempo, dal Ministero allora qualcosa di sicuro non ha funzionato.

Interpretazioni della norma che sembrano inconciliabili

Un’ulteriore dimostrazione? La Camera di Commercio di Bari cita ampi estratti della nota ministeriale e conferma l’impianto del MIMIT di marzo scorso. La Camera di Commercio di Trento scrive: “Unioncamere, con nota del 2 aprile 2025, ha inoltre confermato che non è previsto alcun termine di scadenza al 30 giugno 2025, né l’applicazione di sanzioni amministrative per gli amministratori di imprese costituite in forma societaria che, alla data del 1° gennaio 2025, non abbiano ancora iscritto il proprio domicilio digitale (ex PEC) nel Registro delle imprese. (…) La disposizione (…) della Legge n. 207/2024 non stabilisce alcuna scadenza né obbligo in tal senso“.

La Camera di Commercio delle Marche osserva ad esempio: “il termine del 30 giugno 2025, fissato con semplice nota dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy, ha carattere ordinatorio“, quindi non perentorio.

Oltretutto, in tema di sanzioni la nota ministeriale specifica quanto segue: “residua l’applicabilità della ordinaria sanzione prevista dall’articolo 2630 del codice civile, in forza del quale è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 103 euro a 1.032 euro «chiunque, essendovi tenuto per legge a causa delle funzioni rivestite in una società o in un consorzio, omette di eseguire, nei termini prescritti, denunce, comunicazioni o depositi presso il registro delle imprese», salva la riduzione dell’importo della sanzione ad un terzo nel caso in cui la denuncia, la comunicazione o il deposito avvengano «nei trenta giorni successivi alla scadenza dei termini prescritti»“. Mentre diverse Camere di Commercio sostengono che non ci sono sanzioni non essendovi alcun obbligo. A questo punto, urge davvero una presa di posizione ufficiale e definitiva.

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