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Una sospensione temporanea dell’ingiunzione che avrebbe costretto Google a cambiare drasticamente il proprio Play Store segna una nuova fase nella complessa battaglia legale con Epic Games.
La decisione della corte d’appello offre al colosso tecnologico un prezioso respiro, garantendo tempo supplementare per contestare la sentenza antitrust che lo ha riconosciuto colpevole di pratiche anticoncorrenziali.
La controversia ha avuto origine nel 2020, quando Epic Games, celebre per aver creato Fortnite, ha accusato Google di abuso di posizione dominante nel mercato delle app su Android. Diversamente da quanto avvenuto nel parallelo contenzioso con Apple, che ha visto la società di Cupertino prevalere su quasi tutti i fronti, il gigante di Mountain View è stato invece giudicato colpevole nel 2023 per aver effettivamente limitato la concorrenza all’interno del proprio store.
L’ingiunzione, ora sospesa, avrebbe imposto a Google modifiche sostanziali al funzionamento del Play Store, tra cui l’obbligo di facilitare l’installazione di store digitali alternativi e di rendere il proprio catalogo di applicazioni accessibile anche ai concorrenti. Queste misure sono state fortemente contestate dall’azienda, che ha ribadito come tali cambiamenti potrebbero compromettere la sicurezza della piattaforma e la sua capacità di competere in modo equo. In particolare, il nodo dei pagamenti in app rimane uno degli aspetti più controversi, con Epic Games che accusa Google di imporre commissioni elevate e di ostacolare l’adozione di sistemi di pagamento alternativi.
Epic Games contro Google: un contenzioso iniziato nel 2020
I giudici d’appello hanno riconosciuto alcune differenze fondamentali tra il caso di Google e quello di Apple. Mentre quest’ultima esercita un controllo totale sul proprio ecosistema hardware e software, Android teoricamente permette la presenza di store alternativi, sebbene secondo Epic Games questa apertura sia più formale che sostanziale. L’azienda guidata da Tim Sweeney sostiene infatti che Google eriga barriere significative all’ingresso di concorrenti, rendendo difficile per altri operatori proporre alternative realmente competitive al Play Store.
Per ora, lo store continuerà a funzionare senza cambiamenti, almeno fino a quando il procedimento d’appello non avrà seguito il suo corso. Questo scenario offre al colosso di Mountain View una tregua temporanea, ma lascia in sospeso molte incognite sul futuro della distribuzione digitale delle applicazioni. Il processo potrebbe protrarsi per mesi, e le sue conseguenze rischiano di essere radicali non solo per le aziende direttamente coinvolte, ma anche per l’intero settore.
Il dibattito divide esperti, utenti e osservatori: da un lato c’è chi teme che un’eccessiva apertura possa compromettere la sicurezza e l’affidabilità dei dispositivi Android, dall’altro chi auspica una maggiore concorrenza e libertà di scelta per i consumatori. Il confronto tra il modello relativamente più aperto di Android e quello chiuso di Apple rimane centrale nella discussione, con entrambe le strategie sottoposte a crescente scrutinio da parte delle autorità antitrust di tutto il mondo.
In attesa della sentenza definitiva, il caso continua a sollevare interrogativi sulle responsabilità delle grandi piattaforme e sulle modalità con cui esse dovrebbero gestire l’accesso ai loro ecosistemi. Se la corte dovesse confermare la necessità di aprire il Play Store a soluzioni alternative, si aprirebbe una nuova era per il mercato delle applicazioni digitali, con possibili ripercussioni anche sulle politiche di altre aziende e sulle future decisioni di ogni giudice federale chiamato a pronunciarsi su casi simili.