A differenza di Red Hat Enterprise Linux (RHEL), che rappresenta la versione commerciale e certificata pensata per ambienti di produzione a lungo termine, Fedora – distribuzione Linux che oggi giunge alla sua 43esima versione – è il terreno di sperimentazione da cui RHEL trae origine. Ogni release di Fedora introduce e testa tecnologie di primo piano, come nuove versioni del kernel, strumenti di sviluppo, ambienti desktop e sistemi di sicurezza. Dopo la loro maturazione, queste novità sono eventualmente integrate nelle versioni enterprise di Red Hat. In questo senso, Fedora è l’incubatore dell’innovazione nel mondo RHEL.
Un ecosistema in continua trasformazione
Fedora 43 è disponibile (download) in un’ampia gamma di edizioni e di Atomic Desktops, per adattarsi a diversi scenari d’uso:
- Workstation e KDE Plasma Desktop per l’utenza desktop.
- Server, Cloud e CoreOS per ambienti infrastrutturali.
- IoT per i dispositivi connessi.
- Silverblue, Kinoite, Budgie, Sway e Cosmic per chi desidera un’esperienza desktop basata su immagini immutabili o interfacce alternative.
Questa diversificazione è resa possibile dalla filosofia modulare di Fedora e dalla maturità dell’ecosistema bootc e OCI, che progressivamente stanno ridefinendo la gestione del ciclo di vita delle immagini di sistema.
Gli Atomic Desktops sono versioni di Fedora progettate per essere immutabili, cioè sistemi operativi in cui il filesystem principale non è modificato dall’utente in maniera tradizionale. Sono ideali per sviluppatori, esigenze di containerizzazione e scenari in cui si desidera un sistema ripristinabile in qualsiasi momento, senza rischi di corruzione o conflitti di pacchetti.
Rispetto a progetti come AlmaLinux e Rocky Linux, che nascono per offrire una compatibilità binaria con RHEL e quindi ne replicano la stabilità a lungo termine (fino a 10 anni di supporto), Fedora segue una filosofia completamente diversa. Le sue release sono più frequenti — ogni 6 mesi circa — e il supporto è più breve (13 mesi). In cambio, Fedora offre accesso immediato alle tecnologie più recenti, un’integrazione precoce con l’upstream Linux e una comunità aperta che favorisce la partecipazione diretta degli utenti e degli sviluppatori.
Novità visibili: GNOME 49 e l’installer Anaconda WebUI
Fedora Workstation 43 introduce GNOME 49 come desktop environment predefinito, segnando un passaggio storico: il supporto X11 risulta completamente disattivato, con GNOME ora funzionante solo su Wayland.
Si tratta di un cambiamento coerente con la direzione presa dallo sviluppo upstream, che punta a un ambiente grafico più sicuro, moderno e performante. Wayland rappresenta infatti un’architettura più semplice e priva di molti dei limiti strutturali di X11, offrendo un supporto nativo per display ad alta frequenza, scaling per monitor HiDPI e una migliore gestione della sicurezza tra applicazioni.
Sul fronte dell’installazione, l’esperienza utente è ulteriormente migliorata grazie alla nuova interfaccia WebUI di Anaconda, ora estesa a tutte le “Spins” ufficiali. L’installer, accessibile via browser, semplifica il processo di configurazione e introduce una base modulare pensata per una gestione più efficiente e automatizzabile delle installazioni, anche in ambienti enterprise o cloud.
Le “Spins“, lo ricordiamo, sono versioni alternative della distribuzione che differiscono principalmente per l’ambiente desktop predefinito. Offrono la stessa base di Fedora, ma con interfacce diverse come KDE Plasma, Xfce, Cinnamon, LXQt, MATE o Sway.
Le innovazioni “sotto il cofano”: RPM 6.0 e post-quantum readiness
Tra i cambiamenti meno visibili ma davvero significativi c’è l’introduzione di RPM 6.0, la nuova versione del sistema di gestione dei pacchetti che costituisce uno dei pilastri di Fedora.
La nuova release include funzionalità avanzate di sicurezza, come la firma multipla con le chiavi di cifratura e il supporto a meccanismi di autenticazione più robusti, in preparazione all’adozione di chiavi OpenPGP post-quantum. È un passo strategico che dimostra la capacità del progetto Fedora di anticipare le sfide della crittografia moderna, soprattutto in un contesto in cui la resilienza alle minacce quantistiche diventerà sempre più rilevante.
Fedora 43 adotta inoltre componenti di base aggiornati, tra cui:
- Kernel Linux 6.17, che introduce miglioramenti per la gestione energetica, i driver grafici e il supporto hardware di ultima generazione.
- Python 3.14 e LLVM 21, che rafforzano la piattaforma di sviluppo.
- Aggiornamenti diffusi su GCC, systemd e varie librerie, in linea con la missione di Fedora di offrire un ambiente sempre allineato con le innovazioni upstream.
Fedora CoreOS e il futuro delle immagini OCI
Un’altra transizione importante riguarda Fedora CoreOS (FCOS), che con Fedora 43 adotta un nuovo sistema di distribuzione degli aggiornamenti: le immagini sono ora fornite esclusivamente come immagini OCI (Open Container Initiative), abbandonando definitivamente il repository OSTree.
L’intento degli sviluppatori è quello di unificare la pipeline di costruzione e distribuzione, rendendo possibile la generazione delle immagini direttamente da un Containerfile standard, utilizzando strumenti come Podman o workflow CI/CD automatizzati.
L’obiettivo è fornire un ambiente “dichiarativo” e riproducibile per infrastrutture cloud-native, riducendo la complessità e migliorando la tracciabilità del ciclo di vita delle immagini.
Aggiornamento semplificato e supporto della comunità
Fedora 43 mantiene la tradizionale semplicità nel processo di aggiornamento: passare da una versione precedente è quasi come installare un normale aggiornamento di sistema, con il vantaggio di un’infrastruttura di pacchetti e dipendenze estremamente stabile.
Gli utenti possono inoltre contare su una comunità attiva e strutturata, attraverso piattaforme come Ask Fedora per il supporto tecnico e Fedora Discussion per condividere esperienze, proposte e contributi.
In un altro nostro articolo abbiamo visto perché Fedora non genera distribuzioni derivate come Ubuntu e Arch.