Google non deve monitorare costantemente i servizi

I giudici del Tribunale di Roma hanno stabilito, nelle scorse ore, che il cosiddetto "intermediario della comunicazione" - nella fattispecie Google - non può essere obbligato ad attivare meccanismi tesi ad impedire la diffusione di contenuti non anco...

I giudici del Tribunale di Roma hanno stabilito, nelle scorse ore, che il cosiddetto “intermediario della comunicazione” – nella fattispecie Google – non può essere obbligato ad attivare meccanismi tesi ad impedire la diffusione di contenuti non ancora presenti sulla rete Internet. Come ben evidenzia l’avvocato Guido Scorza, esperto in tematiche legali correlate al mondo del web, in sede di giudizio si è riconosciuto che “il controllo preventivo non pare condotta esigibile dall’hosting, dal momento che il giudice italiano non può porre uno specifico obbligo di sorveglianza in violazione del chiaro dettato comunitario” e che “il fornitore del servizio non può essere assoggettato all’onere di procedere ad una verifica in tempo reale del materiale immesso dagli utenti – onere non esigibile in ragione della complessità tecnica di siffatto controllo e del costo –“.

La causa vedeva Mediaset e Google fronteggiarsi da posizioni diametralmente opposte: la società di Cologno Monzese pretendeva che Google si adoperasse per evitare che in futuro gli utenti iscritti ai suoi servizi non pubblicassero più alcuno stralcio di partite del campionato di calcio tramesse dalle reti dell’emittente televisiva.

La richiesta avanzata da Mediaset è stata così respinta evidenziando che un pronunciamento a favore dell’azienda attiva nella produzione e nella distribuzione televisiva avrebbe inevitabilmente cozzato contro le disposizioni prese in sede europea. La risoluzione a cui viene fatto riferimento è quella pubblicata recentemente dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (ved. questo nostro articolo) che vieta ai giudici dei singoli stati di imporre l’introduzione, a carico dei provider Internet, di qualsiasi filtro per prevenire il download di determinati contenuti attraverso la rete Internet, compreso il prelevamento non autorizzato di materiale soggetto al diritto d’autore.

Scorza evidenzia anche un altro pensiero dei giudici romani: “anche ove il controllo divenisse attuabile con costi contenuti e con meccanismo automatici, configgerebbe con forme di libera manifestazione e comunicazione del pensiero“. In altre parole, il Tribunale ha stabilito che l’ordine emesso dal giudice può avere effetti solo ed esclusivamente sui contenuti già presenti in Rete e non quelli “futuri”.

L’avvocato Scorza conclude che “la sacrosanta esigenza di tutelare il diritto d’autore non può giustificare il sacrificio della libertà di informazione né giustificare la trasformazione di un imprenditore quale l’intermediario della comunicazione in uno sceriffo con funzioni censoree rispetto alla circolazione dei contenuti“.

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