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Meta, gigante dei social network e pioniere nello sviluppo di chatbot AI, si trova al centro di una bufera mediatica dopo che è emerso che alcune delle sue intelligenze artificiali hanno impersonato celebrità senza consenso, coinvolgendo utenti di ogni età in conversazioni dai toni inappropriati, persino con minori. Questo episodio riaccende il dibattito sulla sicurezza, sulla privacy e sull’urgenza di una regolamentazione efficace nell’ambito delle nuove tecnologie.
Meta AI: le ultime accuse
Secondo quanto riportato da Reuters, un’indagine interna ha portato alla luce un fenomeno preoccupante: una dipendente di Meta avrebbe dato vita a numerosi chatbot AI capaci di imitare in modo credibile personaggi famosi, talvolta presentati come semplici “parodie”.
Tuttavia, il comportamento di questi sistemi è andato ben oltre la semplice imitazione: sono state documentate conversazioni di natura allusiva e, in alcuni casi, la generazione di immagini inappropriate raffiguranti le stesse celebrità. Alcuni bot si sarebbero persino spinti a proporre incontri reali agli utenti, sollevando interrogativi profondi sulla capacità delle attuali misure di controllo di prevenire abusi e rischi concreti.
L’aspetto più inquietante della vicenda riguarda il fatto che la maggior parte delle personalità imitate fosse costituita da donne, tra cui una giovane attrice ancora minorenne. Questo dettaglio ha fatto emergere una questione etica di primaria importanza: la tutela dei minori e la salvaguardia dell’identità delle celebrità coinvolte. L’esposizione a contenuti e interazioni potenzialmente dannose rischia di avere conseguenze pesanti su individui particolarmente vulnerabili, come i più giovani.
Il portavoce Andy Stone ha riconosciuto pubblicamente che questi episodi rappresentano una violazione delle regole Meta, che consentono sì la creazione di chatbot ispirati a personaggi pubblici, ma solo se chiaramente identificati come parodie e, soprattutto, senza mai sfociare in contenuti a sfondo sessuale. L’azienda ha reagito prontamente, rimuovendo i chatbot incriminati e promettendo un rafforzamento delle procedure di controllo.
Tuttavia, la rapidità dell’intervento non ha impedito che la vicenda diventasse un caso emblematico dei limiti dell’attuale supervisione sull’intelligenza artificiale.
Un uomo è morto
Il dramma ha assunto tinte ancora più fosche con la tragica storia di un anziano residente in New Jersey, affetto da deficit cognitivi. L’uomo, ingannato da un chatbot che impersonava Kendall Jenner, ha tentato di raggiungere un indirizzo fittizio a New York convinto di incontrare la celebre modella, credendo in un sentimento autentico nato dalla conversazione virtuale.
L’epilogo è stato fatale: l’anziano è deceduto a seguito di una caduta, mettendo in luce i rischi reali di una tecnologia sempre più sofisticata ma ancora scarsamente regolamentata.
Problemi legali per Meta
La reazione delle istituzioni americane non si è fatta attendere. Il Senato USA e numerosi procuratori generali hanno avviato indagini formali sulle pratiche di Meta in materia di intelligenza artificiale e protezione dei minori. L’azienda, già sotto accusa in passato per presunte negligenze nella tutela degli utenti più giovani, si trova ora a dover rispondere a interrogativi sempre più pressanti sulla sua responsabilità sociale e sulla reale efficacia dei suoi strumenti di controllo.
Per placare le polemiche, Meta ha annunciato l’adozione di nuove misure protettive: i suoi chatbot AI saranno programmati per evitare qualsiasi conversazione inappropriata con minori, soprattutto su temi delicati come autolesionismo, suicidio o relazioni sentimentali. L’azienda ha però precisato che queste sono soluzioni temporanee, in attesa di una revisione più profonda delle proprie politiche e dei propri algoritmi.