Arc Browser è un software del quale abbiamo spesso parlato in passato. Ideato in un periodo (2019) di grande trasformazione, con le aziende che migravano sempre di più al cloud, Arc si presentava come strumento universale per la produttività. Puntando su un’interfaccia raffinata, su funzionalità come Spaces e Live Folders, Arc assicurava un’esperienza utente più umana. Nonostante l’entusiasmo di una nicchia di utenti esperti, il browser non è riuscito a conquistare il mercato di massa.
I dati di utilizzo hanno confermato che molte delle funzioni distintive di Arc erano puntualmente ignorate, e che il livello di complessità richiesto per apprenderle superava il valore percepito dalla maggioranza degli utenti. Così, The Browser Company – realtà che ha promosso lo sviluppo e la diffusione di Arc – compie una svolta radicale: archiviare lo sviluppo attivo di Arc, nato per ripensare l’esperienza Web, per concentrarsi su un nuovo progetto concepito fin dall’inizio per l’era dell’intelligenza artificiale.
Il punto di svolta: l’onda dell’intelligenza artificiale
Il 2023 ha segnato una svolta. Strumenti come ChatGPT hanno dimostrato che perfino settori stagnanti da decenni come motori di ricerca e IDE (ambienti di sviluppo integrato) possono essere stravolti. È qui che i responsabili di The Browser Company hanno compreso che per fare davvero la differenza non bastava migliorare Arc: serviva un nuovo inizio.
Si è capito che, sebbene Arc fosse ambizioso, non poteva diventare il futuro del browser. Serviva una discontinuità tecnologica capace di ribaltare comportamenti consolidati e offrire un’esperienza radicalmente nuova. Da qui è nato Dia.
Dopo anni di sviluppo, quindi, Arc subisce un pensionamento forzato e al suo posto si fa largo proprio Dia. Quest’ultimo non è un semplice browser con AI integrata. È un browser AI-native, che rende centrali la conversazione con le schede e le personalizzazioni.
I numeri lo confermano: il 40% degli utenti usa la chat con le tab, il 37% sfrutta le opzioni di personalizzazione. Risultati impensabili per Arc.
Dall’esterno, il cambiamento può sembrare improvviso. Arc sembrava in piena espansione. Ma la decisione è maturata nel tempo, come frutto di una profonda riflessione sulle ambizioni originarie, sugli errori commessi e sulle nuove opportunità aperte dall’intelligenza artificiale.
Gli obiettivi di Dia, il browser Web AI-mative
Il percorso da Arc a Dia non è visto come un fallimento. È un esempio di onestà intellettuale che esprime la volontà di riallinearsi alla missione originaria: costruire un software significativo, curato e in grado di ridefinire un’esperienza quotidiana universale.
The Browser Company non ha abbandonato Arc per inseguire l’onda dell’intelligenza artificiale, ma ha colto l’occasione per ripensare da zero cosa debba essere oggi un browser: un software veloce, sicuro, utile, e capace di adattarsi alle persone. Non il contrario.
Dia non è solo un nuovo prodotto. È una dichiarazione d’intenti, una seconda occasione per trasformare la visione dell’“Internet Computer” in qualcosa di tangibile, semplice e finalmente alla portata di tutti.
Il dilemma dell’open source: Arc, ADK e il futuro
Adesso che Arc giunge (prematuramente?) al suo fine vita, che ne sarà di questo browser? Sarà trasformato in un prodotto open source? Sarà venduto?
In realtà, Arc non è solo un fork di Chromium. È costruito sopra l’ADK (Arc Development Kit), un SDK interno che permette di progettare UI innovative senza dover scrivere codice in C++ o scendere a compromessi con i limiti imposti da Chromium. The Browser Company spiega che si tratta dell’elemento chiave che ha permesso di innovare e sperimentare rapidamente. Ma è anche la base tecnologica su cui poggia Dia.
Rendere open source Arc oggi significherebbe aprire anche ADK, e questo implicherebbe rilasciare asset centrali per la competitività dell’azienda. Un rischio troppo alto, almeno per ora.
Il tramonto del browser tradizionale: il cambio di paradigma
Secondo The Browser Company, il concetto di browser come contenitore passivo di pagine Web sta morendo. Le ricerche, le azioni quotidiane, persino la navigazione, saranno sempre più mediate da interfacce conversazionali in cui il testo diventa il canale principale di interazione e le pagine Web un supporto secondario.
In questa visione, Dia non è un browser nel senso classico, ma appunto parte di un “Internet Computer”, terminale intelligente che interpreta, filtra, media e trasforma il Web grazie ad agenti AI.
Dia, con la sua architettura pensata per il futuro, rappresenta la sfida per definire il nuovo standard dell’esperienza online.
Se riuscirà nell’impresa, Dia non sarà solo un browser con intelligenza artificiale: sarà il primo ambiente operativo conversazionale per il Web.