Posta elettronica certificata: risparmi per 2,2 miliardi di euro

Uno studio firmato IDC fotografa lo stato della posta elettronica certificata (PEC) in Italia e i benefici che la sua adozione ha permesso di ottenere.

Secondo un’indagine commissionata a IDC dai tre principali fornitori del servizio di posta elettronica certificata (PEC) in Italia – Aruba, InfoCert e Trust Technologies – lo strumento oggi usato da oltre 11 milioni di soggetti giuridici e fisici (tante erano le caselle PEC attive nel 2019 in base agli ultimi dati diffusi da AgID) ha fatto complessivamente risparmiare 2,2 miliardi di euro nel periodo 2008 e il 2019; valore che cresce ulteriormente di 1,8 miliardi di euro considerando la proiezione 2020-2022.
L’anno scorso sono stati 2 miliardi e 380 milioni i messaggi PEC scambiati tra privati, professionisti, imprese e pubbliche amministrazioni.

Altri dati interessanti emergono dall’indagine elaborata da IDC: la PEC avrebbe permesso di ottenere un risparmio di 78.000 tonnellate di CO2 nel 2019 che saliranno a 120.000 tonnellate nel 2022.

Evitando spostamenti dal domicilio del cittadino o dalla sede del professionista per il raggiungimento dell’ufficio postale (al fine, ad esempio, di inviare raccomandate cartacee), la PEC ha fatto risparmiare 253 milioni di km nel 2019, destinati a diventare 391 milioni di km nel 2022.
Con la PEC si eliminano virtualmente i tempi di attesa fisica presso gli uffici postali, stimati in 2150 anni-uomo nel 2019 e destinati a diventare addirittura 3.234 nel 2022.

Ma secondo IDC la PEC non soltanto si sostituisce alla corrispondenza tradizionale ma un elevatissimo numero di messaggi PEC sono riconducibili alla creazione di nuovi servizi, nuove modalità d’uso e nuovi business.

La digitalizzazione delle comunicazioni formali tra cittadini, professionisti, imprese e pubblica amministrazione comporta un vantaggio economico diretto riconducibile al passaggio da un modello di costi legato al volume della corrispondenza cartacea a uno determinato da abbonamenti annuali senza limite di messaggi.

L’archiviazione digitale della corrispondenza ha consentito di liberare oltre 1,3 milioni di m2 di spazi di archiviazione nel 2019 – sia di giacenza che di conservazione – per arrivare a toccare, secondo le stime, 1,6 milioni di m2 nel 2022.

Un dato evidente, secondo Gabriele Sposato, Direttore Marketing di Aruba, è che nel 2019 i principali titolari di caselle PEC sono stati proprio i soggetti che non avevano l’obbligo legale di usarle, ossia i privati (per il 43%), seguiti dalle ditte individuali (25%), dalle aziende (25%) e dai liberi professionisti (7%): indice di come sia ormai superato l’utilizzo dello strumento relativo all’adempimento per obbligo.

Per il prossimo futuro sono già previste una serie di ulteriori evoluzioni della PEC. Nel 2021, ad esempio, nascerà la PEC Qualificata (“qualified e-delivery” a norma eIDAS, “Regolamento europeo per l’identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno”) che consentirà all’Italia di diventare la prima realtà europea, in termini di numeri e scambi, con una soluzione di e-delivery qualificato per cittadini, imprese e in generale qualsiasi realtà economica.

Per maggiori informazioni sullo studio IDC, è possibile fare riferimento a questa infografica.

IDC ha altresì messo in evidenza che affinché l’economia digitale possa sviluppare le sue potenzialità, il cosiddetto Digital Trust” dovrà diventare un requisito sempre più importante per ogni azienda.
Con la crescita delle attività digitali, entro il 2025 il 25% della spesa in sicurezza informatica sarà indirizzato allo sviluppo dei Trust Frameworks“, modelli concepiti per garantire e proteggere la fiducia tra le parti durante una transazione digitale.
A questo proposito, IDC osserva che i programmi di “Digital Trust” sono considerati essenziali dal 62,5% dei CEO delle imprese a livello globale.

Immagini pubblicate nell’articolo: fonte ricerca IDC.

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