Spotify inizia a indicare la musica generata dall'AI

Spotify introduce lo standard DDEX per dichiarare l'uso di AI nei brani, lancia un filtro anti-spam e vieta cloni vocali non autorizzati per tutelare artisti e utenti.
Spotify inizia a indicare la musica generata dall'AI

Spotify cambia policy per affrontare la crescente ondata di contenuti generati artificialmente e tutelare, al contempo, il valore dell’arte musicale. La piattaforma di streaming svedese, leader globale del settore, si fa promotrice di una strategia articolata che punta a bilanciare le opportunità offerte dall’intelligenza artificiale con la necessità di trasparenza e qualità.

Spotify adotta il DDEX

Un elemento chiave di questa trasformazione è l’adozione dello standard DDEX, che consente una categorizzazione molto più dettagliata dei contenuti musicali. Grazie a questa innovazione, sarà possibile distinguere in modo preciso il contributo dell’AI nella creazione di un brano: non più una semplice etichetta binaria tra musica generata e non generata, ma una vera e propria mappatura che chiarisce se una traccia è frutto di voci sintetiche, strumenti virtuali o semplici interventi di post-produzione.

Questa attenzione alla trasparenza viene sottolineata da Sam Duboff, responsabile globale di marketing e policy di Spotify, che evidenzia come l’obiettivo sia quello di superare le semplificazioni e garantire agli utenti informazioni puntuali e affidabili.

Sul fronte della tutela dell’identità artistica, la policy aggiornata di Spotify prende una posizione netta e inequivocabile contro i voice clones non autorizzati. Qualsiasi tentativo di pubblicare brani che imitano la voce di artisti senza il loro consenso verrà sanzionato con la rimozione immediata dalla piattaforma. Una misura che risponde alla crescente preoccupazione per il fenomeno dei deepfake vocali, destinato a diventare sempre più pervasivo nel prossimo futuro.

A rendere ancora più urgente questo intervento sono i dati diffusi da Deezer, secondo cui circa il 18% della musica caricata ogni giorno è interamente generata dall’AI. Questo scenario pone interrogativi cruciali sul ruolo delle piattaforme nel regolamentare l’accesso e la visibilità dei contenuti, e sulle responsabilità degli operatori del settore nell’assicurare un ecosistema equo e trasparente.

Non a caso, l’iniziativa di Spotify ha già trovato il supporto di 15 etichette e distributori che hanno scelto di adottare lo standard DDEX. Charlie Hellman, VP e Global Head of Music della piattaforma, ha sottolineato come la strategia persegua un doppio obiettivo: da un lato, bloccare chi cerca di sfruttare le lacune del sistema per diffondere contenuti ingannevoli; dall’altro, incoraggiare un uso responsabile e creativo dell’AI da parte degli artisti. Una posizione che mira a promuovere l’innovazione senza compromettere la credibilità e il valore dell’arte.

Lotta allo spam musicale

Ma la vera novità riguarda il music spam filter, un sistema di filtraggio avanzato che promette di bloccare in modo sistematico quei contenuti identificati come “spam musicale”. La saturazione del catalogo, causata da produzioni di massa a basso valore artistico, rappresenta una delle principali criticità per le piattaforme di streaming. Il nuovo filtro, che sarà operativo a partire dall’autunno, impedirà che tali contenuti vengano promossi dagli algoritmi di raccomandazione, offrendo agli utenti un’esperienza più autentica e selezionata. Si tratta di un passo cruciale nella lotta contro l’omologazione e il sovraccarico di materiale di scarsa qualità.

Ti consigliamo anche

Link copiato negli appunti