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Una nuova e inedita guerra dei brevetti scuote il panorama della tecnologia dedicata allo sport, portando alla ribalta una contesa che potrebbe cambiare per sempre il modo in cui gli appassionati di fitness interagiscono con i loro dispositivi. Il 30 settembre 2025, Strava ha avviato un’azione legale federale contro Garmin presso la Corte Distrettuale del Colorado, accusando il colosso della tecnologia indossabile di aver infranto brevetti fondamentali riguardanti le celebri funzionalità segments e heatmap. La richiesta non lascia spazio a compromessi: Strava pretende un’ingiunzione permanente che potrebbe mettere fuori gioco una vasta gamma di prodotti e servizi di Garmin, ridefinendo l’offerta tecnologica disponibile per milioni di utenti.
Garmin e i brevetti Strava
Al cuore della disputa legale si trovano due elementi chiave, ormai imprescindibili per gli sportivi di tutto il mondo: i segments, che consentono di confrontare le prestazioni su specifici tratti di percorso, e le heatmap, rappresentazioni grafiche che evidenziano le aree più percorse dagli utenti.
Secondo Strava, queste funzionalità sarebbero protette da brevetti registrati tra il 2011 e il 2016, mentre Garmin avrebbe sfruttato precedenti collaborazioni per integrare soluzioni simili nei propri dispositivi, andando oltre i limiti degli accordi formali.
La ricostruzione dei fatti offerta da Strava è dettagliata e supportata da una cronologia puntuale. Nel 2011 viene depositato il brevetto per i segments, con approvazione nel 2015. Già nel 2014, però, Garmin introduce una funzione analoga sul suo Edge 1000, segnando l’inizio di una collaborazione che l’anno successivo si concretizza nel Master Cooperation Agreement, accordo che consente l’integrazione dei Live Segments sui dispositivi Garmin. Tuttavia, secondo l’accusa, il colosso statunitense avrebbe varcato i confini fissati dall’intesa, sviluppando in autonomia tecnologie basate sulle invenzioni brevettate da Strava.
Per quanto riguarda le heatmap, la situazione si fa ancora più intricata. Strava richiama due brevetti depositati nel 2014 e nel 2016, approvati rispettivamente nel 2016 e nel 2017. Un dettaglio che potrebbe giocare a favore della difesa di Garmin è la presenza, già dal 2013, di una funzione di heatmap all’interno di Garmin Connect, la piattaforma che rappresenta il fulcro dell’ecosistema di servizi per l’utente. Questo elemento solleva interrogativi sulla prior art e sulla reale validità dei brevetti contestati.
La posizione di Strava è stata illustrata dal portavoce Brian Bell, che ha dichiarato a The Verge come Garmin avrebbe sfruttato l’accesso concesso per “studiare attentamente quelle funzionalità, copiarle e riproporle come funzioni Garmin”. La società afferma inoltre di aver tentato ripetutamente una risoluzione informale della disputa, prima di intraprendere la via giudiziaria.
Che succede ora ai dispositivi Garmin
La scelta di Strava di richiedere un’ingiunzione permanente indica chiaramente che l’azienda non si accontenta di un risarcimento economico, ma punta a un provvedimento che possa incidere in modo strutturale sull’offerta di Garmin. Se accolta, la richiesta influenzerebbe sia Garmin Connect che un ampio portafoglio di dispositivi indossabili e ciclocomputer, potenzialmente alterando l’esperienza quotidiana di milioni di sportivi.
Al momento, Garmin mantiene il silenzio stampa, lasciando aperte numerose opzioni difensive: dalla contestazione della validità dei brevetti, alla dimostrazione di uno sviluppo indipendente delle tecnologie, fino al possibile ricorso ai diritti derivanti dal Master Cooperation Agreement del 2015. Un elemento di forza per la difesa potrebbe essere proprio l’esistenza di funzionalità simili già implementate nei prodotti Garmin prima dell’approvazione dei brevetti di Strava.
Secondo gli esperti legali, casi di questo genere sono complessi e spesso destinati a protrarsi a lungo. La concessione di un’ingiunzione permanente implica che il giudice debba valutare non solo l’eventuale violazione, ma anche la gravità del danno non monetizzabile e il bilanciamento degli interessi in gioco. Per il mercato della tecnologia sportiva, limitare l’uso di funzioni popolari su dispositivi così diffusi potrebbe avere un impatto notevole sull’esperienza degli utenti e sull’evoluzione dell’intero settore.