Teorema di Pitagora e software: un legame forte

Il Teorema di Pitagora e le sue relazioni con il mondo del software, dell'intelligenza artificiale, dell'informatica in generale. E pensare che arriva da lontano, conosciuto anche dai babilonesi ben 4000 anni fa.
Teorema di Pitagora e software: un legame forte

Chiunque abbia studiato geometria, ricorda le basi e l’utilizzo del teorema di Pitagora. Vero e proprio pilastro della geometria classica, il teorema si estende ben oltre il suo contesto originario, trovando applicazioni significative nelle sfide più avanzate del mondo software. La sua semplicità maschera la sua versatilità, con influenze che permeano diversi ambiti, dai fondamenti della grafica computerizzata all’ottimizzazione dei modelli di machine learning.

Cos’è il teorema di Pitagora

Il teorema di Pitagora è un principio fondamentale della geometria euclidea, attribuito al matematico greco antico Pitagora. Fornisce una relazione tra i lati di un triangolo rettangolo, ossia un triangolo che ha un angolo retto (90 gradi). La formulazione matematica del teorema di Pitagora, com’è noto, è la seguente:

a2 + b2 = c2

Dove a e b sono i due cateti (i lati più corti) del triangolo rettangolo mentre c è l’ipotenusa (il lato più lungo, opposto all’angolo retto).

In altre parole, il quadrato della lunghezza dell’ipotenusa è uguale alla somma dei quadrati delle lunghezze dei due cateti. Il teorema può essere utilizzato per calcolare la lunghezza di un lato di un triangolo rettangolo quando si conoscono le lunghezze degli altri due lati.

Il teorema di Pitagora ha ampie applicazioni in geometria, trigonometria e fisica. È utilizzato anche in molte discipline scientifiche e ingegneristiche per risolvere problemi relativi a misure di distanza, angoli e calcoli spaziali. La sua importanza si estende anche al mondo dell’informatica, dove può essere impiegato in algoritmi e applicazioni che coinvolgono calcoli geometrici.

La relazione tra teorema di Pitagora e software

Nell’ambito della grafica computerizzata, come accennato in apertura, il teorema di Pitagora è un alleato prezioso. Calcolare distanze in uno spazio tridimensionale, essenziale nella simulazione di ambienti virtuali o nella visualizzazione 3D, diventa un processo agevolato dalla sua applicazione.

Ancora, nelle applicazioni di visione artificiale, il teorema di Pitagora si inserisce nella determinazione della profondità e nella ricostruzione di scene tridimensionali da immagini bidimensionali. La sua utilità si estende oltre la sua forma puramente geometrica, contribuendo a definire spazi e posizioni.

Le applicazioni di localizzazione, come i sistemi di navigazione GPS e la robotica, usano il teorema nella determinazione delle coordinate spaziali e nello stabilire le distanze: è essenziale in tutti quei sistemi che richiedono una comprensione precisa della posizione.

Nelle simulazioni fisiche, come nei giochi o nei simulatori, il teorema permette di calcolare distanze e gestire il movimento nello spazio virtuale. La sua applicazione è cruciale per determinare collisioni realistiche e comportamenti dinamici.

In contesti ingegneristici e scientifici, il teorema emerge nella discretizzazione degli spazi, supportando la risoluzione di equazioni differenziali parziali e altri metodi numerici. La sua presenza nelle fondamenta dell’analisi numerica è un evidente riflesso della sua universalità.

Legami anche con le applicazioni di intelligenza artificiale

Oggi che il termine intelligenza artificiale è sempre più sulla bocca di tutti, scopriamo che il teorema di Pitagora si inserisce nei calcoli dei gradienti, elementi essenziali per l’aggiornamento dei parametri dei modelli generativi. La sua partecipazione all’ottimizzazione dei modelli ne sottolinea l’importanza anche nei contesti più avanzati dell’intelligenza artificiale.

Nei contesti delle reti neurali convoluzionali e dell’elaborazione di immagini, il teorema influisce in maniera significativa. Le reti neurali convoluzionali (CNN) sono una classe di reti neurali ampiamente utilizzate per il riconoscimento di pattern nelle immagini. La convoluzione è un’operazione chiave che coinvolge l’applicazione di filtri sulle diverse regioni di un’immagine per estrarre caratteristiche significative. Il teorema di Pitagora può entrare in gioco quando si progetta la struttura di queste reti, in particolare per determinare le dimensioni dei filtri e la disposizione degli strati convoluzionali.

Se si desiderano estrarre informazioni su un’area rettangolare di un’immagine, le dimensioni del filtro potrebbero essere scelte in modo che la somma dei quadrati delle sue dimensioni sia proporzionale all’informazione rilevante nell’area presa in considerazione.

Gli strati convoluzionali imparano automaticamente a riconoscere pattern e caratteristiche gerarchiche dalle immagini, rendendo le CNN particolarmente efficaci nel trattare dati visivi.

Il teorema di Pitagora può quindi fornire linee guida sulla progettazione delle dimensioni dei filtri e degli strati convoluzionali nelle CNN, contribuendo a definire la capacità della rete di estrarre informazioni rilevanti dalle immagini di input. Si tratta di aspetti essenziali quando si imposta un modello di apprendimento automatico.

Il teorema di Pitagora era noto almeno 1.000 anni prima della nascita… di Pitagora

Il teorema di Pitagora è tradizionalmente attribuito al matematico greco Pitagora, che visse nel VI secolo a.C. Tuttavia, non esiste un consenso unanime tra gli storici riguardo alla datazione precisa della dimostrazione del teorema. La storia è spesso intrecciata con leggende e aneddoti, e le informazioni dettagliate sulla vita di Pitagora sono limitate.

Davvero affascinante e illuminante è la dettagliata analisi pubblicata a firma di Bruce Ratner, una vera e propria autorità nel campo della modellazione, dell’analisi statistica e del data mining, nella business intelligence e in generale nel settore della tecnologia dell’informazione.

Le molteplici dimostrazioni del teorema

Ratner ricorda che sono ad oggi note ben 371 dimostrazioni del teorema di Pitagora, originariamente raccolte e inserite in un libro del 1927, che include anche quelle di un giovane Albert Einstein di 12 anni e, ad esempio, di Leonardo da Vinci. A redigere il testo (“The Pythagorean Proposition“) fu Elisha Scott Loomis, eccentrico insegnante di matematica dell’Ohio, che dedicò la sua vita a collezionare tutte le dimostrazioni conosciute del teorema di Pitagora.

Einstein propose una nuova “prova” del teorema basata sulle proprietà dei triangoli simili. Anche se molti utilizzano argomenti di similarità per dimostrare il teorema, l’approccio di Einstein è noto per la sua eleganza e semplicità. Lo stesso scienziato applicò il teorema nella sua teoria della relatività: nella Teoria della Relatività Speciale (1905), l’equazione metrica di Einstein è essenzialmente il teorema di Pitagora applicato alle tre coordinate spaziali. Nella Teoria della Relatività Generale (1915), Einstein estende il concetto, suggerendo che lo spazio tridimensionale sia approssimativamente sferico, e le proprietà geometriche dello spazio determinate dalla materia.

Teorema conosciuto e utilizzato dai babilonesi addirittura 4000 anni fa

Ratner cita le prove secondo le quali il teorema era già noto oltre 1.000 anni prima della nascita di Pitagora, dimostrato da un gruppo di matematici babilonesi. La Babilonia era situata in una regione conosciuta come la Mesopotamia (dal greco “tra i fiumi”, tra Tigri ed Eufrate). La Mesopotamia occupava approssimativamente la stessa posizione geografica dell’attuale Iraq. Quest’area, circa 4000 anni fa, fu sede di una delle più grandi civiltà dell’antichità.

La popolazione babilonese dell’epoca eccelleva, nelle arti, nella letteratura ed era particolarmente attenta agli eventi astronomici. Tra le tantissime tavolette di argilla rinvenute nel corso di decenni ve n’è una, identificata come ‘YBC 7289‘ che ha letteralmente fatto sobbalzare molti studiosi. Risalente al 1900 a.C., mostra un quadrato inclinato con le sue due diagonali e alcuni segni incisi lungo un lato e sotto la diagonale orizzontale. I segni risultano essere numeri scritti nel sistema di numerazione babilonese in base 60.

L’incredibile contenuto di una tavoletta di argilla risalente al 1900 a.C.

La traduzione del contenuto della tavoletta in questione, a cura di Dennis Ramsey, ha messo in evidenza il seguente problema, ivi annotato quasi 4000 anni fa: “4 è la lunghezza e 5 è la diagonale. Qual è la larghezza? Non si conosce la sua grandezza. 4 volte 4 è 16. E 5 volte 5 è 25. Sottraendo 16 da 25 rimane 9. Quanto devo moltiplicare per ottenere 9? 3 volte 3 fa 9. 3 è la larghezza“.

Il contenuto della tavoletta dimostra che i Babilonesi conoscevano la relazione tra la lunghezza della diagonale di un quadrato e il suo lato: d = sqrt(2) ovvero la radice quadrata di due. Questo implica che avevano familiarità con il teorema di Pitagora, o almeno con il suo caso speciale per il calcolo della diagonale di un quadrato: d2 = a2 + a2 = 2a2, più di mille anni prima che il teorema fosse associato a Pitagora. La radice quadrata di 2, nota come costante di Pitagora, è il numero reale positivo che, moltiplicato per se stesso, dà il numero 2.

Oggi il teorema di Pitagora è considerato come un’equazione algebrica ma in origine, anche per lo stesso Pitagora, era una affermazione geometrica riguardante le aree. La sua formulazione algebrica più familiare si è sviluppata solo intorno al 1600 d.C., con la crescita dell’algebra moderna.

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