Multicast: cosa sono le connessioni che migliorano lo streaming video

Come il Multicast migliora la qualità delle trasmissioni in streaming live: le differenze rispetto a Unicast e l'utilizzo di ABR, Adaptive Bitrate Streaming.
Multicast: cosa sono le connessioni che migliorano lo streaming video

Il concetto di IPTV (Internet Protocol Television) esiste da tempo ma è nel corso degli ultimi anni che le principali piattaforme di streaming video hanno fatto registrare una vera e propria esplosione con una domanda in termini di banda di rete continuamente crescente sia lato utente finale che in termini di traffico dati sulla rete Internet.
Le trasmissioni IPTV utilizzano la suite di protocolli TCP/IP per trasferire il flusso video dalla sorgente (il soggetto che offre un contenuto e lo mette a disposizione) fino all’utente finale, sia esso un abbonato pagante o un fruitore di un servizio gratuito.

Storicamente si è sempre parlato di trasferimenti video in modalità Unicast: ciò significa che tra il server di chi fornisce il contenuto e il fruitore dello stesso vi è un rapporto 1:1. Ogni dispositivo client stabilisce un collegamento univoco con il server remoto in modo da richiedere e ottenere uno specifico contenuto. Se il trasferimento di un contenuto FullHD 1080p richiede fino a 5 Mbps di banda, ciascun utente collegato in Unicast con il server del soggetto che offre il contenuto in streaming impegnerebbe fino a 5 Mbps: tale valore va moltiplicato per il numero di utenti contemporaneamente collegati proprio perché con Unicast i pacchetti dati e quindi i frammenti del file che compongono lo streaming vengono inviati separatamente usando un canale “ad hoc” per ciascun client connesso.

La soluzione Unicast non crea problemi nel momento in cui l’operatore che fornisce il servizio in streaming dispone di sufficiente capacità di rete e i contenuti sono richiesti on-demand dai singoli utenti.
I problemi spesso lamentati dagli utenti durante la fruizione di contenuti live hanno ripetutamente confermato come l’approccio Unicast non sia adatto a gestire tali situazioni.

Le classiche “pay tv” basate sul digitale terrestre o sul satellite utilizzano sistemi ormai rodati per trasferire il flusso multimediale. Lo streaming live IPTV presuppone l’utilizzo di una serie di accorgimenti per ottimizzare il trasferimento del flusso a più livelli, sia da parte di chi trasmette che di chi distribuisce e riceve i pacchetti dati.

Per migliorare lo streaming online si è quindi lavorato a più livelli, ad esempio sui seguenti aspetti:

– Miglioramento delle capacità di rete del fornitore dei contenuti.

– Utilizzo di CDN (Content Delivery Network) per servire i contenuti più vicino alla posizione fisica del client. Abbiamo visto il grande successo ottenuto con gli eventi live trasmessi su Prime Video grazie all’utilizzo della piattaforma Amazon che può scalare in modo elastico e in tempo reale a seconda della domanda da parte dei client collegati fornendo i dati in streaming da sistemi posti fisicamente il più vicino possibile agli utenti.

– Utilizzo di soluzioni ABR (Adaptive Bitrate Streaming) per regolare automaticamente i parametri tecnici del flusso audio e video in base alla banda effettivamente disponibile in ogni momento e alle condizioni della rete.

– Adozione di standard di compressione video più evoluti che consentano di abbassare il bitrate migliorando allo stesso tempo la qualità del flusso. Abbiamo visto, ad esempio, le differenze tra HEVC o H.265 e H.264 con AV1 sullo sfondo.

Cos’è Multicast e perché aiuta a risolvere i problemi con lo streaming live

La soluzione Multicast consente di creare una relazione uno-a-molti tra il server che eroga il contenuto e tanti client remoti in ascolto.
Diversamente da ciò che accade con Unicast, l’approccio Multicast permette di veicolare un unico flusso che è condiviso tra più client contemporaneamente collegati.

La banda di rete occupata e il traffico generato in rete in Multicast diviene indipendente rispetto al numero di client connessi: il traffico dati prodottosi in seguito alla distribuzione del segnale video in streaming è sempre lo stesso.

Non solo. La latenza del segnale video si abbassa significativamente con Multicast.
Supponiamo che due utenti vicini di casa stiano guardando lo stesso evento sportivo: uno utilizza il satellite o il digitale terrestre mentre l’altro ha scelto lo streaming live via Internet.
Il secondo spettatore potrebbe verosimilmente sentire il vicino esultare per il gol della squadra del cuore quando la stessa azione apparirà con un ritardo di circa 20-30 secondi sul dispositivo in streaming live.
Grazie al Multicast la latenza può abbassarsi a meno di 2 secondi rendendo la trasmissione video davvero molto più “live”.

IGMP (Internet Group Management Protocol) è il protocollo che viene utilizzato per gestire la partecipazione ai gruppi Multicast: è utilizzato dai client, dagli switch e dai router che compongono la rete.
Proprio grazie a IGMP un client può ad esempio richiedere di partecipare a un gruppo Multicast composto da altri host che hanno chiesto di ricevere uno specifico flusso multimediale. I messaggi IGMP sono utilizzati anche dai router al fine di controllare l’effettiva presenza dei vari client in ciascun gruppo e continuare a trasmettere il flusso o meno.
Accanto a IGMP viene utilizzato anche il protocollo PIM (Protocol Independent Multicast) che si occupa di scegliere il percorso migliore in rete per scambiare il flusso multimediale tra server e client.

L’attivazione di Multicast non è banale e per ottenere i migliori risultati possibili è necessario che questa modalità di distribuzione dei contenuti e, soprattutto, dei protocolli che sono alla base del suo funzionamento sia supportata non solo a livello di core network dell’operatore e di edge (questi ultimi sono sistemi che ottimizzano la distribuzione dei contenuti facendo da interfaccia tra la rete del gestore del servizio di streaming online e la rete dell’operatore prescelto dall’abbonato; fanno spesso anche edge caching ovvero essendo posizionati fisicamente agli utenti finali riducono il carico di lavoro sui server principali spostando i contenuti su macchine il più possibile vicine agli utenti fruitori del servizio) ma anche sui vari client indipendentemente dalla loro tipologia e dal fattore di forma.

Oggi sappiamo che TIM supporta direttamente Multicast sui suoi router e set-top box ma che lo abilita anche su apparati di terze parti come i router FRITZ!Box di AVM. L’obiettivo è chiaro: con Multicast si cerca di migliorare l’esperienza dell’utente finale (qualità video migliore, azzeramento del buffering) sgravando il carico di lavoro per il fornitore del servizio di streaming (si pensi a DAZN) e, allo stesso tempo, decongestionando la rete.

Sappiamo infatti che con il termine buffering viene impropriamente definita la classica “rotella che gira” che può apparire durante una trasmissione in streaming.
In realtà qualunque dispositivo, compatibilmente con le indicazioni contenute a livello software, effettuare il buffering: si “avvantaggia” scaricando delle informazioni dalla sorgente (si tratta di frammenti del file che compongono il flusso video in streaming) e le carica via via cercando di sopperire a eventuali problematiche manifestatesi. Se per qualche motivo l’arrivo dei pacchetti dati si interrompe o non fluisce allo stesso ritmo con cui il video viene riprodotto sul dispositivo, ecco che si presenza l’agghiacciante rotella girevole.
Il Multicast permette di superare queste situazioni perché gli operatori coinvolti nella trasmissione e nella distribuzione dello streaming live conoscono già a priori il volume del traffico dati che viene generato e ciò, come detto in precedenza, indipendentemente dal numero di client connessi. Con Multicast non possono quindi verificarsi quei “picchi” nell’utilizzo della banda di rete che tipicamente portano a problemi nella consegna dei pacchetti dati a ogni singolo client (come avviene invece in Unicast).

Multicast ABR: cos’è e come funziona

Accedendo al pannello di amministrazione dei router TIM capita di imbattersi nella voce MABR alla quale viene fatta corrispondere l’icona di un piccolo led verde acceso.

La lettera “M” sta appunto per Multicast mentre ABR è acronimo di Adaptive Bitrate Streaming, come abbiamo visto in precedenza.
Utilizzando il meccanismo ABR, il fornitore del servizio di streaming video invia contestualmente in rete più “profili” codificati a vari bitrate: a seconda della compatibilità del client e dello stato della rete viene scelto il profilo migliore per lo specifico caso. In caso di situazioni di congestione o comunque quando la banda disponibile scende, vengono dinamicamente attivati i profili più conservativi (la qualità del flusso multimediale sarà inferiore ma lo streaming risulterà più stabile scongiurando il fenomeno della “rotella che gira”).

Il Multicast ABR, adottato da TIM sui suoi dispositivi e attivabile anche su router compatibili di terze parti, combina i vantaggi di ABR con quelli della trasmissione multimediale in Multicast.

Altri operatori si stanno attrezzando per supportare Multicast e ottimizzare la fruizione degli eventi sportivi in streaming live. Analizzando la documentazione per attivare Multicast sui router di terze parti sappiamo che TIM prevede la creazione di una seconda connessione IPoE (IP statico) con i seguenti parametri:

  • PROTOCOLLO: IPoE (Static IP)
  • IP ADDRESS: 10.10.10.2
  • IP SUBNET: 255.255.255.252
  • VLAN: 8/36
  • IGMP Proxy v2: abilitato, con forcing impiego IGMPv2
  • Routing: traffico multicast
  • Interfaccia LAN: IGMP snooping abilitato

Il router deve quindi supportare PVC/VLAN multiple in modo da impostare la connessione principale per l’accesso a Internet (VLAN 8/35) e quella accessoria per IPTV (VLAN 8/36).
Nota di colore: il PVC indicato è lo stesso che utilizzava Telecom Italia ai tempi della storica Alice Home TV.

In ogni caso, nella catena di ricezione dello streaming è necessario un dispositivo che supporti correttamente Multicast e si occupi poi di trasformare il flusso dati in Unicast per renderlo poi comprensibile e gestibile, senza effettuare modifiche, ai dispositivi a valle. In generale quest’operazione di conversione può essere effettuata da router e in generali dai dispositivi che l’operatore di telecomunicazioni fornisce all’abbonato (CPE, Customer Premise Equipment), da set-top box, da applicazioni installate su smart TV, smartphone o altri device.

In un altro articolo abbiamo visto come riprodurre contenuti 4K UHD su Netflix.

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