I DNS italiani non conoscono più Popcorn Time

Ormai più di un anno fa avevamo definito il software Popcorn Time come l'incubo dei produttori e dei distributori di pellicole cinematografiche.

Ormai più di un anno fa avevamo definito il software Popcorn Time come l’incubo dei produttori e dei distributori di pellicole cinematografiche. Sì perché Popcorn Time rende estremamente semplice accedere ad una ricca videoteca, composta anche dai titoli appena usciti su DVD o proiettati nei cinema di recente, senza versare un euro.
Per effettuare lo streaming dei contenuti video (film completi, anche con i sottotitoli), Popcorn Time si appoggia alla rete BitTorrent: ciò significa che i contenuti condivisi illegalmente non soltanto vengono scaricati ma sono anche redistribuiti ad altri utenti.

Lo avevamo spiegato nell’articolo Popcorn Time, nuovo incubo dei produttori cinematografici riportando in calce un’analisi dell’avvocato Tiziano Solignani.

Usare Popcorn Time, semplicemente, non è legale. Gli utenti di Popcorn Time, infatti, spesso inconsapevolmente, effettuano il cosiddetto seeding ossia diventano corresponsabili della diffusione di materiale piratato (maggiori informazioni in questi nostri articoli).
Nonostante questo aspetto sia chiarito sui siti che distribuiscono le varie versioni di Popcorn Time, l’informazione non viene generalmente fatta propria da una larga fetta dell’utenza.

I DNS italiani non conoscono più Popcorn Time

La procura di Genova dispone il blocco dei siti usati per diffondere Popcorn Time

L’avvocato Fulvio Sarzana, con una lunga nota pubblicata sul suo blog, spiega che la Procura di Genova ha disposto di bloccare l’accesso ad alcuni dei più noti domini utilizzati per la distribuzione del software client Popcorn Time.

Nonostante i contenuti non siano distribuiti attraverso i siti web che offrono il download di Popcorn Time (viene sempre utilizzata la rete BitTorrent), la Procura ha comunque ritenuto opportuno dover procedere a tutela dei diritti degli interessati.

Va detto, per inciso, che provvedimenti di questo tipo lasciano ampio spazio di manovra a coloro che in barba a qualunque restrizione decidono di continuare a servirsi di Popcorn Time e simili. Chi utilizza DNS stranieri (anche semplicemente quelli di Google o di OpenDNS) continuerà ad accedere ai domini oggetto di provvedimento restrittivo a livello italiano. Per non parlare di chi è già utente Popcorn Time (il software continuerà a collegarsi normalmente alla rete BitTorrent).

Popcorn Time sotto assedio anche all’estero

Negli Stati Uniti, comunque, si è cominciato a valutare se Popcorn Time non debba essere ritenuto corresponsabile dell’illecito (si parla, di nuovo, del ruolo del cosiddetto “intermediario della comunicazione”) mentre in Danimarca gli amministratori di due siti sono stati arrestati solo per il fatto di aver pubblicato una guida pratica sull’utilizzo di quello che è stato da molti ribattezzato come il “Netflix dei pirati“.

Sarzana ricorda che c’è chi la pensa in modo diverso: la Corte distrettuale di Tel Aviv (Israele) ha ad esempio rifiutato, lo scorso 1° luglio, di omologare “l’accordo intercorso tra i provider Internet israeliani e le associazioni per la tutela del copyright“. Secondo i togati dell’altro versante del Mediterraneo, “il blocco dei portali da cui poter scaricare il software e quello dei siti che ne permettono lo scambio gratuito, potrebbe violare i principi di libertà d’espressione e di diritto alla libera circolazione delle informazioni“. Sempre seconto la Corte di Tel Aviv un ordine restrittivo, emesso “senza aver dato la possibilità al soggetto interessato di difendersi, costituirebbe una violazione dei diritti di difesa e renderebbe i provider arbitri di ciò che può essere visionato dai singoli utenti sulla Rete“.

Un gruppo norvegese attivo nella lotta contro la pirateria ha addirittura fatto presente pubblicamente che in autunno 75.000 utenti di Popcorn Time “si vedranno recapitare una sorpresina nella casella di posta elettronica“. Le minacciose dichiarazioni arrivano dalla Rettighets Alliansen norvegese che ha aggiunto come su una popolazione complessiva di 5,1 milioni di persone (riferita al Paese scandinavo), circa 750.000 persone ottengano video protetti dalle disposizioni sul copyright in maniera illecita.
Un terzo di loro, circa 250.000, farebbe regolarmente uso di Popcorn Time. Rettighets Alliansen si è dichiarata in possesso di un database di 50-75.000 utenti Popcorn Time che, stando a quanto dichiarato, potrebbero essere oggetto di un’azione legale.

È colpa di Hollywood se siamo così popolari

Gli sviluppatori di Popcorn Time, da parte loro, hanno dichiarato che è colpa dei produttori cinematografici se la loro creatura sta divenendo così popolare a livello planetario.
L’offerta legale di film in streaming sarebbe ancora inadeguata alle aspettative degli utenti finali, sia per quanto riguarda i contenuti proposti sia per le condizioni economiche fissate.

Secondo la tesi di Popcorn Time, gli utenti sono davvero disposti a versare un canone di abbonamento ma non lo fanno perché i servizi legali hanno troppe restrizioni. Perché un utente europeo è spesso obbligato ad attendere mesi se non anni affinché un film statunitense venga proposto anche nel suo Paese? Perché i cataloghi sono spesso ridottissimi? Perché i canoni di abbonamento spesso non sono adeguati all’offerta? I provvedimenti restrittivi, inoltre, contribuirebbero solamente a far pubblicità a Popcorn Time.

Alla vigilia dello sbarco di Netflix in Italia (Netflix in Italia ad ottobre: tutti i dettagli), con gli attuali servizi di streaming video che fanno grande fatica ad affermarsi, la polemica attorno a Popcorn Time è destinata a non placarsi.

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