Antivirus su smartphone: è davvero necessario?

L'antivirus su smartphone serve davvero? È necessario? Da qualche tempo a questa parte la risposta sta divenendo affermativa, soprattutto su Android.

L’antivirus su smartphone serve davvero? È necessario? Da qualche tempo a questa parte la risposta sta divenendo affermativa, soprattutto su Android. Se, una volta, il cellulare era un dispositivo largamente isolato dal resto del mondo, i moderni smartphone sono diventati strumenti indispensabili sul lavoro con capacità di calcolo paragonabili a quelle di un mini-computer e sempre più integrati nell’infrastruttura di rete aziendale o casalinga.
Un “tap” e si attiva la connettività Wi-Fi o la connessione dati con la possibilità di comunicare e ricevere dati e di installare ogni genere di applicazione.

I malware in ambito “mobile”, fino a qualche tempo fa, erano pochi e poco diffusi. Basti pensare, come ricorda Fortinet che proprio oggi ricorrono dieci anni dalla comparsa, sulla scena internazionale, del primo virus capace di bersagliare i dispositivi mobili. Pensato per infettare gli allora popolarissimi Nokia serie 60, il worm “Cabir” – questo il suo nome – cercava di prendere piede utilizzando connessioni Bluetooth.

L’era del “malware industriale” sul segmento mobile si può affermare, con buona approssimazione, che sia iniziata solamente nel 2010. Zitmo è stato il primo malware per i dispositivi mobili che è stato fatto derivare da una minaccia ampiamente conosciuta sui personal computer ossia il noto trojan ZeuS. Anche Zitmo veniva usato per rastrellare i dati d’accesso ai conti correnti bancari online.

A partire dal 2011 si sono poi fatti sempre più intensi gli attacchi nei confronti dei possessori di dispositivi a cuore Android. Diversamente rispetto ad Apple che ha voluto chiudere completamente il suo sistema operativo iOS (tutte le applicazioni presente nello store della Mela devono essere esplicitamente approvate dai tecnici della società di Cupertino), nel caso di Android le app non sono oggetto di un processo di pre-autorizzazione.
Se sui device di Apple, quindi, le applicazioni (fatta eccezione per quelle scaricate da Cydia o da altri negozi alternativi nel caso dei dispositivi sottoposti a jailbreak) sono tutte verificare, una per una, Google ha preferito optare per un approccio più aperto che ha sicuramente dei vantaggi ma che porta con sé anche dei rischi.
Google ha introdotto un meccanismo di scansione antimalware per ciascuna app pubblicata su Play (si chiama Bouncer) che però non è in grado di riconoscere automaticamente tutte le possibili minacce (per sapere tutto sul Bouncer di Google, vi suggeriamo la lettura degli articoli seguenti: “Bouncer” va a caccia di malware sull’Android Market; Android: ricercatori superano i controlli di Google su Play).

Fortinet, che ha appena pubblicato uno studio aggiornato, avrebbe rilevato – nel corso del 2013 – ben 400.000 applicazioni Android malevoli tracciando più di 300 nuove famiglie di malware e riconoscendo oltre 1.300 nuove app dannose ogni giorno.

L’installazione di un’app antimalware su Android sta quindi diventando un passaggio sempre più obbligato (nei prossimi giorni troverete diverse recensioni in proposito su IlSoftware.it) anche nell’ottica di proteggersi da quelle applicazioni che richiedono troppi permessi e che, molto probabilmente, rappresentano quanto meno una minaccia per la privacy dell’utente.

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