Telegram contro Apple: la Mela intralcia le applicazioni web

Secondo l'ideatore dell'app di messaggistica Telegram, il motore di rendering WebKit non supporterebbe tante funzionalità di uso comune nelle applicazioni Web per obbligare gli utenti a rimanere entro i confini dell'App Store.

Il fondatore di Telegram, Pavel Durov, non ha peli sulla lingua. Tante volte ha criticato la concorrenza Facebook-WhatsApp osservando tra l’altro come l’app di messaggistica più usata al mondo sia completamente chiusa e anzi le attività di reverse engineering siano rese difficoltose con un diffuso offuscamento del codice.
Viceversa Telegram è open source e permette di creare versioni riproducibili partendo dal codice sorgente.
Va detto però che il sorgente è effettivamente aperto soltanto per quanto riguarda la parte client mentre il funzionamento del sistema lato server resta segreto.

Questa volta Durov se la prende con Apple accusando platealmente la società di Cupertino di costringere gli utenti iOS a utilizzare le versioni native delle applicazioni che vengono pubblicate nell’App Store.
Secondo la tesi del fondatore di Telegram, la Mela ostacolerebbe l’utilizzo delle applicazioni Web attraverso il browser evitando di abbracciare standard che sono ormai universalmente accettati e utilizzati.

Apple non permette agli sviluppatori di browser l’utilizzo di motori di rendering alternativi rispetto a WebKit: su iOS, quindi, tutti i software per navigare sul Web sono costretti a utilizzare il motore WebKit, incluso Firefox che su tutte le altre piattaforme ha sempre utilizzato il sistema di rendering delle pagine chiamato Gecko prima e Quantum poi.

Durov racconta che Telegram stesso risente delle limitazioni imposte da Apple: le regole imposte dall’azienda guidata da Tim Cook non consentono a Telegram, ad esempio, di supportare i canali pubblici senza restrizioni. Così gli sviluppatori di Telegram hanno realizzato un’applicazione Web con l’obiettivo di scavalcare le linee guida Apple: questa però non funziona bene a causa di alcuni aspetti critici relativi a WebKit presenti da 15 anni e che Apple, secondo Durov, avrebbe preferito ignorare.

Le applicazioni Web sono oggi in grado di offrire un'”esperienza ricca”, in linea con quella garantita dalle varie app: una dimostrazione sono le app PWA alle quali stanno guardando con grande interesse sia Google che Microsoft. Le app PWA si installano da browser e appaiono a livello di sistema operativo che se fossero native.

Il numero uno di Telegram osserva che le applicazioni Web possono usare le notifiche, gestire adesivi video in formato WebM, riprodurre audio in formato Opus e altro ancora. Tuttavia, nessuna di queste funzionalità è supportata da iOS con il motore di rendering WebKit. Durov critica anche il caricamento approssimativo di alcune pagine Web da parte di WebKit e la gestione imperfetta del menu contestuale.

Le funzionalità menzionate sono state implementate da tempo nelle versioni desktop di Chrome, Edge, Firefox, Chromium e browser derivati. Vedendo le carenze di WebKit su iOS la conclusione a cui è giunto Durov è che Apple si rifiuta di correggere questi problemi.
Apple non ha davvero ingegneri e sviluppatori in grado di introdurre la riproduzione di un formato video comune come WebM? Certo che sì, e viste le risorse a disposizione, secondo Telegram siamo di fronte a una mancanza di volontà da parte dell’azienda di Cupertino.

In Europa Apple è al centro di una verifica formale rispetto alle modalità con cui l’azienda gestisce l’App Store e in particolare le commissioni applicate per la vendita delle applicazioni a pagamento. Secondo Durov il fatto che Apple concentri il suo interesse sulle app piuttosto che sulla risoluzione dei problemi di compatibilità in WebKit avrebbe quindi una motivazione spiccatamente economica, legata con l’incasso delle commissioni derivanti dalla vendita delle app di terze parti sull’App Store.

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