L’annuncio di Microsoft riguardo alla futura trasformazione di Windows in un “agentic OS” — un ambiente capace di prendere iniziative autonome e automatizzare flussi di lavoro complessi — ha generato più irritazione che entusiasmo. Una parte significativa degli utenti e degli sviluppatori percepisce che Redmond stia cercando di costruire il Windows del 2030 senza aver risolto i problemi del Windows del 2021.
Tutto è iniziato con un recente intervento pubblico di Pavan Davuluri, responsabile della divisione Microsoft Windows, che anticipava qualche informazione sul futuro di Windows 11 e in generale della piattaforma. Le critiche non hanno tardato ad arrivare: utenti normali e professionisti hanno lamentato prestazioni altalenanti, UI frammentata, incoerenze nelle finestre di dialogo, impostazioni duplicate, percorsi che cambiano da release a release, tool di sistema non aggiornati da anni, politiche percepite come ostili agli sviluppatori e un’attenzione eccessiva sull’AI rispetto alla qualità dell’esperienza base. A questo si aggiunge il timore che la direzione “agentic” significhi un sistema sempre più autonoma, ma non necessariamente più controllabile.
Una risposta che smorza, ma non chiarisce
Dopo l’ondata di critiche che si è abbattuta su Davuluri e su Microsoft, una risposta da parte dell’azienda di Redmond era in qualche modo attesa. È lo stesso manager Microsoft a fornire un riscontro: Davuluri riconosce le tesi espresse nell’enorme mole di feedback arrivati in questi giorni e spiega che Microsoft bilancia ciò che emerge dai confronti interni con ciò che arriva direttamente dalla community. Una posizione formale, quasi istituzionale, che comunica apertura… senza però entrare nel merito delle questioni centrali.
Il fatto è che la risposta non affronta nessuno dei temi sollevatisi durante l’ondata di malcontento. E non c’è nessun riferimento, ad esempio, ai consigli arrivati dall’ex ingegnere Microsoft Dave Plummer che auspica una Modalità Professionale per Windows 11 e sistemi successivi.
Eppure, la risposta di Davuluri è diretta a un’altra figura ex Microsoft, Gergely Orosz, che in passato ha contribuito allo sviluppo di Skype per Xbox One e Skype Web. Orosz aveva criticato aspramente il modus operandi di Redmond concentrandosi sul rapporto con gli sviluppatori:
Non vedo alcun motivo per cui gli ingegneri software dovrebbero scegliere Windows, vista la strana direzione che stanno prendendo. È così strano perché Microsoft ha gli strumenti di sviluppo nel suo DNA… (…) Mac o Linux sono per gli sviluppatori. — Gergely Orosz
Il tasto dello sviluppo software ha fatto smuovere Microsoft
Le critiche che giungono dagli sviluppatori rappresentano un segnale di allarme per Microsoft, molto più serio delle lamentele generiche degli utenti.
In qualunque piattaforma — Windows, Android, iOS, Linux — gli sviluppatori determinano il valore dell’ecosistema. Se sono scontenti portano altrove i loro progetti, smettono di supportare Windows con app native, si affidano a tecnologie multipiattaforma che riducono la centralità di Windows, iniziano a esprimere pubblicamente sfiducia. Ciò rappresenta una minaccia diretta alla rilevanza di Windows.
Quando uno sviluppatore di alto profilo come Orosz (con una community molto ampia e autorevole) critica apertamente Microsoft, il rischio di “effetto valanga” è concreto. Orosz ha lavorato in grandi aziende tecnologiche come Uber, Skyscanner, Skype/Microsoft e JP Morgan, dove ha ricoperto ruoli di sviluppatore, ingegnere senior e manager di team tecnici, occupandosi di progetti su larga scala che hanno coinvolto milioni di utenti.
Ecco perché Davuluri si è affrettato a fornire una risposta, classificandola come “cumulativa”.
Un’occasione mancata per rispondere in modo organico
La replica di Davuluri appare come un’occasione mancata per rispondere in modo organico alle critiche sulla coerenza dell’interfaccia, sulle performance e sull’esperienza di sviluppo.
Non contiene alcun riferimento alle reali performance del sistema, né ai “passi indietro” percepiti dagli utenti. Non fa menzione alle critiche sulla frammentazione dell’interfaccia, dove convivono pannelli moderni, dialoghi Win32 degli anni ’90 e flussi incoerenti.
Il manager Microsoft non si impegna ad eliminare i software superflui e i processi in background non controllabili dagli utenti. Nessun cenno alla crescente preoccupazione sulla dipendenza dai servizi cloud e sulle integrazioni Copilot anche in contesti dove non sono richieste.
Il post di Davuluri non contiene, inoltre, alcuna risposta dettagliata ai timori degli sviluppatori, che lamentano tool non aggiornati, cicli di sviluppo poco trasparenti e cambiamenti arbitrari che rompono la compatibilità.
La frase “abbiamo del lavoro da fare sull’esperienza” rimane davvero un’esternazione un po’ troppo generica generica per rassicurare chi teme che l’“agentic Windows” rischi di diventare un’altra ondata di funzionalità orientate al marketing più che all’usabilità.