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Il panorama tecnologico globale sta attraversando una fase di profonda trasformazione, dove l’Intelligenza Artificiale si sta progressivamente affermando come protagonista indiscussa.
Non più relegata al ruolo di semplice supporto, l’AI generativa si propone oggi come un possibile sostituto dei sistemi che hanno definito il concetto di software tradizionale negli ultimi decenni. Questa nuova prospettiva genera un clima di crescente incertezza tra gli operatori di Wall Street e gli analisti di settore, che osservano con attenzione ogni evoluzione del comparto tecnologico.
L’annuncio ufficiale di GPT 5 da parte di OpenAI ha rappresentato un vero e proprio spartiacque. Il nuovo modello, grazie alle sue capacità avanzate di generazione di codice, offre alle aziende la possibilità di sviluppare internamente soluzioni personalizzate, riducendo sensibilmente la dipendenza dai fornitori di software. Questo cambiamento di paradigma non solo mette in discussione il modello di business consolidato negli anni, ma solleva interrogativi cruciali sull’intero mercato.
GPT 5 può mettere fine al mercato software?
Nonostante i test effettuati dagli esperti abbiano evidenziato come GPT 5 presenti ancora alcune criticità, in particolare nelle attività di coding – in certi casi risultando persino meno preciso rispetto al suo predecessore – la percezione di una minaccia reale si fa sempre più tangibile tra gli operatori del settore.
La recente dichiarazione di Mark Zuckerberg, secondo cui entro il 2025 gli agenti AI potrebbero raggiungere competenze di programmazione equiparabili a quelle di un ingegnere di livello intermedio, ha contribuito ad alimentare il dibattito e a intensificare le preoccupazioni.
La reazione dei mercati finanziari non si è fatta attendere: numerose aziende specializzate nel software tradizionale hanno subito significativi ribassi azionari immediatamente dopo l’annuncio di GPT 5. Gil Luria, analista di D.A. Davidson, sottolinea come il valore principale di queste società sia sempre stato legato all’incremento di produttività garantito dai loro prodotti – un vantaggio ora messo seriamente in discussione dalla crescente capacità di automatizzare processi complessi, resa possibile dalle ultime evoluzioni dell’AI generativa.
Un segnale particolarmente significativo arriva da Hock Tan, CEO di Broadcom. Dopo aver investito oltre 100 miliardi di dollari in acquisizioni di aziende attive nel mercato software nell’ultimo decennio, Tan ha annunciato l’intenzione di interrompere questa strategia, proprio a causa dei rischi emergenti associati alla diffusione dell’AI.
Non mancano, tuttavia, voci discordanti. Spenser Skates, CEO di Amplitude, sostiene che le aziende in grado di integrare efficacemente l’AI generativa nei propri prodotti non solo potranno sopravvivere, ma addirittura prosperare. Secondo Skates, la domanda di software tradizionale e di professionisti capaci di guidare e addestrare le nuove tecnologie continuerà a esistere, anche in uno scenario dominato dall’AI.