Una nuova startup, Alterego, è uscita dal silenzio con la dimostrazione di un suo dispositivo indossabile che, secondo l’azienda, rappresenterebbe “il primo wearable al mondo in grado di permettere comunicazioni silenziose, fluide e alla velocità del pensiero”. Il progetto Silent Sense, questo il suo nome, mira a ridefinire il modo con cui gli esseri umani interagiscono sia con la tecnologia sia tra di loro.
La tecnologia nasce dall’esperienza di Arnav Kapur, CEO e co-fondatore, che ha iniziato lo sviluppo dei primi prototipi al MIT Media Lab, e Max Newlon, COO e co-fondatore, con un background nella creazione di startup neurotecnologiche di successo presso l’Harvard Innovation Labs. Secondo quanto riportato, Newlon ha guidato una startup nata sotto l’ala di Harvard Innovation Labs fino a raggiungere la valutazione di 1 miliardo di dollari.
Comunicare alla velocità del pensiero con Alterego Silent Sense
Nel video dimostrativo, Kapur invia testo ai dispositivi collegati tramite pensiero, trasformando i comandi mentali in note e promemoria digitali. Microcamere integrate consentono al dispositivo indossabile di “comprendere” il contesto visivo: ad esempio, Kapur punta un dettaglio su una cartolina e riceve una risposta tramite l’assistente AI.
Successivamente, Newlon si unisce a Kapur per una conversazione silenziosa, mostrando l’integrazione tra più dispositivi e i potenziali vantaggi di comunicazioni “quasi telepatiche” in ambienti rumorosi. La demo si conclude con Kapur che comunica con un interlocutore in grado di comprendere soltanto il cinese mandarino, illustrando il funzionamento della traduzione istantanea.
Tecnologia e sicurezza
Alterego afferma che la tecnologia non legge i pensieri dell’utente, ma “rileva passivamente i segnali sottili che il cervello invia al sistema del linguaggio prima che le parole vengano pronunciate”.
Dalla startup si sottolinea anche come l’approccio non invasivo rappresenti una differenza chiave rispetto ad altre interfacce cervello-computer, come Neuralink, sottolineando allo stesso tempo le misure adottate a tutela della privacy degli utenti.
Come funziona davvero Alterego Silent Sense?
In tanti, soprattutto su X, si sono affrettati a bollare la tecnologia come “una sciocchezza”, una trovata per far parlare di sé o come una “fandonia”. In realtà, basta una semplice ricerca per accorgersi di come Alterego Silent Sense sia frutto di una ricerca plueriennale.
Nello studio del 2018 firmato da Kapur e altri due ricercatori, gli autori presentano un’interfaccia indossabile per il silent speech (parlato interno / subvocalizzazione) che permette a un utente di “parlare” con un computer senza emettere suono né mostrare movimenti facciali evidenti.
Il sistema cattura deboli segnali mioelettrici e neuromuscolari dalla pelle attorno a gola, mento e faccia, li elabora e li classifica in parole/etichettature tramite una rete neurale, quindi restituisce l’output tramite audio percepito dall’utente (bone-conduction ovvero conduzione ossea). Gli autori dimostrano la fattibilità con esperimenti e riportano una accuratezza mediana pari a circa il 92% su set limitati di vocaboli.
Principio fisiologico e idea di fondo
Quando pensiamo o “leggiamo a voce interna” (inner speech), il cervello attiva i circuiti motori che normalmente controllano il parlato: impulsi motori percorrono le vie corticobulbari fino ai muscoli implicati nella fonazione, determinando piccole variazioni elettriche nelle fibre muscolari della gola, mento e regioni facciali.
Anche senza produzione acustica o movimenti visibili, questi segnali generano una firma mioelettrica misurabile dalla pelle (surface EMG / segnali neuromuscolari). Alterego Silent Sense sfrutta proprio quest’informazione periferica (non invasiva) per inferire il contenuto linguistico volutamente espresso dall’utente.
Hardware e design del wearable
Nel documento del 2018, Kapur e “i suoi” descrivono un arco da indossare dietro la testa con estensioni che portano gli elettrodi sul volto e sulla gola. Sette canali sono posizionati nelle regioni del viso ritenute più informative.
Nell’immagine, tratta da questo documento, si vede il prototipo iniziale di wearable. Adesso non sembra essere più così a giudicare dal contenuto della demo.
Il video dimostrativo di oggi, svela un indossabile molto più semplice costituito principalmente da un gancio che si ancora solo all’orecchio, rendendo il sistema meno invasivo rispetto al prototipo originale che prevedeva la fascia con sette elettrodi posizionati su guancia, mandibola e mento per captare i segnali neuromuscolari.
È probabile che la startup abbia affinato il design originario riducendo la componente hardware a un solo gancio auricolare con sensori integrati, mantenendo però la funzionalità di lettura neuromuscolare avanzata e la comunicazione silenziosa tramite conduzione ossea.
No ai fischi, ma piano anche con gli entusiasmi!
A valle delle verifiche effettuate, quindi, Alterego Silent Sense appare come un dispositivo reale che però potrebbe ancora essere ben lungi dal diventare un prodotto commerciale “di massa”.
Sul sito ufficiale di Alterego non ci sono al momento dettagli sulla tecnologia né indicazioni su un possibile debutto sul mercato. Non è però neppure una “professione di fede” perché, come abbiamo spiegato, il lavoro su Silent Sense procede già da diversi anni.
Innanzi tutto non c’è nessuna telepatia. Se guardate bene il video, vedrete che i protagonisti sono tutti con la bocca chiusa ma ci sono movimenti interni della muscolatura (e probabilmente anche della lingua, in modo parziale).
Già nel 2018 lo studio era basato su un corpus di testi limitato e su pochi partecipanti al test. Con la versione di Silent Sense presentata su X, quanto è stata approfondita la procedura di addestramento? Se su vocabolari limitati (cifre, comandi) i risultati possono essere buoni, ci permettiamo di osservare che estendere il supporto al linguaggio naturale nel suo insieme è una vera e propria sfida! La qualità dipende poi fortemente dalla posizione e dal contatto degli elettrodi; inoltre, movimenti quotidiani (camminare, deglutire) possono introdurre artefatti.
Kapur già sottolineava a suo tempo che il dispositivo non “legge i pensieri” ma segnali periferici volontari. Ad ogni modo, la possibilità per un dispositivo tecnologico di ascoltare output “sensibili” meriterà certamente attenzione anche sul piano etico.