Bill Gates propone di tassare i robot per creare posti di lavoro

L'utilizzo di robot fa rima con innovazione ma non con la disponibilità di posti di lavoro. Così, Bill Gates auspica una normativa che tassi l'utilizzo dei robot e possa formare un fondo per assumere dipendenti.

Bill Gates, fondatore e presidente onorario di Microsoft, oggi consulente tecnico della società di Redmond, ha rilasciato una lunga intervista alla testata statunitense Quartz in cui esprime la sua opinione sul sempre più nutrito impiego, nelle aziende, dei robot al posto di dipendenti in carne e ossa.

Il commento di Gates è interessante perché arriva da chi ha sempre puntato sull’innovazione pur dedicandosi anima e corpo, negli ultimi anni, a progetti filantropici.


Come può conciliarsi l’orientamento delle aziende, sempre più determinate a utilizzare robot nei vari processi produttivi, con il mantenimento dei posti lavoro?

Secondo l’ex numero uno di Microsoft sarebbe auspicabile l’approvazione di una legislazione che permetta di tassare l’utilizzo dei robot. Quando raccolto con le imposte – è questa l’idea di Gates – dovrebbe andare a formare un fondo che dovrà poi essere utilizzato per stimolare l’impegno di personale “umano” in tutte quelle aree in cui non è possibile o consigliabile adoperare dei robot.

Gates si è dichiarato consapevole delle insidie che si nascondono nella sua proposta: tassare le aziende che utilizzano robot potrebbe rallentare l’innovazione ed esporle a costi aggiuntivi.
Egli è però convinto che i governi debbano iniziare a riflettere seriamente sull’argomento in modo da poter prendere provvedimenti quando vi sarà una carenza di posti di lavoro in tutte le nazioni più tecnologicamente avanzate (e non soltanto in quei Paesi che da decenni soffrono il problema).

L’Unione Europea si è dichiarata sempre contraria alla “tassa sui robot” preferendo concentrarsi sui principi “etici” che dovrebbero regolare la realizzazione dei robot e inquadrando i soggetti responsabili nel caso in cui qualcosa dovesse andare storto.
Stando a quanto dichiarato, gli enti regolatori europei non vogliono che le linee guida siano fissate da stati terzi.

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