Differenze tra monitor curvi e piatti: alcuni aspetti interessanti

Cosa cambia tra monitor curvi e piatti: quali sono gli aspetti sui quali riflettere.
Differenze tra monitor curvi e piatti: alcuni aspetti interessanti

I monitor curvi stanno diventando sempre più diffusi non solo tra gli appassionati di gaming ma anche tra professionisti e normali utenti.
I produttori si soffermano spesso sui vantaggi dei monitor curvi rispetto ai monitor a schermo piatto. Ma vi dicono tutto o non forniscono quasi mai il quadro completo?

In un altro articolo abbiamo visto come scegliere il monitor del PC e in un altro ci siamo concentrati sugli aspetti che aiutano a non affaticare gli occhi quando si guarda lo schermo per tante ore di fila.

In termini di risoluzione, tempi di risposta, frequenze di refresh, compatibilità con AMD FreeSync e NVIDIA G-Sync, supporto HDR e così via monitor curvi e piatti condividono le stesse basi tecnologiche. I principi generali dei quali abbiamo parlato per la scelta di un monitor valgono sia per quelli piatti che per quelli curvi.

Cosa cambia tra monitor piatti e curvi: il raggio di curvatura

Il raggio di curvatura di un monitor curvo varia a seconda del modello tra 1000R e 4000R. La lettera “R” si riferisce al raggio di curvatura espresso in millimetri: 2300R indica che il raggio di curvatura è pari a 2300 millimetri.

Fonte: ViewSonic

Esaminando un’immagine come quella in figura sembra che il monitor rappresentato a sinistra sia uniformemente curvo; in realtà i monitor di questo tipo tendono a incurvarsi al centro mentre in corrispondenza dei lati sono decisamente più piatti.
I modelli con un valore R inferiore sono quelli che presentano una curvatura più pronunciata mentre quelli con un valore R superiore hanno dimensioni maggiori ma tendono a essere più piatti. Provate ad appoggiare delicatamente un righello al centro e ai lati dello schermo per rendervene subito conto.

Se un monitor fosse 1500R, la cosa migliore è sedersi al centro dello stesso a una distanza di circa 1,5 metri; se fosse un enorme 4000R la distanza consigliata è addirittura pari a 4 metri.
I monitor con un raggio di curvatura più pronunciato (R più basso) consentono di sedersi più vicino al display massimizzando l’esperienza immersiva, cosa che i pannelli piatti non possono assicurare. Diventa così più facile interagire con tutto ciò che è 2D che diventa molto più fruibile.
C’è però anche il rovescio della medaglia che nei monitor con curva più aggressiva (i.e. 1000R) appare evidente.

Contrariamente a ciò che molti pensano scegliere un 1000R per il gaming 3D non è comunque una gran mossa: gli sviluppatori di videogiochi utilizzano un meccanismo chiamato linear projection che aiuta ad ottimizzare la resa sugli schermi piatti aumentando il realismo 3D. In questo modo le linee che devono apparire dritte verranno visualizzate come tali sullo schermo.
Come con una lente fish-eye in fotografia, quando l’angolo visivo aumenta le linee vengono distorte in modo più pronunciato vicino ai bordi.

Si tratta di una soluzione tecnica eccellente per i monitor piatti che invece mal si adatta agli schermi curvi i quali già introducono l’effetto fish-eye.
L’effetto distorsivo addizionale è tutto sommato tollerabile sugli schermi 1500R mentre non lo è sui 1000R. La soluzione consiste nel ridurre il campo visivo lato applicativo ma non sempre si ottiene il risultato sperato.

In generale i monitor curvi assicurano un’esperienza decisamente più immersiva rispetto a quelli piatti anche se lo scotto si paga in termini di un angolo visivo più ridotto.

Monitor curvi per i professionisti e per il multimedia

Per la produttività e in generale il lavoro di ufficio è credenza comune che i monitor curvi vadano evitati proprio per l’effetto distorsivo introdotto ai bordi. Questo è vero: se si visualizza una griglia su un monitor piatto essa non subirà alcuna modifica mentre le linee tenderanno a incurvarsi sui lati.

A meno che non si debba lavorare con CAD o applicativi simili, i rapporti d’aspetto ultrawide che solitamente contraddistinguono i monitor curvi si rivelano un punto a favore per i professionisti che sono soliti tenere contemporaneamente aperte molte applicazioni grazie al notevole spazio in larghezza. Abbinando due o addirittura tre monitor curvi i benefici diventano tangibili.

A causa del rapporto d’aspetto diverso da quelli “canonici” (in un altro articolo parliamo del significato di rapporto d’aspetto) i monitor curvi usano risoluzioni altrettanto meno comuni.
Capita di frequente di imbattersi in schermi curvi 3440 x 1440 pixel (QHD ultrawide) e 3840 x 1600 pixel con i 32:9 di dimensioni più importanti che possono arrivare a 5120 x 1440 pixel (“dual QHD”).
Da tenere presente che quando si riproducessero dei contenuti multimediali, sugli schermi contraddistinti da rapporto d’aspetto piuttosto “spinto” si genererà il cosiddetto letterboxing effect ovvero la comparsa di bande nere nella parte superiore e inferiore perché, ovviamente, per evitare distorsioni i contenuti originali mantengono la loro risoluzione.

In generale i monitor curvi devono gestire meno pixel rispetto ai display piatti: un monitor 3440 x 1440 pixel come quello citato offre una qualità d’immagine non troppo distante dal 4K ma utilizza 5 milioni di pixel anziché gli oltre 8 milioni della risoluzione 4K. Lo stesso concetto vale per altre risoluzioni: la scheda grafica dovrà gestire meno dati ma la qualità visiva non verrà sacrificata.

A proposito di qualità visiva essa è in generale appannaggio dei monitor curvi perché gli occhi dell’utente sono idealmente posti alla stessa distanza dallo schermo indipendentemente dal punto osservato (cosa che invece non accade nel caso dei monitor piatti).
La posizione dell’utente deve però sostanzialmente restare immutata perché se si guarda il monitor curvo spostandosi più di lato l’effetto non sarà lo stesso e l’immagine non apparirà chiara allontanandosi al punto focale ideale.

Ergonomia: monitor curvi, piatti e affaticamento oculare

Quando si utilizza un monitor, di qualunque tipo esso sia, un aspetto cruciale sono i riflessi.
I monitor curvi concentrano il riflesso proveniente da una fonte luminosa in un singolo punto eccezion fatta per le situazioni in cui la sorgente di luce è posta esattamente dinanzi allo schermo. Nel caso dei monitor piatti non c’è alcun punto focale e il riflesso è costante indipendentemente dalla posizione in cui ci si siede.
Non c’è quindi un reale vincitore tra monitor curvi e piatti per quanto riguarda i riflessi.

Per quanto riguarda l’affaticamento oculare quando lo sguardo si sposta dal centro dello schermo alla periferia usando uno schermo piatto la distanza tra gli occhi e il display cambia richiedendo una continua messa a fuoco dell’immagine. Con un monitor curvo questo problema non esiste.
Lo studio della Harvard Medical School spesso citato dai produttori di monitor curvi, tuttavia, pur dando la palma di vincitori ai monitor curvi al fine della riduzione dell’affaticamento oculare, restituisce un risultato migliore per i monitor piatti sul piano del livello di stanchezza generale.
Va comunque osservato che si tratta sempre di valutazioni soggettive che variano notevolmente da individuo a individuo.

Fonte: “Comparison of Flat and Curved Monitors: Eyestrain Caused by Intensive Visual Search Task”; Gang Luo, Ying Chen, Amy Doherty, Rui Liu, Cong Shi, Shuhang Wang, Hoai Le, Eli Peli.

Per chi ha da sempre utilizzato un monitor piatto abituarsi a un display curvo di solito non rappresenta un problema, specie se si sceglie un prodotto almeno 1500R o superiore. Ci vuole qualche giorno di tempo ma l’adattamento a un monitor curvo risulterà poi piuttosto naturale.

Per le configurazioni multimonitor è comunque consigliabile dotarsi di prodotti a pannello piatto oppure monitor curvi con un raggio di curvatura non troppo pronunciato in modo da passare rapidamente con lo sguardo dall’uno all’altro.

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