Il 5G non può essere pericoloso e i limiti italiani in fatto di segnali RF sono stringenti

Il Governo chiarisce la sua posizione in tema di 5G di fatto "sdoganandone" il dispiegamento sull'intero territorio nazionale. Troppi allarmismi inutili e controproducenti per una tecnologia che permetterà di compiere un ulteriore importante passo avanti in fatto di digitalizzazione.

Dopo i tanti allarmismi che si sono succeduti nel corso degli ultimi mesi in tema di 5G (non ultima l’iniziativa promossa da alcuni parlamentari che chiedevano l’immediato spegnimento delle antenne basate sull’utilizzo della tecnologia per la telefonia mobile di quinta generazione: 5G, un gruppo di parlamentari chiede lo spegnimento delle antenne), il segretario di presidenza alla Camera dei Deputati Mirella Liuzzi ha voluto gettare acqua sul fuoco chiarendo la posizione del Governo e rispondendo ad alcune “domande frequenti”.

Nelle scorse settimane anche noi ci eravamo soffermati sull’argomento portando all’attenzione dei nostri lettori dettagli tecnici e principi fisici sulla base dei quali poggia anche la connettività 5G: 5G pericoloso, tutte bufale o può esserci qualcosa di vero?.

In questo video la deputata Liuzzi osserva come si utilizzi l’unità di misura Volt/metro come misurazione del campo elettrico. In Italia è sempre in vigore una disposizione normativa che fissa a 6 V/m il limite massimo per i segnali irradiati dalle antenne in radiofrequenza. “Siamo 5.000 volte sotto la soglia scientificamente definita per prevenire effetti sul corpo umano e ampiamente al di sotto delle media europea che è fra i 41 e i 58 V/m“, afferma la parlamentare ricordando come negli Stati Uniti, ad esempio, il limite sia fissato a 61 V/m. Tant’è vero, aggiungiamo noi, che Wind Tre aveva recentemente chiesto la revisione delle restrizioni vigenti in Italia: Wind Tre: l’Italia aumenti i limiti di legge per i campi RF generati dalle antenne della telefonia mobile.

La portavoce del Governo ha anche citato lo studio dell’Istituto Ramazzini facendo però osservare, come abbiamo già visto nell’articolo, che esso è stato eseguito esponendo una popolazione di ratti a segnali fino a 50 V/m per 19 ore al giorno dalla prima ora di vita fino alla morte (questi i risultati ufficiali della ricerca).
Solo in alcuni casi sono state rilevate anomalie (i.e. processi tumorali prevalentemente a livello cardiaco) ma – va detto – premesso che si parla sempre di radiazioni non ionizzanti e che gli studi condotti nel corso di decenni sono complessivamente inconcludenti, indagini eseguite su topi e ratti per fisiologia, valori in gioco e tempi di esposizione non possono essere minimamente paragonate alle condizioni reali e all’essere umano.

Se ci limitiamo alla sola intensità del campo, come detto in precedenza, in Italia la soglia cautelativa è di 6 V/m e come dato aggregato solo il 2% dei rilievi è compreso nell’intervallo 3 – 6 V/m (fonte Elettra 2000, consorzio creato da Fondazione Ugo Bordoni), FGM (Fondazione Guglielmo Marconi) e Università di Bologna. La Liuzzi ha quindi voluto bollare come eccessivi e fuori luogo gli allarmismi che da tempo circolano di fatto “scagionando” il 5G che in sé non rappresenta alcuna minaccia. Semmai, aggiungiamo noi, l’esposizione più elevata non è provocata dall’antenna della telefonia mobile quanto dall’utilizzo “smodato” dello smartphone o di altre apparecchiature a strettissima vicinanza dalla fonte emissiva: per aprire gli occhi consigliamo di provare a usare l’app gratuita ElectroSmart (Campi elettromagnetici: possibile misurarli con uno smartphone?) oppure attrezzarsi con un analizzatore di RF (Radiofrequency) e ELF (Extremely low frequency), soprattutto se di tipo professionale, in fondo da verificare anche gli apporti fuori banda.

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