L'inventore del Web Tim Berners-Lee insegna cosa sono gli NFT e spiega perché sono una buona idea

Il padre del World Wide Web sposa completamente la filosofia degli NFT e convince gli scettici.

Gli NFT (non-fungible token) sono token digitali crittograficamente unici che possono essere collegati a contenuti digitali provandone la proprietà. Anche se sono stati prevalentemente associati alle opere d’arte essi possono essere collegati a qualsiasi forma di contenuto digitale.

Il NFT che Tim Berners-Lee ha messo all’asta con la collaborazione di Sotheby’s è intitolato “This Changes Everything” e consiste in una serie di file dotati di marcatura temporale contenenti codice HTML (Hypertext Markup Language), il sorgente di HTTP (Hypertext Transfer Protocol) e un elenco di URI (Uniform Resource Identifiers). Si tratta di linguaggi e protocolli fondamentali scritti da Berners-Lee alla fine degli anni ’80. L’opera include anche un video che rappresenta il codice utilizzato e un poster digitale che lo ritrae nella sua interezza.

Berners-Lee ha detto: “non sto nemmeno vendendo il codice sorgente. Sto vendendo un’immagine che ho realizzato con un programma Python che ho scritto io stesso. È un po’ come potrebbe apparire il codice sorgente se fosse attaccato al muro e firmato da me“.

Il codice sorgente della prima implementazione del Web, compreso il primo server web della storia, è infatti distribuito liberamente.

Abbracciando il concetto alla base degli NFT, il cui funzionamento è descritto in un altro nostro articolo, Berners-Lee ha quindi voluto concentrarsi su ciò che l’acquirente che compra il suo NFT in asta possiederà davvero.
E paragonare il suo lavoro a un’opera d’arte con la firma autografa dell’autore certificata e autenticata è certamente un ottimo esempio.

L’iniziativa legata alla vendita del suo NFT è “totalmente in linea con i valori del Web“, ha aggiunto l’informatico britannico. E a chi sostiene che la vendita in asta a un singolo individuo va contro la natura aperta e decentralizzata del Web Berners-Lee risponde che si tratta di osservazioni del tutto fuori tema.
La vendita dell’NFT non apre una discussione sul “Web libero”: “il Web è e resterà altrettanto libero e aperto come lo è sempre stato. I codici e i protocolli fondamentali del Web sono liberi da diritti d’autore, proprio come lo sono sempre stati. Non sto vendendo il Web e nessuno pagherà per seguire un link“.

Un certo numero di artisti e piattaforme hanno bocciato gli NFT per il loro impatto sull’ambiente, in particolare quelli creati (come nel caso del token di Berners-Lee) appoggiandosi alla blockchain di Ethereum. Generare anche un singolo NFT richiede energia, tanta energia.

Per gestire il processo di generazione di ciascun NFT è stato fino ad oggi utilizzato il meccanismo di consenso proof-of-work che usa un complesso sistema di validazione dei blocchi all’interno della blockchain elaborabile solo usando macchine incredibilmente potenti.
La migrazione verso il sistema proof-of-stake nettamente meno energivoro è già cominciata. Utilizzando una batteria di “validatori” certificati si può arrivare a risparmiare fino al 99% dell’energia consumata dallo schema attuale.

Da parte sua Berners-Lee sta lavorando su altri nuovi progetti: la sua azienda, Inrupt, ha partorito Solid, una piattaforma opensource che mira a decentralizzare la gestione dei dati degli utenti.

Ah, inutile dirlo, ma dell’importo raccolto da Sotheby’s alla chiusura dell’asta Berners-Lee non terrà per sé neppure un centesimo: tutto sarà devoluto in iniziative benefiche.

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