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La questione dei Sora 2 e della gestione dei diritti di immagine è tornata prepotentemente al centro del dibattito pubblico, dopo che una serie di deepfake non autorizzati ha sollevato nuove e complesse sfide etiche e legali.
L’episodio che ha fatto esplodere la polemica coinvolge direttamente Bryan Cranston, celebre attore di Breaking Bad, ritratto in video generati dall’Intelligenza Artificiale in compagnia di icone come Michael Jackson, senza che fosse stato richiesto alcun permesso. L’eco mediatica che ne è seguita ha costretto OpenAI a rivedere rapidamente le proprie policy, avviando una riflessione profonda sul futuro della creatività algoritmica e sulla tutela dell’identità personale.
Il cuore della controversia risiede nella facilità con cui la piattaforma Sora 2 consente di ricreare fedelmente volti e movenze di persone reali, abbattendo in pochi secondi barriere che, fino a ieri, sembravano invalicabili. La possibilità di generare scene surreali o verosimili, senza il consenso degli interessati, ha immediatamente allarmato sindacati e agenzie dello spettacolo, dando il via a una mobilitazione che ha coinvolto attori, rappresentanti legali e associazioni di categoria. L’intervento di SAG-AFTRA, il potente sindacato americano degli attori, non si è fatto attendere: il presidente Sean Astin ha accolto con favore le prime correzioni introdotte da OpenAI, ma ha sottolineato come le sole misure aziendali non siano sufficienti a garantire una reale protezione.
Attori e star contro OpenAI e Sora 2: cosa sta succedendo?
In risposta alle critiche, OpenAI ha ammesso pubblicamente le lacune presenti nei propri sistemi di controllo e ha annunciato una serie di aggiornamenti significativi. La novità più rilevante è rappresentata dall’introduzione di una opt-in policy, che obbliga chiunque desideri generare contenuti basati su persone reali a ottenere prima un consenso esplicito. Questo cambiamento segna una svolta rispetto all’approccio precedente, in cui tutto ciò che non era vietato era, di fatto, permesso. Ora, invece, il consenso preventivo diventa la nuova regola aurea, ponendo un primo, importante argine agli abusi.
Tuttavia, come sottolineato anche dalle principali agenzie di talent come UTA e CAA, il tema della gestione dei reclami rimane ancora nebuloso. La richiesta di procedure più chiare e trasparenti è diventata pressante, soprattutto alla luce dell’aumento esponenziale dei casi di deepfake e delle difficoltà incontrate nel rimuovere rapidamente i contenuti non autorizzati. Da qui la rinnovata spinta verso il NO FAKES Act, una proposta di legge che mira a fissare regole precise e vincolanti a livello federale, per tutelare l’identità e l’immagine delle persone nell’era dell’AI generativa.
Il dibattito sollevato dal caso Bryan Cranston va però oltre la cronaca, toccando temi più ampi e profondi. L’idea di una “resurrezione digitale” di personaggi storici, resa possibile dalle nuove tecnologie, interroga il confine tra libertà creativa e rispetto dei diritti individuali. Quali sono i limiti della sperimentazione algoritmica? Fino a che punto è lecito manipolare volti e voci senza autorizzazione? Gli esperti concordano sulla necessità di guardrail condivisi, capaci di bilanciare l’innovazione tecnologica con la salvaguardia della dignità personale.