La crescente complessità delle infrastrutture IT, la diffusione del cloud, dei sistemi distribuiti e delle identità non umane (come agenti AI autonomi) hanno reso obsolete le tradizionali architetture di sicurezza basate su perimetri rigidi e implicit trust (presunzione non verificata di affidabilità che viene concessa a utenti, dispositivi, reti o applicazioni). Il modello Zero Trust Architecture (ZTA), formalizzato da NIST nel 2020, si basa sul principio fondamentale: “Trust nothing, verify everything”. Questo significa che nessun utente, dispositivo o servizio è considerato affidabile a priori: ogni richiesta di accesso deve essere continuamente autenticata, autorizzata e monitorata.
L’adozione del modello Zero Trust richiede una combinazione di strumenti e tecnologie che operano su diversi livelli dell’infrastruttura, dalla rete all’identità fino alla gestione delle policy di accesso. In questo articolo, esploriamo brevemente le categorie chiave di strumenti open source per implementare una ZTA efficace. Il modello “Trust but verify” è ormai obsoleto.
Zero Trust Architecture non è un prodotto
Prima di cominciare, è bene sottolineare ancora una volta che con Zero Trust non si fa riferimento ad alcun prodotto specifico. ZTA è, piuttosto, un processo continuo che richiede una combinazione integrata di strumenti per coprire ogni livello: rete, dati, identità, autenticazione e autorizzazione.
Gli strumenti open source offrono flessibilità, trasparenza e una comunità attiva, elementi fondamentali per adattarsi rapidamente ai cambiamenti tecnologici e di minaccia.
L’integrazione e l’orchestrazione tra le soluzioni aperte è senza dubbio la chiave di volta: firewall e micro-segmentazione devono dialogare con sistemi IAM, mentre i policy engine sono chiamati ad applicare regole basate su dati di autenticazione e contesto in tempo reale. Monitoraggio continuo e attività di auditing sono inoltre imprescindibili per mantenere la sicurezza e rispondere rapidamente ad eventuali incidenti.
I tre principi fondamentali del modello Zero Trust
L’intero impianto di Zero Trust si basa su tre principi cardine, dettagliati nella pubblicazione di riferimento per l’adozione formale di ZTA (NIST SP 800-207). Essi guidano tutte le decisioni progettuali e operative:
- Least Privilege Access: ogni identità o servizio deve avere solo i privilegi strettamente necessari per svolgere la propria funzione.
- Verifica esplicita: ogni accesso deve essere continuamente validato, basandosi su più segnali contestuali (identità, localizzazione, stato del dispositivo,…).
- Assunzione della violazione: si parte dal presupposto che una violazione sia già avvenuta, adottando una mentalità proattiva per contenere e limitare i danni.
I cinque pilastri dell’architettura Zero Trust
Per implementare una difesa Zero Trust efficace, è fondamentale indirizzare le seguenti cinque aree di controllo:
- Identità: verifica e gestione degli utenti, servizi e ruoli.
- Dispositivi: visibilità e gestione del parco macchine, inclusi i dispositivi personali che gli utenti portano in azienda (BYOD).
- Reti: segmentazione, controllo del traffico e visibilità sui flussi.
- Applicazioni: protezione degli accessi e delle interazioni tra servizi.
- Workload e dati: protezione dei dati sensibili e gestione dei flussi applicativi.
Firewall e controllo del traffico di rete: la prima linea di difesa
Seguendo lo schema Zero Trust, non si dà mai per scontato che il traffico in ingresso sia sicuro. I firewall moderni devono supportare segmentazione del traffico, filtraggio a livello di protocollo e monitoraggio continuo, anche se da soli non possono garantire l’autenticazione degli utenti.
- pfSense. Sistema operativo firewall/router basato su FreeBSD, adatto a PMI e ambienti con esigenze di controllo del traffico di rete. Offre funzionalità di segmentazione e monitoraggio, integrabile in architetture Zero Trust più ampie.
- OPNsense. Fork di pfSense con aggiornamenti più frequenti e integrazione di Zenarmor per capacità next-gen firewall. Supporta segmentazione e monitoraggio, ma manca di controlli basati sull’identità.
- ModSecurity. Web Application Firewall (WAF) focalizzato sulla protezione a livello applicativo (HTTP/HTTPS), essenziale per mitigare vulnerabilità OWASP come SQL injection e attacchi XSS. Offre logging continuo e ispezione profonda del traffico applicativo.
- IPFire. Firewall Linux dedicato, indicato per ambienti enterprise che richiedono un controllo rigoroso del traffico in ingresso.
Integrare firewall con sistemi di identity-aware access control per superare i limiti di autenticazione basata solo su IP o rete. Usare ModSecurity per proteggere le applicazioni web da attacchi mirati e mantenere un monitoraggio continuo.
Micro-segmentazione e isolamento del traffico interno
Nell’ambito di uno schema Zero Trust, anche il traffico interno deve essere rigorosamente controllato per evitare movimenti laterali in caso di compromissione. La micro-segmentazione separa front-end, back-end e database, limitando la superficie di attacco.
- Calico. Progettato per ambienti containerizzati e cloud-native, Calico applica policy di sicurezza a livello di workload, ideale per Kubernetes e OpenShift. Supporta la scalabilità e la gestione granulare del traffico.
- Cilium. Utilizza eBPF (Extended Berkeley Packet Filter) per filtrare e monitorare il traffico tra servizi chiamati ad assicurare prestazioni elevate. Offre isolamento sicuro e visibilità avanzata, perfetto per cluster Kubernetes con kernel Linux compatibile.
- OpenZiti. Piattaforma che basa la connettività sulla verifica dell’identità piuttosto che su IP o VPN, ideale per ambienti eterogenei (cloud, on premises, edge, IoT).
- Flannel. Soluzione semplice per connettere pod Kubernetes, adatta a team piccoli o startup, ma senza supporto per policy di rete avanzate.
- Open vSwitch (OVS). Switch virtuale programmabile che potenzia le capacità di controllo e isolamento del traffico in combinazione con altri strumenti di policy.
Combinare la micro-segmentazione con strumenti di workload identity aiuta a garantire che ogni comunicazione sia autenticata e autorizzata. Ha senso utilizzare software come Calico e Cilium in ambienti Kubernetes di media/grande scala, mentre Flannel può essere un punto di partenza per le configurazioni più semplici.
Crittografia: proteggere i dati in ogni stato
I dati devono essere crittografati sia a riposo che in transito, in modo da proteggerli da accessi non autorizzati in qualunque momento. L’accesso ai dati cifrati deve essere strettamente controllato da sistemi IAM (Identity and Access Management) per evitare esposizioni accidentali o malevoli.
- GnuPG. Implementazione di OpenPGP per cifratura e firma. Un’ottima soluzione per proteggere dati statici e messaggi, meno indicata per la cifratura in tempo reale.
- VeraCrypt. Software utile per crittografare unità di memorizzazione (anche di sistema), singole partizioni e creare contenitori cifrati. Eccellente per proteggere dati a riposo in ambienti ibridi od on premises.
- Sealed Secrets (Bitnami). Strumento Kubernetes per la gestione sicura dei “segreti”, cifrando i dati in modo che solo controller autorizzati possano decifrarli.
Integrare la cifratura con i sistemi di gestione delle chiavi e IAM aiuta a fare in modo che soltanto le entità verificate possano accedere ai dati. È importante servirsi di Sealed Secrets per proteggere i segreti in ambienti DevOps e Kubernetes.
Gestione delle identità dei Workload
Nell’ambito di un modello Zero Trust, non solo gli utenti umani, ma anche i workload (servizi, container, macchine virtuali) devono avere identità forti e verificabili per prevenire accessi non autorizzati e movimenti laterali.
- SPIRE (SPIFFE Runtime Environment). Implementa gli standard SPIFFE per assegnare e verificare identità dinamiche ai workload in ambienti cloud-nativi.
- Kubernetes Service Accounts. Offre una gestione nativa delle identità per pod Kubernetes, con autenticazione sicura verso API e servizi esterni.
- Nomad (HashiCorp). Orchestratore leggero che integra Vault e SPIFFE per gestire identità dei workload in modo flessibile.
È bene adottare SPIFFE/SPIRE in ambienti multi-cloud o per la gestione di microservizi complessi. Usare invece Kubernetes Service Accounts per cluster Kubernetes e Nomad per orchestrazione più semplice ma sicura.
Autenticazione dinamica e continuativa degli utenti
ZTA richiede autenticazione continua e contestuale, non solo quindi durante la fase di login iniziale. Questo tipo di soluzione esclude che i token statici possano diventare un punto di vulnerabilità.
- Keycloak. IAM completo con supporto per SSO, OAuth2, OpenID Connect, MFA, ideale per implementare autenticazione continua e gestione utenti.
- Hanko.io. Autenticazione basata su passkey e WebAuthn, con supporto biometrico. Una valida alternativa open source a soluzioni commerciali come Auth0.
- ZITADEL. Piattaforma IAM pronta all’uso, con focus su distribuzione, compliance e facilità d’uso.
- Authentik. Soluzione leggera per autenticazione, adatta a container e deploy semplici.
Integrare sistemi IAM con autenticazione multifattore (MFA) e tecnologie passwordless rappresenta un passo fondamentale per rafforzare sicurezza in azienda, riducendo il rischio di compromissione delle credenziali e migliorando l’esperienza utente.
È essenziale favorire soluzioni che supportino standard aperti come FIDO2, SAML, OIDC e SCIM, al fine di garantire interoperabilità tra piattaforme eterogenee, semplificare l’integrazione con servizi cloud e on premises, promuovere un’architettura scalabile e sostenibile nel tempo. Questi approcci consentono di gestire in modo centralizzato l’accesso, applicare controlli di accesso granulare (RBAC/ABAC) e implementare politiche di accesso condizionato in linea con i principi del modello Zero Trust.
Autorizzazioni Fine-Grained e Policy Enforcement
Ogni richiesta di accesso deve essere autorizzata in modo granulare, basandosi su attributi dinamici di utenti, risorse e contesto, seguendo il principi del minimo privilegio e dell’accesso temporaneo.
- Cerbos Policy Decision Point (PDP). Layer di autorizzazione scalabile che valuta dinamicamente le richieste in base a policy definite, con logging dettagliato.
- OpenFGA. Motore di autorizzazione ad alte prestazioni ispirato a Google Zanzibar, con SDK per integrazione semplice.
- Open Policy Agent (OPA). Motore di policy generico con linguaggio Rego, utilizzabile per autorizzazione, compliance e controllo delle configurazioni.
È fondamentale scegliere un Policy Decision Point (PDP) che si integri in modo nativo e trasparente con il sistema IAM e con le infrastrutture IT esistenti, come API Gateway, orchestratori di container (es. Kubernetes), sistemi di gestione degli accessi a livello di rete, e strumenti DevOps. Un’integrazione fluida consente di centralizzare la valutazione delle policy di autorizzazione, mantenendo coerenza, sicurezza e tracciabilità nell’intero stack applicativo.
È altrettanto importante definire policy chiare, modulari e riutilizzabili, per semplificare la manutenzione, agevolare il versioning e facilitare le attività di audit e compliance. Una buona pratica è adottare formati dichiarativi o basati su linguaggi espressivi, che rendano le policy comprensibili anche a soggetti che non sono dei tecnici.
Conclusioni
Implementare un’architettura Zero Trust efficace richiede un cambiamento culturale e tecnologico profondo: non si tratta di acquistare un singolo strumento, ma di orchestrare una serie di componenti interoperabili, capaci di applicare i principi di verifica continua, privilegio minimo e assunzione della compromissione.
Le soluzioni open source analizzate offrono un ecosistema ricco, flessibile e trasparente. Aiutano a posizionare i vari pilastri della ZTA: dalla segmentazione di rete alla gestione delle identità, dalla crittografia alla definizione granulare delle policy. Tuttavia, la chiave del successo sta nell’integrazione coerente di questi strumenti, nella loro governance continua e nella capacità dell’organizzazione di adattarsi a un panorama di minacce in costante evoluzione.
Zero Trust non è un obiettivo statico, ma un percorso evolutivo: una strategia di sicurezza dinamica e sostenibile, fondamentale per proteggere l’infrastruttura IT moderna in un mondo digitale sempre più complesso e distribuito.
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