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Nel panorama dell’automotive contemporaneo, l’accelerazione verso l’integrazione dell’Intelligenza Artificiale nelle vetture rappresenta uno dei temi più caldi e discussi.
In questo scenario, General Motors si trova a giocare un ruolo di primo piano, ma non senza sollevare dubbi e riflessioni, soprattutto in merito alla privacy. La casa automobilistica americana, infatti, ha dichiarato di non avere “alcun interesse alla vendita dati degli utenti a terze parti”, come sottolineato da Dave Richardson, Senior Vice President of Software. Un’affermazione netta, arrivata in risposta alle critiche ricevute per pratiche passate non sempre trasparenti nella raccolta delle informazioni.
Oggi GM investe in modo massiccio nello sviluppo di sistemi basati sull’AI, con l’obiettivo di proporre veicoli capaci di adattarsi alle esigenze individuali e di anticipare le necessità del guidatore. In una prima fase, la strategia dell’azienda prevede l’utilizzo di modelli esterni come Gemini, soluzione di riferimento nel settore, per poi migrare verso un sistema proprietario, un modello onboard, ottimizzato specificamente per l’ambiente automobilistico.
Le potenzialità di un LLM (Large Language Model) pensato per il veicolo sono molteplici: dalla possibilità di impostare automaticamente la navigazione verso appuntamenti salvati in calendario, all’adattamento intelligente dei contenuti multimediali a bordo, ad esempio in presenza di bambini. Tuttavia, questa rivoluzione tecnologica si scontra con un passato controverso: GM è stata più volte accusata di aver raccolto e, in alcuni casi, commercializzato dati degli automobilisti senza ottenere un consenso chiaro e informato. Queste pratiche hanno acceso i riflettori sulle reali finalità della raccolta e sull’effettiva tutela della privacy dei consumatori.
GM, privacy e addio ad Android Auto
Un altro tema che ha alimentato il dibattito riguarda la decisione di abbandonare il supporto a Android Auto e Apple CarPlay. La scelta è stata ufficialmente motivata come una misura per rafforzare la protezione dei dati degli utenti, ma molti osservatori vi leggono un tentativo di chiudere l’ecosistema digitale dell’auto, favorendo così pratiche commerciali più aggressive e limitando la libertà di scelta degli automobilisti. Questo fenomeno, che alcuni definiscono con il termine enshittification, descrive la progressiva trasformazione di piattaforme e servizi digitali in sistemi sempre meno trasparenti e più orientati al profitto, spesso a scapito dell’esperienza utente.
Dal punto di vista tecnico, l’adozione di un modello onboard porta vantaggi significativi: minore latenza nelle risposte, ridotta necessità di trasmettere dati verso l’esterno e, quindi, maggiore controllo sulla privacy. Tuttavia, questa soluzione comporta anche nuove sfide: la necessità di garantire aggiornamenti costanti per la sicurezza, l’accuratezza e la pertinenza delle informazioni elaborate dall’LLM nel tempo. Un modello statico rischia infatti di diventare rapidamente obsoleto in un contesto tecnologico in continua evoluzione.
Le autorità regolatorie, nel frattempo, stanno intensificando il monitoraggio del settore delle auto connesse, chiedendo maggiore trasparenza nelle politiche di gestione delle informazioni. Per GM e per gli altri produttori, la sfida non è più solo tecnologica, ma anche comunicativa: occorre spiegare in modo chiaro quali dati vengono raccolti, come vengono utilizzati e quali sono le reali finalità della raccolta. Solo così sarà possibile costruire e mantenere la fiducia dei consumatori.