Parlando di reti per il tracciamento degli oggetti (di recente abbiamo parlato degli equivalenti degli AirTag per Android…), Google Find Hub (ex Find My Device, Trova il tuo dispositivo) è una soluzione potente ma ancora imperfetta. La sua integrazione nativa nella maggior parte dei dispositivi Android le conferisce un potenziale enorme, ma la sua affidabilità è ancora lontana da quella offerta dalle controparti di Apple (Find My, Dov’è) e Samsung (SmartThings Find). Questo divario deriva principalmente da un’impostazione predefinita più restrittiva, pensata per la privacy ma penalizzante in termini di efficacia nel recupero degli oggetti.
Google ha infatti sinora scelto un’impostazione conservativa: la rete segnala la posizione di un oggetto perso solo se più dispositivi passano nelle sue vicinanze, mentre Apple e Samsung permettono il rilevamento dell’informazione anche con un solo device. Questo riduce notevolmente le possibilità di individuare un oggetto in zone meno trafficate, vanificando i benefici del crowdsourcing.
La novità in Find Hub: un’interfaccia più chiara per una decisione più consapevole
Con l’aggiornamento alla versione 25.24 dei Google Play Services, l’azienda ha introdotto una nuova schermata di configurazione, chiamata “Trova il tuo dispositivo e aiuta anche gli altri“, che viene mostrata durante la prima configurazione del dispositivo. In questa schermata, le due opzioni della rete Find Hub appaiono rinominate in modo più esplicito.
La funzione tecnica rimane invariata, ma la nuova nomenclatura punta a comunicare in modo più diretto i limiti dell’opzione predefinita, lasciando intendere chiaramente che l’impostazione più restrittiva è meno efficace nel tracciamento fuori dai centri urbani.
L’auspico di Google è che una migliore comunicazione delle differenze tra le opzioni induca più utenti a scegliere volontariamente quella più affidabile. Inoltre, l’azienda prevede di ampliare l’inserimento automatico nella rete Find Hub, attivando la funzione non solo all’aggiunta di un account Google, ma anche alla semplice attivazione dei servizi di localizzazione. Sebbene l’opzione attivata di default sarà ancora quella più protettiva, l’ampliamento del bacino di utenti contribuirà comunque a rendere più capillare la rete.
Un equilibrio delicato tra privacy e funzionalità
Google si muove su un terreno insidioso: non può permettersi di apparire aggressiva nei confronti della privacy degli utenti, ma ha bisogno di rafforzare la propria infrastruttura di tracciamento per restare competitiva. L’introduzione di un’interfaccia più trasparente rappresenta una soluzione intelligente: non impone nulla, ma educa e guida l’utente verso scelte più efficaci.
La modifica della schermata di configurazione del dispositivo Android potrebbe sembrare marginale. In realtà potrebbe segnare un punto di svolta nell’adozione dell’opzione di tracciamento più efficace. Se un numero sufficiente di utenti sceglierà la modalità di rilevamento “in qualsiasi luogo”, Find Hub potrà finalmente diventare un’alternativa realmente competitiva rispetto alle reti Apple e Samsung.