Google Play introduce verifica età in USA: pioggia di polemiche

Google Play avvia la verifica età per alcune app per adeguarsi alle leggi statali. Tra ID, selfie e carte, crescono i timori per la privacy.
Google Play introduce verifica età in USA: pioggia di polemiche

Nel panorama sempre più complesso della regolamentazione digitale, Google Play introduce un sistema di verifica dell’età in USA che sta suscitando dibattiti intensi tra utenti, esperti e associazioni.

L’obiettivo dichiarato è quello di rafforzare la tutela dei minori, ma le modalità scelte e le implicazioni sulla privacy alimentano interrogativi e preoccupazioni. L’iniziativa si inserisce in un contesto normativo in rapida evoluzione, dove la pressione degli stati federali americani si traduce in misure sempre più stringenti a carico delle piattaforme digitali.

Il cambiamento più rilevante riguarda l’obbligo, per gli utenti che desiderano scaricare determinate applicazioni, di dimostrare di avere almeno 18 anni. La verifica dell’età avverrà attraverso una gamma di opzioni che vanno dal caricamento di un ID governativo, alla possibilità di scattarsi un selfie per un’analisi biometrica, fino all’inserimento dei dati di una carta di credito – quest’ultima soluzione senza addebiti effettivi o con transazioni temporanee rimborsate. In alternativa, si potrà ricorrere a servizi esterni specializzati nella valutazione dell’età. È importante sottolineare che non tutte le modalità saranno disponibili ovunque, e la scelta dipenderà dalla localizzazione geografica dell’utente.

Verifica età su Google Play? In bilico tra tutela dei minori e timori privacy

Queste nuove misure nascono in risposta a normative come il Texas App Store Accountability Act, che entrerà in vigore il 1° gennaio 2026 e rappresenta uno degli esempi più significativi di legislazione orientata a responsabilizzare i marketplace digitali nella protezione dei minori. Altri stati, come Utah e Louisiana, seguiranno con proprie scadenze e requisiti, accentuando la frammentazione regolatoria e creando una situazione di crescente complessità sia per le aziende tecnologiche sia per gli utenti.

Sul fronte dello sviluppo, Google Play ha reso disponibile per gli sviluppatori la versione beta della Play Age Signals API, uno strumento progettato per condividere informazioni essenziali sull’età degli utenti, ma con una particolare attenzione alla privacy dei dati. L’API, secondo le dichiarazioni dell’azienda, dovrebbe fornire solo segnali aggregati e non dati personali sensibili, permettendo così alle applicazioni di adattare i contenuti in base all’età dell’utente, in linea con il principio della minimizzazione delle informazioni raccolte.

La reazione del pubblico, tuttavia, è stata prevalentemente critica. Numerose associazioni per la tutela della privacy dei dati e gruppi studenteschi hanno già avviato ricorsi e segnalato come queste procedure possano trasformarsi in una forma di censura indiretta, limitando l’accesso a servizi e informazioni legittime. Le preoccupazioni si concentrano in particolare sull’uso di dati sensibili, sul rischio di errata classificazione dell’età e sulle potenziali violazioni della privacy, soprattutto in relazione a metodi invasivi come il selfie o il caricamento di un ID governativo.

L’aspetto tecnico si intreccia con quello politico: la frammentazione normativa tra i vari stati americani genera incertezza e difficoltà operative, sia per chi sviluppa software sia per chi utilizza le piattaforme. Non mancano inoltre interrogativi sulle modalità di conservazione e protezione dei dati raccolti, sui tempi di retention e sulle misure di sicurezza adottate per prevenire eventuali violazioni.

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