/https://www.ilsoftware.it/app/uploads/2025/07/Gemini_narcos-messicani-fbi.jpg)
La tecnologia si sta rivelando un’arma quasi più potente delle pallottole nella lotta tra le forze dell’ordine e i cartelli della droga. Un funzionario del Dipartimento di Giustizia americano ha recentemente dichiarato che i cartelli, come quello di Sinaloa, stanno utilizzando strumenti tecnologici avanzati per sovvertire le operazioni delle agenzie federali. Un rapporto pubblicato nel giugno 2025 evidenzia come il cartello guidato da Joaquín “El Chapo” Guzmán, nonostante la sua incarcerazione dal 2019, continui a rappresentare una minaccia significativa grazie all’adozione di sofisticate tecniche di sorveglianza informatica.
I narcos spiano l’FBI
Il rapporto descrive in dettaglio una minaccia nota come “ubiquitous technical surveillance” (UTS), che ha consentito ai narcotrafficanti di penetrare nei sistemi di sicurezza dell’FBI, compromettendone gravemente l’efficacia operativa.
Tra le tecniche impiegate, spiccano l’intercettazione di comunicazioni telefoniche, l’analisi dei movimenti finanziari, il controllo delle prenotazioni di viaggio e il monitoraggio della presenza online delle potenziali vittime. Inoltre, il cartello ha assunto hacker specializzati per accedere a dispositivi mobili e sistemi di videosorveglianza, dimostrando una capacità di adattamento senza precedenti.
Un caso emblematico documentato nel rapporto riguarda il monitoraggio del personale dell’ambasciata statunitense a Città del Messico. Gli specialisti informatici del cartello sono riusciti a tracciare i movimenti dell’Assistant Legal Attaché dell’FBI, raccogliendo dati di geolocalizzazione e registri delle chiamate.
Queste informazioni sono state utilizzate per identificare informatori e testimoni, che sono stati successivamente ammazzati. Questo esempio dimostra come il cartello abbia trasformato la criminalità organizzata in una vera e propria guerra di informazioni, dove la protezione dei dati è diventata cruciale quanto la sicurezza fisica degli operatori.
L’FBI ne esce a pezzi
Nonostante la gravità della situazione, la risposta della FBI è stata giudicata inadeguata. Il rapporto del Dipartimento di Giustizia evidenzia come, nonostante la classificazione dell’UTS come rischio di massimo livello già nel 2022, l’agenzia non abbia adottato misure sufficienti per affrontare la minaccia.
Le valutazioni delle vulnerabilità risultano incomplete, coprendo solo metà delle aree critiche identificate. Inoltre, il piano strategico sviluppato per contrastare l’UTS presenta gravi lacune, tra cui la mancanza di obiettivi chiari e l’assenza di responsabilità specifiche per la gestione degli incidenti di sicurezza.
Questa disorganizzazione solleva seri dubbi sulla capacità della FBI di proteggere i propri agenti e collaboratori, specialmente in un contesto in cui i cartelli come quello di Sinaloa stanno evolvendo le proprie tattiche verso operazioni di intelligence sempre più sofisticate.
La situazione evidenzia un chiaro bisogno di migliorare la sicurezza dell’agenzia, non solo per proteggere le informazioni sensibili ma anche per garantire l’incolumità delle persone coinvolte nelle operazioni contro il narcotraffico.
Sebbene Joaquín “El Chapo” Guzmán stia scontando l’ergastolo negli Stati Uniti, il suo cartello continua a innovare e a espandere il proprio arsenale tecnologico. L’FBI, invece, sembra ferma a dieci anni fa.