Il dramma dello sviluppatore LibreOffice: Microsoft blocca l’account e nessuno lo aiuta

Il blocco dell’account Microsoft di Mike Kaganski, sviluppatore di LibreOffice, in seguito al tentativo fallito di inviare un’email tecnica, evidenzia i rischi legati a un'infrastruttura cloud sempre più automatizzata e priva di meccanismi di supporto umano.

In un mercato cloud dominato da colossi tecnologici, la vicenda occorsa a Mike Kaganski – sviluppatore di LibreOffice – è sintomatica di una crescente deriva: quella di un’infrastruttura digitale sempre più opaca, automatizzata, insindacabile. Il blocco improvviso del suo account Microsoft, avvenuto dopo l’invio (fallito) di un’email tecnica alla mailing list di LibreOffice, solleva interrogativi cruciali sull’affidabilità dei servizi cloud, sull’arbitrarietà delle piattaforme dominanti e sull’effettivo rispetto dei diritti digitali fondamentali.

Il blocco dell’account e la spirale kafkiana del “supporto”

Il 22 luglio 2025, mentre Kaganski cercava di inviare un messaggio tramite Thunderbird alla mailing list dei developer LibreOffice, lo sviluppatore si è visto restituire un errore SMTP. Al secondo tentativo, il suo account Microsoft è stato bloccato con il laconico messaggio “Your account has been locked due to activity that violates our Services Agreement”.

Una situazione già frustrante in sé, resa grottesca dall’impossibilità di completare la procedura di appello: la richiesta di verifica telefonica ha restituito un errore (“Prova un altro metodo”), senza alcuna alternativa proposta. La piattaforma di supporto Microsoft, raggiungibile solo previo accesso all’account (bloccato), ha rappresentato l’ennesimo ostacolo circolare: “Per ricevere assistenza su un problema di accesso, devi prima accedere”.

L’infrastruttura cloud: da servizio a trappola?

Il caso di Kaganski non è isolato. Sempre più utenti – sviluppatori, professionisti, fotografi, utenti comuni – segnalano di aver perso l’accesso a dati personali e professionali custoditi su servizi cloud come OneDrive, senza che esista un canale umano e diretto per la risoluzione del problema.

Meno di due mesi fa, abbiamo raccontato la storia di un utente Reddit che denunciato la perdita di 30 anni di foto e materiali di lavoro, con l’unico riscontro ricevuto da Microsoft dopo oltre dieci giorni: una mail automatica con istruzioni già tentate e inefficaci.

Al di là delle considerazioni sull’importanza di una politica di backup efficace, anche e soprattutto per i dati conservati sul cloud, da più parti si registra una preoccupante tendenza: l’automazione ha superato l’assistenza e le procedure di verifica appaiono più punitive che protettive.

Il paradosso è chiaro: chiunque può trovarsi, in pochi secondi, escluso da servizi essenziali (email, archiviazione, autenticazione a due fattori) senza motivo apparente né vie d’uscita realmente percorribili.

Una ritorsione politica? Il sospetto di lock-in strategico

Purtroppo, Microsoft ha al momento fornito spiegazioni ufficiali. L’episodio, tuttavia, si è verificato in un contesto delicato: Kaganski, oltre a essere sviluppatore LibreOffice, è stato tra coloro che recentemente hanno criticato le politiche Microsoft in merito ai formati proprietari e alla difficoltà di interoperabilità con i software open source.

LibreOffice, in particolare, fatica da anni a garantire compatibilità piena con i documenti DOCX, XLSX e PPTX, le cui specifiche – pur dichiarate standard – sembrano costantemente evolvere in modi che ostacolano l’adozione di alternative gratuite.

Office Open XML (OOXML), introdotto da Microsoft nel 2007 come successore dei vecchi formati binari (.doc, .xls, .ppt) è stato, sin dall’inizio, oggetto di feroci critiche da parte della comunità open source.

Sebbene OOXML sia formalmente approvato dall’ISO, Microsoft ha continuato a utilizzare, anche nei suoi software più recenti, una variante proprietaria non pienamente conforme con lo standard ISO/IEC 29500, chiamata Transitional. Questo ha creato un paradosso tecnico e politico: lo standard ufficiale esiste, ma non è pienamente implementato nemmeno dal suo ideatore.

Il team di LibreOffice – e prima ancora quello di OpenOffice – ha spesso denunciato la mancanza di documentazione chiara, i cambiamenti non tracciati nel comportamento dei formati, e le difficoltà nel garantire che i file prodotti con LibreOffice mantengano layout, stili e funzionalità identiche una volta aperti in Microsoft Office. Questo crea una barriera artificiale all’interoperabilità, ostacolando la diffusione di alternative gratuite e open source in ambienti pubblici e aziendali.

L’ipotesi che il blocco dell’account Microsoft di Kaganski sia il risultato di un automatismo mal calibrato è la più razionale. Ma in assenza di trasparenza, tracciabilità delle decisioni e accountability del sistema, resta il sospetto: e lo sviluppatore si chiede sul suo blog se Microsoft non stia usando i suoi servizi per esercitare pressione sull’ecosistema open source.

I problemi dell’attuale modello cloud-centrico vanno risolti

Secondo Kaganski, che utilizza parole taglienti, è giunta l’ora di ripensare radicalmente il rapporto tra utente e piattaforma, ridando centralità alla trasparenza, all’interoperabilità e alla tutela dell’utente finale.

Abbiamo bisogno di sistemi interoperabili, standard aperti e piattaforme realmente cristalline. Non è più solo una questione di ideologia open source: è una necessità strutturale per garantire la resilienza del tessuto digitale.

Kaganski sostiene che Microsoft abbia automatizzato ogni fase critica dell’interazione con l’utente, senza garantire fallback umani o sistemi di escalation efficaci. Il risultato è una “giustizia automatizzata” e inappellabile.

Ciò può rappresentare un rischio non solo per gli utenti, ma anche per aziende e Pubbliche Amministrazioni: se l’accesso può essere revocato arbitrariamente e il supporto è inefficace, la sovranità digitale ne risulta fortemente compromessa.

Cosa dovrebbe fare Microsoft: interoperabilità, trasparenza e responsabilità nell’era del cloud

Nel caso di specie, è controproducente anche per Microsoft continuare con l’approccio da più parti contestato. Ed è essenziale che l’azienda di Redmond si metta alle spalle le accuse di vendor lock-in che piovono da più parti: ad esempio da LibreOffice, così come da altre iniziative open come Nextcloud, ProtonMail, Tutanota e altre ancora. Il sostegno per i progetti aperti e le libertà digitali deve vedersi in ogni aspetto dell’ecosistema di Redmond.

Microsoft non può più permettersi di operare come una black box. Deve evolvere verso un modello aperto, trasparente e responsabile. Ma cosa significa, in pratica?

Implementare davvero gli standard aperti

Il caso dei formati OOXML è emblematico. Microsoft ha promosso il formato come standard aperto, ottenendone la ratifica ISO nel 2008, ma continua a utilizzare una variante non conforme allo standard ufficiale (OOXML Transitional). Microsoft dovrebbe impegnarsi pubblicamente ad adottare esclusivamente la versione ISO “Strict” di OOXML nei propri software e documentare in modo trasparente eventuali estensioni o deviazioni.

Fornire un canale di supporto umano efficace per blocchi e sospensioni

Nel caso Kaganski, il blocco dell’account è avvenuto per un presunto uso improprio (non dimostrato), seguito da un processo di recupero interamente automatizzato e fallimentare. Non è accettabile che un account sia sospeso senza una spiegazione chiara, senza possibilità di replica e senza l’intervento umano in fase di appello.

Microsoft dovrebbe creare un meccanismo chiaro e pubblico di contestazione delle sospensioni, gestito da personale umano, con tracciabilità delle risposte, tempi certi e obbligo di motivazione documentata.

Rispettare i principi di sovranità digitale e neutralità dei servizi

Il blocco di un account per l’invio di un’email tecnica, seppur innescato da un filtro automatico, assume un tono politico nel momento in cui coinvolge uno sviluppatore di un progetto open source considerato “concorrente” di Office e Microsoft 365.

Microsoft dovrebbe garantire che i suoi servizi – come Outlook.com, Azure, OneDrive – non discriminino in alcun modo utenti in base all’attività professionale, all’uso di software open source, o alla natura dei contenuti, se questi rispettano le leggi e i termini di servizio.

Questo significa trasparenza sugli algoritmi di moderazione, log accessibili in caso di segnalazioni automatiche e audit da parte di enti indipendenti.

Aprire l’infrastruttura cloud a un reale diritto alla portabilità

Quando un utente perde l’accesso a un account Microsoft, perde spesso molto più di un indirizzo email: perde autenticazione a due fattori, accesso ai file in cloud, a strumenti di lavoro e ai propri dati personali. E spesso anche la chiave di ripristino BitLocker, con l’impossibilità di accedere ai dati conservati nei propri PC!

Microsoft dovrebbe adottare un sistema di “cassaforte dati”: un meccanismo, accessibile in caso di sospensione, che consenta almeno il recupero selettivo dei dati personali e la revoca sicura dei token di autenticazione esterni. Ciò è in linea con i principi del GDPR europeo e con le raccomandazioni sulla portabilità dei dati.

Collaborare apertamente con l’ecosistema open source

Come ripetutamente rammentato, Microsoft ha compiuto passi importanti nel mondo open source: l’apertura del codice di .NET, l’acquisizione di GitHub, il supporto a Linux su Windows.

Tuttavia, resta un’ambiguità di fondo: l’open source è visto come utile solo se funzionale all’ecosistema Microsoft, non come diritto dell’utente a scegliere liberamente.

Il caso LibreOffice è emblematico: Microsoft potrebbe, volendo, collaborare attivamente per migliorare l’interoperabilità, documentando in modo esaustivo i formati, contribuendo a test di compatibilità o adottando standard comuni.

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