Nell’era della sorveglianza di massa e del controllo digitale sempre più invasivo, pochi strumenti incarnano la tensione tra sicurezza, potere e libertà come Tor. Spesso associato al Dark Web e alle attività illecite, Tor rappresenta invece un’innovazione tecnologica cruciale, nata da esigenze militari e divenuta un efficace strumento difensivo per giornalisti, attivisti, informatori e utenti comuni in tutto il mondo.
Ben Collier, docente senior di Metodi Digitali presso il Dipartimento di Scienza, Tecnologia e Studi sull’Innovazione all’Università di Edimburgo, è un esperto riconosciuto nel campo della privacy digitale e delle tecnologie crittografiche. Con un solido background accademico e un impegno costante nella ricerca interdisciplinare, Collier racconta la complessa storia di Tor, una rete nata da un progetto militare che ha rivoluzionato la difesa della libertà digitale nel mondo contemporaneo.
La narrazione si inserisce nel solco di importanti studi condotti anche al MIT, dove si sono sviluppate molte delle teorie e delle tecnologie fondamentali legate alla sicurezza informatica e all’anonimato online, offrendo così un quadro completo e approfondito di come Tor sia divenuto uno strumento essenziale nella lotta per la privacy globale.
Come nasce Tor: un nodo militare nel tessuto globale di Internet
Negli anni ‘90, mentre il World Wide Web si diffondeva rapidamente, le istituzioni militari statunitensi si trovarono di fronte a una sfida cruciale: come garantire comunicazioni segrete e sicure attraverso una rete globale progettata senza criteri di privacy?
Sebbene la crittografia fosse disponibile per proteggere i contenuti dei messaggi, il traffico Internet lasciava emergere metadati preziosi — come chi comunica con chi e da dove — esponendo agenti segreti e operazioni delicate a potenziali intercettazioni.
Tre ricercatori del Naval Research Laboratory (NRL), David Goldschlag, Mike Reed e Paul Syverson, inventarono quindi il concetto di onion routing (instradamento a cipolla), un sistema di comunicazione che avvolge i dati in molteplici strati crittografici, rendendo estremamente difficile tracciare il percorso o identificare il mittente e il destinatario. Ogni nodo della rete introduce uno strato crittografico, svelando solo l’indirizzo del nodo successivo e creando così un anonimato distribuito e resistente a qualunque forzatura.
Dal militare al civile: la rivoluzione dei cypherpunk
La visione militare di privacy e sicurezza si intrecciò presto con quella radicale e libertaria dei cypherpunk, un movimento di hacker, attivisti e scienziati informatici convinti che la crittografia fosse la chiave per liberare il potenziale emancipatorio di Internet. Questi pionieri vedevano nella privacy digitale uno strumento di difesa contro il controllo autoritario di stati, corporation e grandi media, un mezzo per riconquistare autonomia e libertà in un mondo sempre più sorvegliato.
La collaborazione tra NRL e cypherpunk fu cruciale: per funzionare davvero, Tor doveva essere usato non solo da agenti segreti ma anche da milioni di cittadini comuni. Solo una rete ampia e variegata poteva offrire un “mantello” di anonimato sufficientemente vasto da nascondere gli utenti più a rischio — giornalisti, attivisti, informatori — tra il traffico ordinario degli utenti normali.
Tor oggi: strumento di libertà o preoccupazione per la sicurezza?
Oggi Tor è un punto di riferimento per la privacy digitale, usato da chi cerca di sfuggire alla censura in regimi autoritari, da giornalisti che vogliono proteggere le proprie fonti, da cittadini che rivendicano il diritto a una navigazione riservata. Allo stesso tempo, è spesso criticato dalle forze dell’ordine come un rifugio per criminali e attività illegali.
Un dualismo che riflette un dilemma profondo della nostra epoca: la continua frizione tra il bisogno di sicurezza collettiva e la tutela dei diritti individuali. Leggi come l’Online Safety Act del Regno Unito mettono in discussione strumenti come Tor, sostenendo che ostacolano l’indagine su crimini gravi, mentre molte organizzazioni per i diritti digitali evidenziano come indebolire la crittografia equivalga a minare la sicurezza di chi più necessita di protezione, in particolare donne, minoranze e dissidenti.
La privacy, tuttavia, non è un semplice “optional tecnologico”, né una scelta individuale, ma una componente strutturale delle società democratiche. È il confine tra ciò che appartiene allo Stato, alla comunità, alla famiglia o all’individuo, e la sua violazione mette in discussione l’autonomia e la libertà stessa.
Collier afferma che “indebolire gli stessi strumenti che garantiscono la sicurezza delle comunità è una strategia poco efficace per fornire protezione. Man mano che una parte sempre maggiore delle nostre vite online viene incanalata nelle infrastrutture di intelligenza artificiale centralizzate, controllate da una piccola e sempre più radicalizzata élite tecnologica, strumenti come Tor stanno diventando sempre più importanti“. E conclude: “Oltre a offrire privacy e protezione dalla criminalità informatica in un panorama globale sempre più insicuro, indicano un futuro più ottimistico per Internet, un futuro in cui ricostruiremo la fiducia nelle nostre istituzioni sociali per affrontare i danni, piuttosto che cedere tale ruolo a tecnologie di controllo inaffidabili“.