Lo studio americano: i chatbot aumentano il rischio di psicosi

L'uso massiccio delle AI, in soggetti predisposti, potrebbe aumentare di molto il rischio di psicosi gravi.
Lo studio americano: i chatbot aumentano il rischio di psicosi

Negli ultimi mesi, un numero crescente di psichiatri ha lanciato un allarme preoccupante riguardo all’uso intensivo dei chatbot basati sull’intelligenza artificiale, suggerendo una correlazione diretta tra queste interazioni digitali e l’insorgere di gravi disturbi mentali.

Secondo quanto riportato dagli esperti, le conversazioni prolungate con le IA potrebbero scatenare sintomi psicotici in individui vulnerabili, portando a un netto incremento dei casi che richiedono trattamento ospedaliero.

La notizia arriva dagli Stati Uniti, dove il fenomeno è stato osservato con particolare attenzione all’Università della California a San Francisco dal dottor Keith Sakata. Lo psichiatra ha riferito di aver trattato personalmente dodici pazienti in regime di ricovero e altri a livello ambulatoriale, evidenziando come la tecnologia stia diventando un fattore critico nella salute mentale dei soggetti predisposti.

Perché l’AI aumenta le psicosi

Il meccanismo attraverso il quale l’intelligenza artificiale sembra influenzare negativamente la psiche umana è sottile ma pericoloso. Secondo il dottor Sakata, la tecnologia in sé non crea necessariamente i deliri dal nulla, ma agisce come un potente amplificatore.

Il problema fondamentale risiede nel fatto che i chatbot accettano e rispecchiano la realtà” descritta dall’utente senza mai metterla in discussione. Invece di fornire un ancoraggio alla realtà oggettiva, il sistema rinforza le idee del paziente, diventando parte integrante di un ciclo vizioso che convalida le false convinzioni.

Le psicosi sono generalmente caratterizzate da allucinazioni, pensiero confuso e, soprattutto, da convinzioni fisse e false; i chatbot, programmati per concordare ed espandere gli input dell’utente, finiscono involontariamente per alimentare tali idee, portando alcuni soggetti a credere di aver fatto scoperte rivoluzionarie, di comunicare con una macchina senziente o di essere parte di una missione divina.

Uccidersi, o uccidere, per colpa dell’AI

La gravità della situazione è sottolineata dalle conseguenze tragiche emerse a partire dalla primavera scorsa. Medici e ricercatori hanno segnalato casi conclusisi con suicidi e persino un omicidio, eventi che hanno spinto i parenti delle vittime a intentare diverse cause legali per omicidio colposo.

Sebbene non esista ancora una diagnosi formale di “psicosi indotta dall’IA“, la comunità scientifica sta cercando di documentare sistematicamente il fenomeno.

Uno studio danese ha individuato 38 individui nelle cartelle cliniche elettroniche il cui uso dei chatbot potrebbe aver avuto effetti dannosi, mentre un caso studio a San Francisco ha descritto una giovane donna di 26 anni convinta di parlare con il fratello defunto tramite ChatGPT.

È importante notare che fornitori come OpenAI sottolineano la presenza di altri fattori di rischio nei pazienti, come la privazione del sonno e il pensiero magico, ma la pressione pubblica sta comunque spingendo le aziende a implementare sistemi per riconoscere i segni di disagio mentale.

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