Quando si pensa ai robot del futuro, l’immaginario collettivo è ancora fortemente ancorato a figure umanoidi, con teste, braccia e gambe che imitano l’essere umano.
Tuttavia, la realtà della ricerca e dell’innovazione suggerisce una direzione molto diversa. A lanciare la sfida a questa visione è Rodney Brooks, pioniere della robotica, che propone una riflessione radicale: i robot dei prossimi quindici anni saranno caratterizzati non da forme antropomorfe, ma da una progettazione orientata alla funzionalità, alla sicurezza e all’efficienza operativa. La sua prospettiva invita a superare i cliché e a ripensare profondamente il ruolo e l’aspetto delle macchine intelligenti nella società contemporanea.
La narrazione dominante dei robot umanoidi viene messa in discussione da Brooks, che invita a considerare dispositivi sviluppati per compiti specifici, anziché per replicare l’aspetto umano. Secondo il ricercatore, la prossima generazione di robot sarà equipaggiata con sensori attivi collocati in punti strategici, come ad esempio vicino al bacino, per garantire una percezione ambientale superiore. Questa impostazione nasce dall’analisi delle criticità attuali: la limitata destrezza delle appendici robotiche e le questioni legate alla sicurezza robot nelle interazioni con le persone rappresentano ancora ostacoli significativi all’integrazione su larga scala di queste tecnologie.
Le sfide che dovranno affrontare i robot del futuro
Uno dei problemi più complessi che la robotica deve affrontare è quello della mano robotica. Nessun sistema oggi disponibile riesce a eguagliare la versatilità e la precisione delle mani umane. I robot attuali sono eccellenti nell’eseguire mansioni ripetitive e altamente specializzate, ma mostrano limiti evidenti quando si tratta di operare in ambienti non strutturati, dove la flessibilità è essenziale.
Brooks sottolinea inoltre che la sicurezza rappresenta una priorità imprescindibile: la massa e la potenza dei robot umanoidi a grandezza naturale comportano rischi concreti, tanto che, secondo l’esperto, dovrebbero essere mantenute distanze di sicurezza di almeno tre metri tra le macchine e gli operatori umani, almeno fino a quando non verranno sviluppati sistemi intrinsecamente più sicuri.
Contrariamente alle aspettative alimentate dalla fantascienza, le gambe potrebbero non essere la soluzione più efficace per la mobilità dei robot. Al contrario, le ruote si dimostrano una scelta più efficiente ed economica, specialmente nelle prime fasi di sviluppo. I robot del futuro potrebbero dunque adottare inizialmente una configurazione a due ruote, per poi evolversi verso sistemi più stabili e sofisticati.
L’innovazione non si limiterà alla struttura fisica, ma riguarderà anche i sensori attivi, che andranno ben oltre lo spettro visibile umano. L’impiego di radar a corto raggio e sistemi di luce attiva, posizionati in punti non convenzionali del robot, consentirà una percezione ambientale avanzata, migliorando l’autonomia e la sicurezza operativa.
Nonostante le dichiarazioni ottimistiche di alcune aziende che annunciano l’imminente adozione di robot umanoidi nei contesti industriali, Brooks invita alla cautela. La complessità tecnica e i requisiti stringenti in termini di sicurezza rendono questi scenari plausibili solo in applicazioni estremamente circoscritte. Un approccio realmente efficace richiede uno sviluppo graduale, test approfonditi e una regolamentazione che sia in grado di tenere il passo con il progresso tecnologico.