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La questione delle YouTube Shorts modificate senza il consenso degli autori sta facendo discutere l’intera community di creatori digitali.
L’ultimo caso, che ha visto protagonista il musicista Rick Beato e il chitarrista dei Pearl Jam, Mike McCready, ha sollevato dubbi e polemiche sull’utilizzo di machine learning da parte della piattaforma per apportare modifiche automatiche ai video, senza informare né chiedere il permesso agli stessi artisti. Un episodio che mette in luce i rischi legati alla gestione della trasparenza e della fiducia tra piattaforme e utenti in un’epoca in cui la Intelligenza Artificiale e le tecnologie digitali avanzate sono sempre più presenti nella nostra quotidianità.
Tutto è iniziato quando Rick Beato ha notato delle evidenti alterazioni visive in un’intervista pubblicata come Shorts: il video appariva differente rispetto all’originale, con una qualità visiva migliorata ma anche con un filtro digitale applicato senza alcuna richiesta. Questa scoperta ha dato il via a una vera e propria ondata di segnalazioni da parte di altre persone, che hanno riconosciuto nei loro contenuti simili cambiamenti non autorizzati. La reazione della community non si è fatta attendere, alimentando un acceso dibattito sui limiti dell’intervento tecnologico sui contenuti personali.
Il caso dei Pearl Jam ha scosso la community di YouTube
YouTube, di fronte alle numerose proteste, ha ammesso di aver introdotto tecnologie di deblurizzazione e denoising sui propri Shorts. L’obiettivo dichiarato era quello di migliorare la chiarezza e la fruibilità dei video brevi, che spesso vengono girati in condizioni di luce non ottimali o con dispositivi mobili di fascia media.
La piattaforma ha però sottolineato che si tratta di interventi realizzati tramite machine learning e non attraverso sistemi di AI generativa, nel tentativo di rassicurare gli artisti e ridimensionare la portata delle modifiche.
Nonostante queste precisazioni, la polemica non si è placata. Al centro delle critiche c’è la totale assenza di trasparenza e di un sistema di opt out che permettesse agli autori di scegliere se sottoporre o meno i propri contenuti alle modifiche automatiche. Per molti autori, la possibilità di mantenere il controllo sui propri video rappresenta un elemento fondamentale per la costruzione di un rapporto di fiducia con il pubblico e per garantire l’autenticità del messaggio veicolato.
A seguito delle proteste, YouTube ha annunciato tramite il Creator Liaison Rene Ritchie l’introduzione di una nuova funzionalità di opt out. Questa opzione consentirà agli artisti di escludere i propri Shorts dagli interventi di deblurizzazione e denoising automatici, restituendo agli autori la possibilità di decidere in prima persona come presentare i propri contenuti. La piattaforma ha giustificato la scelta iniziale spiegando che gli Shorts, per loro natura, sono pensati per una fruizione rapida su dispositivi mobili e che spesso soffrono di problemi di qualità visiva.
La vicenda, tuttavia, solleva questioni ben più ampie rispetto al semplice miglioramento tecnico dei video. In un panorama digitale in cui la manipolazione dei contenuti tramite AI e machine learning è sempre più diffusa, il rispetto della trasparenza e della fiducia tra piattaforme e artisti diventa cruciale. Modificare i video dopo il caricamento, senza un consenso esplicito, rischia di compromettere la percezione di autenticità che rappresenta il vero valore aggiunto del lavoro di musicisti (e non solo).