Il conto alla rovescia per la fine del supporto a Windows 10 sta per concludersi: dal 15 ottobre 2025 l’attuale sistema operativo di Microsoft non riceverà più aggiornamenti di sicurezza. A meno di non aderire al programma ESU, gratuito per un anno per gli utenti consumer e tutti coloro che non hanno stipulato contratti “ad hoc” con l’azienda di Redmond.
Secondo le stime più recenti, tra 240 e 400 milioni di computer non potranno passare a Windows 11 a causa dei requisiti hardware imposti da Microsoft, vincoli che non sono mai stati allentati dalla loro introduzione e che rappresentano una barriera per macchine ancora perfettamente funzionanti. Il risultato? Un’ondata di obsolescenza software che si tradurrà in un aumento significativo dei rifiuti elettronici (e-waste) a livello globale.
Il toolkit della comunità e l’appello a Microsoft
Per fronteggiare lo scenario, The Restart Project ha diffuso un “End of Windows 10 toolkit”, un insieme di informazioni studiate per aiutare i gruppi di riparazione comunitaria ad accompagnare utenti e organizzazioni nella gestione della transizione, abbandonando progressivamente Windows 10. L’obiettivo è ridurre l’impatto ambientale e offrire alternative praticabili prima che milioni di computer siano dismessi e finiscano in discarica.
Fiona Dear, co-direttrice del progetto, ha ricordato come la fine del supporto per Windows 10 coincida in maniera simbolica con due ricorrenze: il 14 ottobre 2025 ricorre infatti l’International Repair Day e l’E-waste Day. Un paradosso che evidenzia l’urgenza del problema:
Abbiamo bisogno che Microsoft estenda il supporto gratuito e automatico per Windows 10. E abbiamo bisogno di una legislazione che renda l’obsolescenza software illegale per tutti i prodotti. Le aziende come Microsoft stanno contribuendo a una vera e propria discarica globale di rifiuti elettronici. Con la Strategia per l’Economia Circolare del Regno Unito, il nuovo ministro Emma Reynolds ha l’occasione di fermare questa deriva. (Fiona Dear, The Restart Project)
Ciclo di vita del software: equilibrio tra innovazione e supporto sostenibile
Le dichiarazioni di Fiona Dear suonano molto forti e perentorie. Il tono è volutamente provocatorio: non si tratta solo di un’analisi tecnica o economica, ma di un messaggio politico e mediatico pensato per attirare attenzione su un tema che rischia di passare in secondo piano.
In realtà Microsoft, come anticipato anche in apertura, offre già un programma ESU gratuito per estendere di un anno (fino a metà ottobre 2026) gli aggiornamenti per Windows 10. Le realtà aziendali strutturate possono invece accedere al programma ESU a pagamento che, a fronte del versamento di canoni di entità crescente, possono estendere il supporto per Windows 10 di tre anni, fino a metà ottobre 2028.
Va ricordato, inoltre, che il ciclo di vita del software non è una novità introdotta da Microsoft con Windows 10, ma una pratica consolidata da decenni nell’industria informatica. Ogni piattaforma, che sia un sistema operativo o un’applicazione, ha necessariamente una data di fine supporto: mantenere aggiornamenti di sicurezza e compatibilità per tecnologie ormai superate richiederebbe risorse immense, sottraendo tempo e investimenti allo sviluppo di soluzioni più moderne ed efficienti.
La definizione di una scadenza per il software via via sviluppato non è quindi solo una scelta commerciale, ma anche un modo per spingere utenti e aziende ad adottare standard tecnologici più avanzati, garantendo prestazioni migliori, nuove funzionalità e un livello di sicurezza adeguato alle minacce informatiche attuali. Pretendere un supporto infinito significherebbe bloccare l’evoluzione del settore e appesantire i costi di manutenzione a discapito dell’innovazione.
Il caso del passaggio a Windows 11: un’occasione mancata per Microsoft
L’autore di quest’articolo non ritiene che sia stato commesso un errore con la gestione del ciclo di vita di Windows 10. Dieci anni di supporto per un qualunque sistema operativo, come nel caso di specie, sono tanti!
Basti ricordare che solo le versioni LTS di Ubuntu e Debian ricevono 5 anni di supporto ufficiale per desktop e server (aggiornamenti di sicurezza e manutenzione). Bisogna guardare a Red Hat Enterprise Linux (RHEL), distribuzione destinata alle aziende di più grandi dimensioni, per trovare 10-13 anni di supporto – a seconda del contratto stipulato – nella Extended Life Phase.
Ancora, le versioni LTS di SUSE Linux Enterprise (SLE) offrono 10 anni di supporto standard con la possibilità di attivare un’estensione fino a 13 anni complessivi.
Il problema, quindi, non è certo la fine del supporto di Windows 10. Microsoft, piuttosto, ha commesso una serie di errori strategici con Windows 11. Gli “scivoloni” sono essenzialmente due: la rigidità dei requisiti hardware per l’installazione di Windows 11 e la comunicazione confusa.
L’imposizione obbligatoria del chip TPM 2.0, di Secure Boot e il controllo severo sulle CPU compatibili (che non viene esercitato installando da zero Windows 11) hanno escluso dalla possibilità di aggiornare centinaia di milioni di PC ancora perfettamente funzionanti.
Una gestione più equilibrata, ad esempio mantenendo quell’Hard Floor a cui Microsoft aveva pensato inizialmente e consentendo aggiornamenti su hardware ancora valido, avrebbe garantito continuità, minore frammentazione della base installata e una transizione più graduale verso tecnologie più moderne. Invece, l’approccio adottato ha generato confusione, insoddisfazione e costi aggiuntivi sia per gli utenti sia per Microsoft stessa, compromettendo stabilità, fidelizzazione e immagine aziendale.
Cos’è l’“End of Windows 10 Toolkit”
L’“End of Windows 10 toolkit” è una guida pratica e modulare sviluppata da The Restart Project e pensata per i gruppi di riparazione comunitari (Repair Cafés, Restart Parties, associazioni che investono sul riuso, Linux User Groups, e così via).
Lo scopo è quello di fornire strumenti, procedure e consigli operativi per aiutare persone e famiglie che stanno usando Windows 10 ancora oggi e che non possono aggiornare a Windows 11. La missione principale è prolungare la vita utile dei computer, ridurre l’e-waste e aiutare utenti non esperti a scegliere soluzioni pratiche e sicure.
Azioni pratiche suggerite dal toolkit
Anche in Italia sono in corso di organizzazione eventi per gestire la fine del supporto di Windows 10 da parte di Microsoft. Il toolkit consiglia di contattare tutti coloro che richiedono aiuto per via telefonica o email e capire l’uso della macchina, verificando se l’utente sia in possesso di un backup e se è disposto a cambiare sistema operativo.
Il passo successivo consiste nell’eseguire un inventario software e una verifica hardware (CPU, RAM, storage, UEFI/BIOS, TPM, spazio libero).
A questo punto si suggerisce di consigliare l’opzione migliore in funzione di bisogni e hardware: Linux (Mint, Zorin ecc.) per prolungare vita, compatibilità con software desktop equivalente (LibreOffice, Thunderbird, GIMP).
Si parla del dual-boot se l’utente vuole mantenere Windows per un’app specifica e di ChromeOS Flex per gli utenti che usano prevalentemente Web app.
The Restart Project ricorda che è ovviamente possibile restare su Windows 10 attivando ESU o altre soluzioni di patching (come 0patch). Purtroppo, però, non si spiega che è comunque possibile aggiornare a Windows 11 i vecchi sistemi Windows 10 non supportati ufficialmente.
È infatti possibile effettuare un aggiornamento in-place da Windows 10 a Windows 11 per i PC che non supportano i requisiti, quindi senza perdere dati, applicazioni e configurazioni. Bisogna essere consapevoli dei “contro”, ovvero della necessità di ripetere la procedura quando Microsoft rilascia un nuovo feature update di Windows 11 (ad esempio Windows 11 26H2). Ed è altrettanto indispensabile comprendere che si tratta di procedure non supportate.
Windows 10 non muore davvero
Con la fine del supporto ufficiale per Windows 10, prevista per il 14 ottobre 2025, non significa che il sistema operativo smetterà di funzionare. I PC continueranno a essere utilizzabili come sempre, ma senza i futuri aggiornamenti di sicurezza e le patch rilasciate da Microsoft, a partire dal Patch Tuesday di novembre 2025. Questo è il punto che spesso genera allarmismo: la macchina non si blocca improvvisamente; gli utenti possono ancora navigare, lavorare e usare applicazioni senza interruzioni immediate.
Con un po’ di attenzioni, è possibile continuare a usare Windows 10 dopo ottobre 2025 senza incorrere in alcun problema. Inoltre, come più volte evidenziato, esistono diverse strategie per prolungare la vita utile del sistema:
- Programma ESU (Extended Security Updates): Microsoft offre la possibilità di ricevere aggiornamenti critici per un anno aggiuntivo gratuitamente per gli utenti consumer o a pagamento per le aziende.
- Soluzioni alternative: strumenti come 0patch o l’aggiornamento non ufficiale a Windows 11 permettono di mantenere la sicurezza o accedere alle funzionalità più moderne anche su hardware non ufficialmente supportato.
- Transizione a sistemi alternativi: il toolkit di The Restart Project incoraggia l’uso di distribuzioni Linux leggere o ChromeOS Flex, offrendo una continuità d’uso senza sprecare hardware perfettamente funzionante.
Ci sono poi strategie non convenzionali, ad esempio con l’aggiornamento a Windows 10 IoT Enterprise LTSC 2021 (o la sua installazione pulita) per ricevere gli aggiornamenti di sicurezza addirittura fino a gennaio 2032. Trattandosi di un’edizione speciale che Microsoft concede a un numero limitato di soggetti e con licenze a volume è importante farsi qualche domanda in modo da non incorrere in sorprese.
Per molte aziende, passare da Windows a Linux non è una scelta immediata: richiede di affrontare complessità legate a compatibilità software, integrazione con infrastrutture esistenti come Active Directory, formazione del personale e gestione dei processi aziendali, trasformando quello che potrebbe sembrare un semplice aggiornamento in un vero e proprio cambio di paradigma operativo.
Conclusioni
In sintesi, Windows 10 non “muore”: la sua fine rappresenta soltanto un cambio di fase nel ciclo di vita del software, pensato per spingere verso soluzioni più sicure e aggiornate. La critica di The Restart Project riguarda piuttosto l’impatto ambientale e sociale della transizione forzata, sottolineando l’importanza di strategie consapevoli per ridurre l’e-waste e prolungare la vita dei PC. Con un approccio intelligente, è possibile continuare a usare i propri dispositivi in sicurezza, senza doverli sostituire immediatamente.