Yusuf Mehdi, vicepresidente esecutivo di Microsoft, ha dichiarato in un lungo post che Windows “alimenta” oltre un miliardo di dispositivi attivi in tutto il mondo. Un dato apparentemente rassicurante, ma che rivela una realtà ben diversa se confrontato con quanto riportato nel bilancio Microsoft 2022: all’epoca, oltre 1,4 miliardi di dispositivi eseguivano Windows 10 o Windows 11. Considerato che questi documenti contengono informazioni finanziarie rilevanti e sono soggetti a rigidi controlli legali, si può dedurre con un buon grado di certezza che l’ecosistema Windows ha perso circa 400 milioni di dispositivi attivi in soli tre anni.
Un declino sostenuto dall’aggiornamento forzato a Windows 11?
La significativa contrazione spiega in parte l’atteggiamento aggressivo con cui Microsoft sta spingendo gli utenti a migrare verso Windows 11, soprattutto ora che Windows 10 si avvicina alla fine del supporto ufficiale (prevista per ottobre 2025). L’azienda spera così di conservare l’utenza esistente incentivando gli aggiornamenti su hardware compatibili o, in alternativa, spingendo all’acquisto di nuovi PC certificati. Ma la strategia sembra non funzionare del tutto.
Molti dispositivi ancora perfettamente funzionanti non soddisfano i requisiti tecnici per eseguire Windows 11 (come il supporto per il chip TPM 2.0 o l’utilizzo di CPU indicate come compatibili): questo ha generato una crescente frustrazione tra gli utenti, che si ritrovano tagliati fuori pur disponendo di macchine efficienti. Oltretutto, sfatiamo un falso mito: Windows 11 si installa anche su sistemi con CPU vecchie. È solo l’aggiornamento diretto da Windows 10 (“in-place upgrade“) che non è consentito, seppur sia possibile scavalcare il controllo e procedente ugualmente.
Ne parliamo nell’articolo sull’aggiornamento in-place dei dispositivi che non supportano i requisiti.
Non è solo Apple a beneficiare del calo di Windows
È facile pensare che gli utenti abbiano semplicemente migrato verso macOS, soprattutto con l’ascesa dei MacBook basati su Apple Silicon, che combinano performance elevate e grande autonomia. Tuttavia, anche il segmento Mac ha vissuto un rallentamento: secondo Statista, nel 2023 il fatturato generato dai computer Apple rappresentava solo il 7,7% del totale, ben lontano dai livelli del passato. Il vero motivo della fuga dagli ecosistemi tradizionali sembra invece un cambiamento culturale e tecnologico ben più profondo.
Con la scadenza ufficiale del supporto a Windows 10 imminente, le imprese saranno probabilmente incentivate a rinnovare i propri dispositivi per motivi di conformità e sicurezza. Ma nel mercato consumer la situazione è diversa: per molti utenti domestici, un PC con Windows 10 continuerà a funzionare perfettamente anche senza aggiornamenti. La sicurezza percepita spesso non è sufficiente a giustificare una spesa per un nuovo dispositivo, specialmente in un contesto economico incerto. Per questo Microsoft ha estratto dal cappello l’idea degli aggiornamenti gratuiti ESU (Extended Security Updates) fino al 13 ottobre 2026 per gli utenti non aziendali.
Le alternative, però, si stanno comunque moltiplicando. Con un budget di 800–1.000 euro, ad esempio, è possibile acquistare un MacBook Air M2, mentre con cifre più contenute si trovano numerosi Chromebook che soddisfano le esigenze di base. Il fatto che molte scuole adottino già i dispositivi Google Chrome OS come piattaforma didattica potrebbe consolidare una generazione di utenti fidelizzati all’ecosistema Google fin dalla giovane età.
E non dimentichiamoci di Linux. Il 2025 è da molti indicato come l’anno della consacrazione delle principali distribuzioni Linux desktop, come alternativa concreta a Windows 10, Windows 11 e all’imposizione di requisiti minimi troppo severi per l’installazione di quest’ultimo sistema operativo. Endof10 è uno dei progetti che vuole aprire la strada a Linux come rimpiazzo dei sistemi Microsoft.
L’era post-PC è arrivata sul serio?
Tablet e smartphone, un tempo considerati semplici complementi al PC, oggi sono dispositivi sufficienti per una parte significativa della popolazione. Con SoC sempre più potenti, sistemi operativi mobili maturi e un ecosistema di app e servizi cloud in continua espansione, molti utenti non sentono più la necessità di possedere un computer tradizionale.
I PC Windows conservano ancora una presenza significativa per tante professioni tecniche e verticali, nel settore gaming e in generale per molteplici attività in cui risulta ancora conveniente produrre contenuti servendosi di strumenti e periferiche tradizionali.
Microsoft si trova oggi di fronte a una trasformazione epocale. L’ecosistema Windows, che per decenni è stato il pilastro della sua supremazia, sta lentamente perdendo rilevanza nel mercato consumer, in parte per motivi tecnici (requisiti stringenti per Windows 11), ma soprattutto per cambiamenti sociotecnologici. Le abitudini digitali si sono evolute, e con esse le aspettative degli utenti.
Un cambio di passo per Microsoft?
Oggi, strumenti per produrre documenti, gestire lavori, tool collaborativi e gestionali completamente web-based offrono alternative gratuite o a basso costo accessibili da qualsiasi dispositivo con un browser. Microsoft ha già da tempo abbracciato questa filosofia portando buona parte delle sue applicazioni e dei suoi servizi sul cloud.
Va detto, quindi, che la vera spina dorsale del business Microsoft non è più il sistema operativo Windows, ma un ecosistema distribuito, cloud-native e sempre più aperto a piattaforme diverse.
Azure, Microsoft 365 e l’economia del cloud integrato
Il cuore pulsante delle attività di Redmond è Azure, la piattaforma cloud che rappresenta uno dei principali competitor di AWS e Google Cloud. Azure non è solo infrastruttura: è un ambiente completo, che ospita servizi cognitivi, AI, gestione dei dati, DevOps, sicurezza e orchestrazione di macchine virtuali, incluse quelle basate su Windows. Proprio questa modularità e apertura lo rendono centrale nella strategia cloud-first di Microsoft, in cui la dipendenza da un singolo sistema operativo sta rapidamente svanendo.
In parallelo, Microsoft 365 (ex Office 365) continua ad evolversi come un insieme di strumenti per la produttività accessibili ovunque: Word, Excel, Outlook e Teams sono oggi nativamente web-based, integrati nel cloud e utilizzabili da qualunque sistema operativo, incluso Android, iPadOS, macOS e Linux tramite browser. Questo approccio multipiattaforma si traduce in una riduzione del legame diretto tra software e sistema operativo, rendendo Windows meno centrale per l’accesso ai servizi core dell’azienda.
Windows 365 e il concetto di Cloud PC
Un esempio lampante del cambiamento in atto è Windows 365, il cosiddetto “Cloud PC”. Si tratta di una versione completamente virtualizzata del sistema operativo, eseguibile tramite browser o app client, accessibile da qualsiasi dispositivo. Windows diventa un servizio più che un software installato localmente: un desktop remoto gestito nel cloud, costantemente aggiornato, sicuro, flessibile, indipendente dall’hardware del client.
La transizione cambia completamente la natura del rapporto utente-sistema operativo: Windows non vive più sulla macchina, ma è una delle tante risorse disponibili nel cloud, alla stregua di una macchina virtuale o di una sessione RDP scalabile on demand. Un cambiamento che prepara il terreno per futuri scenari cross-platform radicali.
L’integrazione con Android e il superamento delle barriere tra ecosistemi
Microsoft ha anche rafforzato il suo impegno sul fronte mobile, in particolare con l’integrazione di Windows e Android. L’app “Collegamento al telefono” consente di ricevere notifiche, rispondere a messaggi, accedere a foto e persino eseguire applicazioni Android direttamente sul desktop Windows. Inoltre, grazie alla collaborazione con Samsung e altri OEM, l’esperienza Android-Windows è ormai destinata a farsi ancora più stretta.
L’AI come nuovo asse centrale
Con l’arrivo di Copilot in Word, Excel, PowerPoint, Teams e Windows stesso, Microsoft sta rapidamente posizionando l’intelligenza artificiale come il nuovo centro di gravità della produttività personale e aziendale. I modelli linguistici sviluppati in collaborazione con OpenAI (inclusi GPT-4 e successivi) sono ora integrati in modo trasversale nei suoi prodotti, rendendo sempre più secondario il concetto tradizionale di sistema operativo.
La stessa interfaccia utente di Windows 11 è stata modificata per accogliere Copilot in modo sempre più pervasivo. Ma si tratta di un’intelligenza che può vivere tranquillamente anche su macOS, Android o Linux, rafforzando l’idea che Windows non sia più il contenitore necessario, ma solo uno dei tanti punti d’accesso all’ecosistema Microsoft.
Verso un Windows 12 cloud-native e realmente cross-platform?
Alla luce di tutto questo, è plausibile ipotizzare che Windows 12 sarà un sistema operativo profondamente rinnovato, non solo sul piano estetico o funzionale, ma concettuale. Potrebbe diventare:
- Modulare, con componenti aggiornabili via cloud.
- Agnostico rispetto alla piattaforma, con un forte supporto a web app e tecnologie per la containerizzazione.
- Sempre più strettamente integrato con i servizi cloud e AI, al punto che l’esperienza desktop locale sarà solo una delle modalità d’interazione possibili.
In questo scenario, Windows diventa un layer esperienziale, non un sistema operativo nel senso tradizionale. E se così fosse, Microsoft sarebbe riuscita a trasformare il suo prodotto più iconico in una piattaforma neutra, adattabile e persistente. E questo potrebbe aiutare, forse, a recuperare gli utenti perduti.