X mostra l'uso di VPN sui profili: è allerta privacy

X annuncia che segnalerà l'uso di VPN sui profili per aumentare la trasparenza; esperti avvertono sui rischi per la privacy.
X mostra l'uso di VPN sui profili: è allerta privacy

Il confine tra trasparenza e rischio di esposizione torna prepotentemente al centro del dibattito digitale: la piattaforma X – nota in passato come Twitter – si prepara a introdurre una funzione che potrebbe cambiare radicalmente il modo in cui gli utenti percepiscono la propria privacy digitale.

Secondo le anticipazioni, dal 18 novembre 2025, la sezione About Your Account segnala se un utente si connette tramite VPN o proxy, segnalando esplicitamente quando la geolocalizzazione “potrebbe non essere accurata”. Un aggiornamento che promette di colpire bot e campagne di disinformazione, ma che solleva interrogativi profondi sulla tutela di chi, in molte parti del mondo, si affida all’anonimato per sopravvivere online.

L’annuncio è arrivato direttamente da Nikita Bier, Head of Product di X, che ha illustrato come questa novità andrà ad affiancarsi a dati come la data di creazione dell’account, le modifiche dello username e il paese associato. L’obiettivo dichiarato? Rafforzare la trasparenza per arginare la diffusione di contenuti ingannevoli e dare agli utenti strumenti in più per valutare l’affidabilità delle fonti. Ma, come spesso accade, la realtà è molto più complessa delle intenzioni di partenza.

Una funzione contro i bot ma che penalizza anche gli utenti comuni

Per molti, questa svolta rappresenta un passo avanti verso una piattaforma più affidabile e meno soggetta a manipolazioni. Tuttavia, le critiche non si sono fatte attendere, soprattutto da parte di esperti di sicurezza e organizzazioni impegnate nella difesa della privacy digitale. Il timore principale è che la nuova funzione finisca per colpire proprio chi più necessita di protezione: attivisti, giornalisti e ricercatori che operano in contesti ostili, dove la libertà di espressione è un diritto tutt’altro che scontato.

Marijus Briedis, CTO di NordVPN, ha sottolineato come questa visibilità rischi di trasformare l’uso legittimo di strumenti di protezione in un fattore di sospetto. “In molti paesi, collegarsi tramite VPN è l’unico modo per accedere a informazioni non filtrate o per comunicare in sicurezza.

Esporre questo dato pubblicamente equivale a mettere nel mirino chi lotta per la libertà di informazione”, ha dichiarato Briedis. Sulla stessa linea anche Isik Mater di NetBlocks, che ha ricordato come numerosi attivisti dipendano da questi strumenti per sfuggire a sorveglianza e repressione. “Segnalare chi usa una VPN non è solo una questione tecnica, ma una scelta politica che può avere conseguenze drammatiche”, ha aggiunto Mater.

Le incertezze tecniche, poi, sono tutt’altro che marginali. Non è ancora chiaro con quale precisione X sarà in grado di identificare le connessioni tramite VPN, quali criteri adotterà per la segnalazione, né se gli utenti avranno la possibilità di disattivare la funzione o contestare eventuali errori. Gli esperti di cybersecurity mettono in guardia: rilevare un tunnel cifrato non significa necessariamente individuare l’origine reale di un account. Un avviso generico rischia di diventare un’arma a doppio taglio, usata per screditare o discriminare voci scomode.

Anche dal punto di vista normativo la questione è delicata. Le piattaforme che decidono di rendere visibili nuovi dati devono dimostrare la necessità e la proporzionalità di misure che incidono sulla privacy digitale degli utenti. In Europa, ad esempio, il GDPR impone vincoli stringenti sulla raccolta e l’esposizione di informazioni personali. Una mossa come quella annunciata da X potrebbe attirare l’attenzione delle autorità garanti e aprire la strada a nuovi contenziosi.

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