La link tax ovvero la fantasiosa manovra per far pagare Google farà un buco nell'acqua

Google sta valutando la chiusura del servizio News in Europa se la nuova normativa per tutela del copyright dovesse entrare in vigore così come è stata approvata. Cos'è la link tax e perché sarà solo un boomerang per gli editori online.

A settembre 2018 il Parlamento europeo ha approvato le nuove disposizioni in materia di tutela del copyright che, tra le altre novità, impongono agli aggregatori di contenuti di versare un contributo agli editori online per la ripubblicazione di una parte dei loro testi: Approvata la nuova direttiva europea sul copyright.

L’evidente obiettivo è quello di battere cassa nei confronti di Google che attraverso la sua famosa piattaforma Google News ripubblica quotidianamente snippet ovvero estratti delle notizie e degli articoli pubblicati su un gran numero di siti web.

Il contenuto dell’articolo 11 della nuova normativa, quello che introduce la cosiddetta link tax, è pericoloso e rischierà di ritorcersi contro quegli stessi editori online che il provvedimento vorrebbe forse tutelare.

Iniziamo col dire che solamente chi soffre di una grave forma di “miopia digitale” può non rendersi conto di quanto inopportuno, controproducente e anacronistico sia il contenuto dell’articolo 11.

Gran parte del traffico di cui beneficiano gli editori online sui rispettivi siti web arriva da Google. Shareaholic ha calcolato che circa il 38% del traffico generato da 250.000 siti web, sia su mobile che su desktop, arriva proprio per tramite del motore di ricerca di Google. Se si aggiungono anche i clic ottenuti mediante il servizio Google News si arriva al 50%; con buona pace dei social network che complessivamente portano visite, tranne casi particolari, per un 18% circa.


Il grafico realizzato da Shareaholic, che ripubblichiamo, è eloquente e mostra come la parte del leone sia proprio rivestita dal search, con la forbice rispetto ai social che sembra destinata ad ampliarsi.

Il traffico di cui Google è foriero è preziosissimo per gli editori e sono essi stessi che promuovono la diffusione di estratti dei loro contenuti, ad esempio attraverso i feed RSS o la pubblicazione di snippet sui social.

Alla base delle novità normative sembra esserci l’idea di voler “far pagare Google a tutti i costi”. In Google News la società di Mountain View non mostra messaggi pubblicitari e i contenuti presentati agli utenti fanno diretto riferimento ai siti web degli editori.
In altre parole, cliccando su un titolo o su un’immagine si viene immediatamente diretti verso la pagina in cui l’articolo è effettivamente pubblicato.

Obbligare Google a versare una “tassa” per ogni contenuto pubblicato in estratto significherebbe darsi la proverbiale zappa sui piedi e non comprendere il valore di un servizio come Google News come leva per aumentare la propria visibilità, il traffico e in ultima analisi i ricavi.

Come abbiamo più volte ipotizzato, adesso l’azienda fondata da Larry Page e Sergey Brin starebbe valutando di chiudere Google News in Europa se le nuove disposizioni dovessero entrare in vigore.
Lo ha confermato esplicitamente Richard Gingras, vice presidente del progetto Google News, nel corso di un’intervista rilasciata alla testata The Guardian. E non sarebbe la prima volta visto che nel 2014 Google decise di ritirare News in Spagna dopo l’approvazione delle nuove norme a tutela dell’editoria.
Eppure, nonostante le conseguenze nefaste segnalate a quel tempo da tantissimi editori (Chiusura di Google News in Spagna, effetti devastanti), l’Europa sente il bisogno di guardare ancora una volta, a torto, nella stessa direzione. Quando non si imparano mai lezioni…

La chiusura di Google News in Europa rappresenterà un problema anche per gli utenti finali perché renderà molto più difficoltoso l’accesso alle ultime notizie e la ricezione di aggiornamenti in tempo reale, anche sui dispositivi mobili.

Quando il legislatore non conosce i meccanismi alla base del Web e i pilastri fondanti sui quali esso poggia (stranamente Tim Berners-Lee ha aspramente criticato la nuova regolamentazione europea…) si rischiano di fare solamente pasticci, come tanti si sono susseguiti nel corso del tempo.

Da parte nostra (e per quanto può contare non vogliamo un centesimo da Google né da altri aggregatori di contenuti per la pubblicazione dei nostri articoli…) auspichiamo che qualora entrasse in vigore la nuova normativa in tema di tutela del copyright Google provveda ad attivare un sistema di opt-in per quegli editori che volessero contribuire a Google News con i propri contenuti.
A tutti gli altri dinosauri, che pensano di aver trovato un modo per rafforzare i propri ricavi, suggeriamo di studiare l’utilizzo del file robots.txt per bloccare l’indicizzazione dei contenuti, news comprese. Chissà se a distanza di appena qualche giorno questi stessi soggetti non decideranno di fare inversione a U.

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