La storia di Apple sul solco dell'innovazione fino ai nuovi chip M1 Pro e Max

È Steven Sinofsky, ex presidente della divisione Microsoft Windows, a tracciare un bilancio dell'attività di Apple fino al lancio dei nuovi SoC M1 Pro e M1 Max.

Molti dei nostri lettori si ricorderanno di Steven Sinofsky, presidente della divisione Microsoft Windows dal 2009 al 2012 e responsabile, all’epoca, di progetti come Internet Explorer, Outlook.com e SkyDrive, poi rinominato in OneDrive.
Sinofsky lasciò Microsoft poco prima del lancio dello sfortunatissimo Windows 8 a causa degli attriti che si erano venuti a creare con la dirigenza dell’azienda di Redmond (all’epoca al timone c’era ancora Steve Ballmer…).

Nonostante la sua militanza in Microsoft, Sinofsky ha da sempre apprezzato l’elevato carico di innovazione che Steve Jobs volle sempre portare nella sua azienda.
Così l’ex presidente delle divisioni Windows e Windows Live ha voluto pubblicare oggi su Twitter una bella serie di post con cui viene ripercorsa la storia di Apple fino al lancio dei nuovi SoC M1 Pro e M1 Max.

Quella che potrebbe essere vista come un’evoluzione di iPhone/ARM è in realtà il capitolo più recente della storia Apple iniziata nel 1991 con PowerPC. E che storia di innovazione!” ha esordito Sinofsky.

Su Medium Sinofsky ha pubblicato anche una serie di testimonianze storiche tra cui ritagli di giornali e riviste specializzate in cui si parla delle novità via via introdotte da Apple.

L’architettura PowerPC (1991) fu un enorme investimento per IBM, pilastro fondamentale di una strategia volta a riguadagnare il controllo end-to-end sul mercato, a partire dalle workstation. Big Blue non disponeva di una vera e propria piattaforma software (anche se Unix era un po’ il punto di riferimento e OS/2 la speranza futura di IBM) così la grande scommessa fu puntare su Windows NT.

Si formò quindi un'”improbabile” partnership tra IBM, Apple e Microsoft che coincise con lo scioglimento dell’alleanza conosciuta come AIM tra Apple, IBM e Motorola. Fu un cambio di rotta importante perché Motorola era il fornitore di tutti i chip di Apple che furono utilizzati agli albori con i primi Macintosh.
Apple si era affidata a Motorola anche per il lancio del suo PowerBook ma anche le ultime iterazioni erano “tristemente indietro rispetto ai PC Intel“, osserva Sinofsky.

Sebbene il Motorola 68030 fosse un chip fantastico il software Mac non lo sfruttava pienamente e l’asse “WinTel” ovvero Windows-Intel stava procedendo a grandi passi sulla piattaforma 486.
Jean-Louis Gassée, ex capo della divisione Mac di Apple, le cui posizioni dell’epoca sono state ribadite anche di recente con il consiglio a Microsoft di investire di più su ARM (suggerimento accettato, almeno per i Surface, viste le ultime notizie), riteneva che Apple avrebbe dovuto diventare un produttore di chip sebbene la mossa costasse miliardi. Una visione che fa ben capire il presente.

Nella terra dei processori x86, da sempre stata feudo di Intel e AMD (oltre che di VIA), le velocità di calcolo e i megahertz continuavano a crescere insieme con i dettami della legge di Moore. L’investimento e l’eccellenza di Intel nella produzione hanno reso praticamente impossibile per chiunque recuperare il ritardo, specialmente puntando su un prodotto CISC similare.

Passando a x86 Apple si sarebbe messa in concorrenza diretta con tutti gli altri così la Mela scommise su PowerPC e nel 1994 lanciò il primo Power Macintosh 6100 in collaborazione con IBM.
Il percorso fu però molto accidentato perché il sistema Mac doveva essere adattato alla piattaforma PowerPC, hardware e periferiche comprese.
Utilizzando l’emulazione gli sviluppatori Apple riuscirono a portare tante applicazioni sul nuovo hardware (Photoshop ha richiesto qualcosa come due anni per essere rilasciato come app nativa PowerPC) ma le prestazioni erano insoddisfacenti. Così Windows continuava a guadagnare terreno. Apple però imparò tantissimo in questa fase e tutta l’esperienza acquisita sarebbe poi servita in futuro.

Con il ritorno al timone di Steve Jobs (1996) le cose iniziarono a migliorare significativamente: concentrandosi sul mondo consumer e sul supporto per la rete Internet, le debolezze del PowerPC potevano anche passare in secondo piano. Tanto che il design dei sistemi come G3 e G4 fu un successo.

Nel frattempo Apple iniziò ad usare processori ARM per lo storico palmare Newton e poi per iPod. L’architettura ARM era basata su design RISC (in un altro articolo parliamo delle differenze tra ARM e x86, CISC e RISC) ma si era fino ad allora fatta largo soltanto su una manciata di piccoli dispositivi e periferiche. Intel e molte altre aziende erano tutte licenziatarie dell’architettura ARM. Così anche Apple entrò nel mercato dei chip, senza che questa mossa preoccupasse nessuno.

Con il rientro di Jobs egli indusse Apple ad acquisire la società che aveva fondato (NeXT) e propose il sistema operativo NeXTStep che fu portato su piattaforma Intel.
Molti ingegneri senior di Apple erano ex di NeXT e molti di loro avevano militato presso la Mela già in passato.

Alla WWDC 2005 fu annunciato che Apple sarebbe passata alla piattaforma Intel: così mentre il progetto del telefono basato su ARM andava avanti per poi essere presentato nel 2007 (il primo iPhone era un GSM EDGE quad-band) il primo Mac Intel è stato rilasciato nel gennaio 2006. Era essenzialmente un PowerBook ma con un processore Intel all’interno.

Nel 2008, dimostrando che poteva innovare insieme con Intel, Apple ha introdotto il MacBook Air. Era il primo portatile costruito su un nuovo chipset Intel.
Una parte enorme della transizione è stata portare l’hardware, stimolare l’interesse degli sviluppatori, progettare file binari universali e emulare le istruzioni PowerPC.
Si tratta di qualcosa che era già stato fatto in passato nella transizione da Motorola 68k a PowerPC quindi Apple disponeva dell’expertise per uscirne vittoriosa.

Il successo dell’iPhone diede ad Apple le risorse per realizzare il suo sogno di chipset. Così è iniziato il progetto del SoC (System-on-a-Chip) della Mela.

Il chip M1 è stato il concretizzarsi di un’idea che Apple aveva in cantiere da tempo, quella di creare un ecosistema di prodotti basato su una piattaforma progettata “in casa” senza più appoggiarsi ad altri fornitori, Intel compresa. In un altro articolo abbiamo visto perché il SoC M1 è così veloce e ha convinto tutti.

Quando Apple si mise in proprio con i chip della serie A di derivazione ARM alcuni mormoravano che la società di Cupertino avrebbe potuto perdere la sua scommessa non riuscendo a produrre abbastanza volumi per contrastare la concorrenza Qualcomm-Samsung. In virtù della sua integrazione verticale Apple è invece andata avanti.
La mela ha sviluppato un’intera famiglia di sistemi operativi e dispositivi tra loro correlati realizzando un vero ecosistema. Questa era esattamente la visione di Microsoft nei primi anni ’90 come dimostra una slide condivisa da Sinofsky che risale al 1992.

Anche se Intel serve Windows, ARM/Qualcomm/Samsung sono al servizio di Android, tutti devono servire una miriade di OEM. Quest’apertura sembra ritorcersi contro e un vero limite all’innovazione“, ha osservato Sinofsky ribadendo quello che aveva affermato non molto tempo fa Gassée.

L’apprezzamento che l’ex presidente delle divisioni Windows e Windows Live rivolge ad Apple è un elogio a tutto tondo e molto probabilmente un’ennesima accusa a Microsoft di essersi mossa troppo in ritardo in questo segmento di mercato.
Dopo i madornali errori del passato, sotto la guida di Satya Nadella Microsoft è tornata ai fasti del passato tanto che il CEO dell’azienda ne è stato recentemente nominato anche presidente. Il percorso seguito da Nadella per rilanciare Microsoft è stato però radicalmente diverso rispetto alla strada solcata da Apple con i servizi cloud che sono diventati la leva per raggiungere il rinnovato successo.

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