Transparency Report: Google misura la censura online

Google aggiorna il suo "Transparency Report", uno strumento online - accessibile pubblicamente - che si prefigge, come obiettivo, quello di rappresentare in quali Paesi del mondo le attività di censura siano più pesanti e frequenti.

Google aggiorna il suo “Transparency Report“, uno strumento online – accessibile pubblicamente – che si prefigge, come obiettivo, quello di rappresentare in quali Paesi del mondo le attività di censura siano più pesanti e frequenti. Per ciascuna nazione, Google indica – servendosi del planisfero – quante richieste di rimozione dei contenuti sono pervenute al “quartier generale” dell’azienda ed a quali servizi (motore di ricerca, YouTube, pagine su Blogger, gruppi, GMail,…) si riferiscono tali istanze. Va comunque detto che alcune richieste di eliminazione dei contenuti sono da considerarsi assolutamente legittime: non si tratta di censura quando, ad esempio, un tribunale abbia disposto la cancellazione di informazioni pubblicate in violazione di norme vigenti.
Quella che molti hanno definito come “la mappa della censura” è liberamente consultabile facendo riferimento a questa pagina. Si noti come Google non abbia pubblicato le statistiche relative alla Cina: in questo caso, in forza delle disposizioni di Pechino, anche dati generici relativi ad operazioni di censura debbono essere mantenuti segreti.

Novità rispetto alla prima versione del “Transparency Report“, che aveva debuttato lo scorso mese di aprile, è la sezione “Traffic“. Qui viene proposto, in forma grafica, l’andamento dell’utilizzo di ciascun servizio targato Google. Analizzando pazientemente i grafici disponibili per ciascuna nazione, è possibile stabilire se siano in atto azioni di censura o se comunque vi siano problemi di raggiungibilità dei servizi di Google.

E’ facile apprendere come la Cina, ad esempio, abbia completamente bloccato l’accesso a YouTube da marzo 2009 (ved. questa pagina) mentre l’Iran dal mese di giugno 2008 (ved. questo grafico).

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