F-Droid protesta contro il nuovo diktat di Google su Android

F-Droid è uno store alternativo Android che distribuisce app open source verificate, senza pubblicità invasive o tracker. Aspre critiche per la nuova politica di registrazione obbligatoria Google, che rischierebbe di penalizzare sviluppatori indipendenti e store alternativi.

Da oltre quindici anni F-Droid rappresenta un punto di riferimento per chi utilizza Android in maniera consapevole. Si tratta di uno store di terze parti che mette a disposizione degli interessati un catalogo di applicazioni libere e open source verificate, compilate in modo trasparente e distribuite senza componenti traccianti, pubblicità invasive o pratiche commerciali scorrette. In un ecosistema dominato da store centralizzati — in cui si possono trovare app contenenti spyware, che usano modelli di monetizzazione basati sull’estrazione dei dati personali, che si servono di schemi “torbidi” — F-Droid si è distinto come alternativa etica e sicura, garantendo agli utenti controllo e fiducia nel software che installano sui dispositivi mobili.

Come funziona F-Droid

Il modello di distribuzione di F-Droid si basa su alcuni principi cardine:

  • Revisione del codice: ogni app deve essere open source ed è sottoposta a un processo di verifica per escludere la presenza di tracker e pubblicità nascoste.
  • Compilazione trasparente: il servizio di build di F-Droid ricompila i sorgenti pubblici e genera il pacchetto APK, firmandolo con la propria chiave crittografica o, nel caso di build riproducibili, permettendo la firma diretta da parte dello sviluppatore.
  • Tracciabilità e verificabilità: log di compilazione e codice sorgente restano pubblici, consentendo a chiunque di verificare che l’app distribuita corrisponda esattamente ai sorgenti.

Questo approccio, fondato sulla trasparenza e sulla verificabilità, fornisce una base di fiducia più solida rispetto agli store chiusi, che operano come vere e proprie “scatole nere”.

L’imposizione di Google: registrazione obbligatoria degli sviluppatori

Ad agosto 2025 Google ha annunciato un nuovo regime di registrazione obbligatoria per tutti gli sviluppatori Android, che introduce vincoli senza precedenti.

Seppur con alcune eccezioni, i programmatori sono tenuti a versare una quota in denaro; ad accettare termini unilaterali e modificabili in qualsiasi momento; a caricare di documenti di identità personali e ad associare tali dati a ogni singola applicazione distribuita.

Questo sistema, formalmente giustificato con la necessità di aumentare la sicurezza, stando alle critiche mosse nei confronti di Google, rischia in realtà di compromettere la sopravvivenza di progetti come F-Droid. Infatti, se le app open source dovessero essere obbligatoriamente registrate sotto l’identità del loro autore, F-Droid non potrebbe né assumersi la gestione degli identificatori né imporre ai maintainer di sottoporsi al controllo di Google.

Il risultato? Un indebolimento radicale della distribuzione libera di software e, in ultima analisi, l’impossibilità per milioni di utenti di installare o aggiornare applicazioni open source fuori dal Play Store.

In realtà, le applicazioni non firmate potranno essere installate su Android con il sideloading via ADB che resterà sempre possibile. Tuttavia, trattasi di una pratica molto più scomoda e storicamente riservata ai soli sviluppatori.

La “sicurezza” come pretesto

Google sostiene che il nuovo schema serva a prevenire la diffusione di malware. Da F-Droid, tuttavia, si fa presente che lo stesso Play Store è stato più volte veicolo di malware sofisticato, dimostrando che il controllo centralizzato non è garanzia di protezione; Android dispone già di Play Protect, un servizio che individua e disattiva app malevole indipendentemente dalla loro provenienza; la trasparenza del modello F-Droid — codice aperto, build verificabili, audit comunitari — offre garanzie concrete e misurabili che uno store chiuso non può eguagliare.

I responsabili di F-Droid concludono quindi con una critica sferzante nei confronti della società di Mountain View: la motivazione “sicurezza” appare strumentale, mentre il vero obiettivo sembra essere il rafforzamento del monopolio e la riduzione degli spazi per attori indipendenti.

Il problema non è soltanto tecnico: riguarda il diritto degli utenti e degli sviluppatori di scegliere come distribuire e installare software. Sempre secondo F-Droid, imporre la registrazione centralizzata equivarrebbe a introdurre un “collo di bottiglia” burocratico ed economico che ostacolerebbe:

  • i piccoli sviluppatori, che non vogliono o non possono fornire dati sensibili a un colosso privato;
  • gli store alternativi, che si troverebbero privati della possibilità di distribuire software liberamente;
  • la concorrenza, in quanto Google consoliderebbe ulteriormente il proprio controllo sull’ecosistema Android.

A nostro avviso, il sideloading è falsa libertà: l’importante sarebbe invece avere la garanzia di poter installare qualunque sistema operativo sull’hardware acquistato, senza limitazioni di sorta.

Le contromisure possibili

Per contrastare gli effetti negativi delle novità che Google imporrà tra il 2026 e il 2027 (in Italia), F-Droid propone un approccio multilivello che coinvolga regolatori, istituzioni, comunità di utenti e sviluppatori.

Secondo i gestori dello store Android alternativo, le Autorità di regolazione e le agenzie Antitrust hanno un ruolo cruciale nel monitorare attentamente le azioni delle Big Tech, per assicurarsi che eventuali politiche giustificate da motivi di sicurezza non siano in realtà utilizzate come strumenti di consolidamento monopolistico. In particolare, è fondamentale verificare che ogni intervento volto a proteggere gli utenti non finisca per escludere gli store alternativi e i progetti open source, privando così l’ecosistema Android della sua naturale pluralità e resilienza.

Allo stesso tempo, è la tesi di F-Droid, le istituzioni europee, attraverso strumenti come il Digital Markets Act (DMA), possono giocare un ruolo decisivo nel tutelare la libertà di distribuzione del software. Il DMA prevede specifici obblighi per le piattaforme “gatekeeper”, imponendo trasparenza nelle regole di accesso e impedendo pratiche che possano soffocare la concorrenza o limitare l’innovazione.

Infine, la partecipazione civica può tradursi in iniziative concrete, come scrivere ai propri rappresentanti politici, sensibilizzare l’opinione pubblica, promuovere campagne a favore del sideloading e sostenere progetti open source. Questo tipo di mobilitazione – si legge ancora – non solo contribuisce a proteggere F-Droid e gli store alternativi, ma rafforza anche il principio secondo cui il software deve rimanere un bene comune, accessibile e libero da vincoli imposti da pochi grandi operatori.

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