CHKDSK, abbreviazione di Check Disk, è un’utility storica introdotta da Microsoft negli anni ’80 con MS-DOS. Il suo obiettivo originario era verificare l’integrità di un disco rigido e correggere eventuali errori logici del file system. Con l’arrivo di Windows NT e dei file system più evoluti (FAT16, FAT32 e poi NTFS), CHKDSK è diventato uno strumento fondamentale per individuare e correggere corruzioni nella File Allocation Table o nella Master File Table (MFT); marcare come inaccessibili i settori danneggiati; riparare link, indici e riferimenti logici corrotti; mantenere stabile il sistema operativo in caso di spegnimenti improvvisi o crash.
L’utilità CHKDSK e le moderne unità SSD con Windows 11
Con l’avvento degli SSD SATA e oggi degli SSD PCIe NVMe, lo scenario è cambiato radicalmente. Le unità SSD non hanno parti meccaniche né settori magnetici: la memoria è flash NAND, con meccanismi di wear leveling e correzione d’errore (ECC) integrati. Gli errori fisici sono gestiti in automatico dal controller SSD: settori logici corrotti sono riallocati senza che l’utente debba intervenire.
Il sistema operativo moderno (da Windows 8 in poi) non esegue più alcuna deframmentazione sugli SSD, ma un’operazione di ottimizzazione (TRIM) che segnala i blocchi di memoria liberati, in modo tale che il controller dell’unità a stato solido possa gestirli di conseguenza.
Serpeggiano spesso dubbi sull’effettiva utilità di CHKDSK ai tempi di Windows 11 e delle moderne unità SSD. Proviamo a fare un po’ di chiarezza.
CHKDSK è ancora utile su Windows 11?
La risposta breve è sì, ma in modo diverso rispetto al passato.
CHKDSK è sempre presente in Windows: il file chkdsk.exe
si trova nella cartella %systemoot%\system32
. Non serve come manutenzione preventiva: non aumenta le prestazioni di un SSD né ne estende la durata. Resta utile come strumento di riparazione d’emergenza: in caso di errori logici del file system, può rendere nuovamente accessibili file o partizioni.
Al solito, anche nel caso delle unità SSD, CHKDSK non diagnostica guasti hardware: per verificare lo stato reale di un SSD, è opportuno usare strumenti come CrystalDiskInfo, SanDisk Dashboard, Samsung Magician, e così via.
Con le unità SSD, ovviamente, CHKDSK perde gran parte della sua funzione storica di diagnosi dei settori fisici, ma resta comunque utile per:
- Controllare e riparare errori del file system NTFS, che possono verificarsi ancora oggi (spegnimenti improvvisi, corruzione logica, bug software).
- Risolvere problemi di partizioni che diventano RAW o volumi non leggibili.
- Rilevare sintomi indiretti di degrado (ad esempio un SSD che presenta errori ripetuti in aree logiche).
Inoltre, CHKDSK si è evoluto: in Windows 10 e Windows 11 l’utilità lavora in modalità online, correggendo alcuni errori mentre il sistema è in uso, senza richiedere un riavvio. Supporta anche i volumi ReFS (Resilient File System), anche se con opzioni differenti rispetto a NTFS.
Considerazioni pratiche con SSD PCIe NVMe
Gli SSD NVMe moderni raggiungono velocità di lettura/scrittura elevatissime (anche oltre 7 GB/s) e hanno sistemi di garbage collection, ECC e over-provisioning che gestiscono in modo autonomo la salute dell’unità. Avevamo parlato, a suo tempo, delle tecnologie alla base delle unità SSD.
Un’utilità come CHKDSK, in Windows 11 e con le unità SSD (siano esse vecchie SATA o più moderne PCIe NVMe) non influisce sull’usura della NAND in modo rilevante, perché genera poche scritture; può essere eseguito senza rischi in caso di corruzioni logiche; non sostituisce le funzioni del firmware: non è cioè in grado di segnalare l’imminente guasto del controller o la fine del ciclo di vita delle celle NAND.
Quando Windows 11 esegue automaticamente CHKDSK
Windows 11, come facevano le precedenti versioni del sistema operativo Microsoft, esegue automaticamente CHKDSK all’avvio, anche su SSD SATA o NVMe, ma solo in circostanze specifiche.
Lo fa, ad esempio, in caso di rilevamento di errori logici nel file system, quando il file system NTFS segnala una corruzione durante un arresto improprio o un crash. Si pensi ad esempio a situazioni di blackout elettrico o crash di Windows durante scritture sul volume.
Ogni volume NTFS ha un flag “dirty”. Se Windows lo trova impostato su 1, CHKDSK è eseguito automaticamente all’avvio del sistema.
Ancora, CHKDSK può avviarsi in caso di errori critici rilevati dal kernel o dal driver del disco. Per esempio, in caso di presenza di settori logici con errori durante operazioni di lettura/scrittura.
Non conta se l’unità è SSD SATA o NVMe: il trigger ovvero ciò che innesca l’avvio di CHKDSK è sempre il file system, non il tipo di hardware.
Effetto del flag “dirty”
Come spiegato al paragrafo precedente, e il volume è “dirty” al successivo avvio di Windows 11 viene automaticamente programmata un’operazione CHKDSK. Questo evita che errori logici non risolti possano causare perdita di dati o una maggiore corruzione.
Provate ad aprire il prompt dei comandi di Windows 11 con i diritti di amministrazione (cmd
nella casella di ricerca, Esegui come amministratore) quindi a impartire la seguente istruzione:
fsutil dirty query C:
Quando il volume non ha il flag “dirty”, si riceverà il messaggio: “Il volume C: non è danneggiato“.
Avete presente l’avviso “Per annullare il controllo, premere un tasto qualsiasi” che vi compare all’avvio di Windows? Ecco, annuncia il caricamento di CHKDSK: dopo un ulteriore riavvio apparirà “Analisi e ripristino dell’unità in corso“. Al termine il flag “dirty” sarà reimpostato su 0.
Digitando fsutil dirty set C:
si richiede l’impostazione del flag “dirty” a 1, nell’angolo in basso a destra apparirà la notifica Riavvia per correggere gli errori dell’unità e al successivo riavvio, CHKDSK partirà automaticamente.
È importante evidenziare che il flag “dirty” non segnala problemi hardware, ma solo potenziali incoerenze logiche del file system. Non è necessario forzarlo su SSD per “manutenzione”: è utile solo per test o scenari di laboratorio.
Conclusioni
CHKDSK ha attraversato oltre quarant’anni di evoluzione, trasformandosi da strumento essenziale per la manutenzione dei dischi magnetici a utility di supporto focalizzata sulla coerenza logica dei file system. In un altro approfondimento, abbiamo ricordato quando CHKDSK non va assolutamente usato.
Con Windows 11 e le moderne unità SSD – siano esse SATA o PCIe NVMe – CHKDSK non svolge più il ruolo diagnostico dei settori fisici, demandato ai controller e ai meccanismi interni dell’hardware, ma conserva un valore concreto in scenari di corruzione del file system, volumi RAW o partizioni non leggibili.
L’utilità è diventata più intelligente ed efficiente: lavora spesso in modalità online, si attiva automaticamente in caso di necessità e opera senza incidere significativamente sull’usura della memoria NAND. Non è uno strumento di manutenzione preventiva, né una soluzione per monitorare la salute dell’SSD: per questo esigenze esistono software dedicati e i tool ufficiali dei produttori.
La sua utilità oggi sta nella gestione degli imprevisti: crash, blackout, errori logici. In questi casi, CHKDSK rimane un alleato prezioso per preservare l’integrità dei dati e mantenere stabile il sistema, anche nell’era delle memorie flash ad alte prestazioni.